Avvenire di Calabria

Falcomatà presentò la sua prima giunta nel borgo montano: un giorno storico di cui restano solo i tantissimi selfie

Altro che «primavera», Santa Venere è sempre più isolata

Federico Minniti

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Un palcoscenico ideale per rilanciare uno slogan mai démodé in politica: «Le periferie al centro». Parte da questo (e non solo) richiamo al passato l’avventura amministrativa, quella della «nuova primavera», di Giuseppe Falcomatà: da Santa Venere, frazione aspromontana di Reggio Calabria, ma – cinque anni dopo – il tempo sembra essersi eclissato; le lancette si sono fermate a quell’inverno 2015. In tanti ci credevano: «Credevamo che riuscisse a completare quanto avviato dal padre», ci confida un cittadino. Eppure, oggi, «c’è massimo sfiducia e pochissima credibilità» da parte di quella politica che «ha usato Santa Venere soltato per farsi pubblicità sulle nostre spalle».

Accuse pesanti, quelle della gente di Santa Venere, supportati da uno sguardo disilluso. Ma non si tratta di sensazionalismo, quando interroghiamo i presenti del perché di questa delusione inizia un elenco. «Il solito elenco» ci evidenzia qualcuno in modo sarcastico di problemi irrisolti. Su tutti emerge la viabilità: la frazione è collegata con la Città attraverso due arterie. La più utilizzata, quella salendo da Trunca, è però chiusa al transito. Eppure Palazzo San Giorgio ne aveva annunciato il completamento dei lavori di bitumazione.

«Per diversi mesi, alcuni tecnici del Comune sono venuti a Santa Venere – ci spiegano i residenti – ma, pur spendendo ben 60mila euro, si è preferito “tamponare” piuttosto che risolvere il problema». L’asfalto nuovo c’è, ma è subito sprofondato. «Nessuno ha fatto dei carotaggi, delle verifiche tecniche per cercare conferme di quanto dicevamo agli incaricati: la strada crolla poiché ci sono ingenti perdite che provocano il cedimento del terreno». E così, quell’intervento ampiamente annunciato dalla politica si è rivelato un palliativo che ha portato a un beneficio del tutto temporaneo. Non va meglio rispetto all’altro collegamento, la strada che conduce da Gallina a Santa Venere: poche settimane fa l’ennesimo smottamento stava provocando una tragedia colpendo un autovettura su cui a bordo c’era anche una bambina. A poco servono le reti di protezione, soprattutto in virtù di un problema di dissesto idrogeologico che necessita di ben altri interventi. Insomma, Santa Venere era e resta isolata. Accanto all’assenza di un’arteria sicura, mancano anche i mezzi di trasporto. I bus dell’azienda municipalizzata fanno capolinea a Trunca, così la mattina in tanti – a proprio rischio e pericolo – decidono di utilizzare la strada attualmente chiusa al transito poiché costretti dalla necessità di dover andare a scuola o a lavoro. Non esiste un servizio di scuolabus, menchemeno un trasporto per disabili e anziani che risiedono nella frazione.

«Siamo cittadini anche noi, ma forse di serie B» commenta laconica una ragazza. A Santa Venere non c’è la guardia medica e la farmacia apre poche ora al giorno (non garantendo una copertura quotidiana per tutta la settimana). Mancano i diritti basilari, eppure questi cittadini pagano le tasse come tutti gli altri. Per non parlare, poi, della raccolta dei rifiuti. «Sono due mesi che non vediamo l’ombra di un operatore». Eppure all’inizio, il porta–a–porta era stato recepito con entusiasmo e positività dal territorio, salvo poi farsi sempre più saltuario trasformando i cortili privati in vere e proprie discariche. Qualche buona notizia arriva sul fronte dell’Istruzione: la scuola dell’infanzia e la primaria è stata aperta all’interno dell’ex palazzine popolari a un tiro di schioppo dalla Chiesa, vero perno del borgo.

Insomma, un piccolo barlume di futuro in un non–posto della nostra Città. Cosa vi aspettate dai nostri amministratori, gli chiediamo congendandoci: «Vorremmo soltanto più trasparenza e meno passerelle». Sulla pelle di ciascuno pesano le promesse degli ultimi anni. Slogan, come quel «le periferie al centro» che a ricordarli, oggi a cinque anni di distanza, risuona ancora più beffardo che mai.

Articoli Correlati