Avvenire di Calabria

L'architetto Valeria Varà ci conduce alla scoperta dell'antica Città di Sant'Agata

L’arte racconta. Alla scoperta dell’antica città di Sant’Agata [TRAILER]

Il borgo distrutto dal terremoto del 1783 rimane in vita grazie alla statua di San Basilio

di Federico Minniti

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Osservando la maestosità del San Basilio, esposto temporaneamente al Museo diocesano di Reggio Calabria, è facile il parallelismo con la magnificenza della sua città d’origine, l’antica Sant’Agata rasa al suolo dal terremoto del 1783. L’occasione per approfondire la storia di questa città- fantasma è data dalla mostra “Icone del Rinascimento”, evento all’interno del progetto “L’Arte racconta” promossa dal Museo diocesano e sostenuto dai fondi Pac della Regione Calabria. A farci da Cicerone, in un tour immaginario tra i locali del “Sorrentino” e i ruderi dell’antica Sant’Agata, è Valeria Varà, architetto e curatrice di diversi studi sul sito archeologico che solo recentemente (nel 2018) ha assunto gli onori del “vincolo archeologico” agli occhi del Mibact.

La storia

L’assoluta prossimità tra l'antica città di Sant’Agata e la Reggio di oggi (come di allora) «ha creato sempre fortissimi dissidi tra i due centri» svela Varà che disegna i confini del borgo distrutto dal sisma del 1783, tra gli attuali territori di Cataforio, San Salvatore, Cardeto e Mosorrofa.

Una città «fortificata dove erano presenti diversi luoghi di culto, tra cui la chiesa di San Basilio all’interno della quale c’era la statua, oggi, esposta al Museo diocesano che solitamente si può ammirare nella chiesetta di Gesù e Maria a Cataforio». Una statua di pregio, in marmo di carrara, dono di una famiglia di scultori toscani di stanza a Messina. Ma «accanto alle chiese di Sant’Agata, tra cui quella intitolata a San Nicola che presenta diverse cripte, si sviluppava tutta la civiltà contadina del tempo. Un borgo che è stato protagonista assoluto della storia del Mediterraneo fino alla giorno della sua distruzione per motivi naturali».

Il terremoto

Un tragico evento che, oltre a cancellare la vita da quel colle, «detto “suso” che in dialetto indica proprio un’altura», per moltissimo tempo ha azzerato la memoria collettiva. «La storia della città di Sant’Agata - prosegue Valeria Varà - è sconosciuta ai più; negli ultimi anni, grazie al paziente lavoro di Orlando Sorgonà, si è riusciti a ricucire la traccia storica».

L’obiettivo del team di studiosi, di cui fanno parte, appunto, Varà e Sorgonà, è quella di valorizzare in modo adeguato un sito archeologico che presenta, nella vallata tra Cataforio e San Salvatore, un’area ricca di ruderi.

La valorizzazione

L’opera marmorea dedicata a San Basilio Magno sovrasta l’aula espositiva del “Sorrentino”. È la prima volta che la statua “scende a valle”, entrando in quella città che, per tanti secoli, è stata ostile al borgo di Sant’Agata. Un intreccio storico-culturale che ci riporta al tardo medioevo reggino. Un tempo di dame e cavalieri, di vassalli e valvassori, di profonda spiritualità, fatta di gesti semplici e rituali. Una storia che merita di essere conosciuta e valorizzata. Dentro e fuori i confini calabresi.

Il video-reportage. Se sei interessato all'argomento, non perderti la prima visione del nostro reportage seguendo questo link: https://bit.ly/35i8c6R

L'approfondimento su carta. Per leggere l'approfondimento sul settimanale in uscita domenica su Avvenire di Calabria segui questo link: https://bit.ly/2QADwtT

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