Avvenire di Calabria

Cumuli di rifiuti sparsi ovunque: la situazione è fuori controllo. Ma resta il faro del volontariato

Archi, pedalando lungo la strada dei diritti

Federico Minniti

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Un pomeriggio di ordinaria uggiosità. A colorare le vie di Archi, quartiere suburbano di Reggio Calabria, ci sono i tantissimi ragazzi per strada. La maggior parte sellano bici a pedalata assistita, altri siedono nelle panchine. Una rarità di questi tempi (e non è solo colpa del Covid-19). Certo, attorno agli occhi giovani di quei cittadini un po’ chiassosi, non c’è un belvedere. La spazzatura, raccolta in discariche “d’occasione”, è presente in tutti gli isolati di Archi che, secondo le cronache è il feudo delle più “prestigiose” famiglie di ‘ndrangheta, ma che ad osservarla attentamente non è altro che un «mostro di cemento» con un panorama mozzafiato sullo Stretto. Basterebbe, forse, alzare lo sguardo per vedere quanta bellezza c’è attorno.

Ma non è semplice. Durante la nostra passeggiata tra il Cep e Scaccioti incontriamo diversi reggini intenti a scaricare la qualunque sotto casa. «La vedi questa spazzatura? La fa tutta quel signore lì», ci dicono indicando un uomo intento a trascinare a fatica un tavolo da buttare. Fa lo svuota cantine. Il caso vuole che, nel nostro stesso pomeriggio uggioso, c’è anche il camion della raccolta dei rifiuti solidi urbani. Difficile ipotizzare che giorno sia nel calendario della differenziata visto che in quelle montagne di monnezza c’è di tutto.

«Sapete cosa fanno? Coprono le targhe con un sacco nero, poi vengono e svuotano un cofano di spazzatura» si lamenta una cittadina. La crisi-rifiuti è la più tangibile di uno stato d’abbandono che perdura da anni. Non è la prima volta che attraversiamo quei vicoli. E tante incompiute sono rimaste tali, mentre molti beni comuni, se possibile vanno pure peggio, per colpa dell’incedere del tempo.

Accanto all’oblio c’è anche l’assenza di cura. Ma Archi non è uggiosità diffusa. Capita di imbattersi in colori vivaci, come la bicicletta gialla a Scaccioti.

Un simbolo di resistenza, curato dai cittadini volenterosi così come altri spazi difesi strenuamente da chi non vuole arrendersi al «non c’è niente» che rimbomba di casa in casa al nostro passaggio. La manifestazione in programma il 20 marzo (di cui forniamo i dettagli in un altro articolo di questa pagina, ndr) è il sintomo che la positività non è un’eccezione. C’è tanta gente, ma davvero molta, che crede in un riscatto possibile per questo territorio. Persone che vogliono contrapporre al disordine di questi mesi, la bellezza di una testimonianza autentica, fatta di impegno e sacrificio comune. A supportarle ci sono le tre comunità parrocchiali del quartiere in prima linea in questi percorsi di bellezza. Come la bici gialla di Scaccioti o quella più moderna dei ragazzi al Cep.

L’importante, adesso, è pedalare insieme. Archi e la bici gialla: simbolo di un quartiere che non si arrende.

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