Avvenire di Calabria

In questa intervista approfondiamo il significato pedagogico che si cela dietro il mondo artistico e culturale

Arte, giovani e musei, parla il prof. Mastrogiacomo: «Un dialogo necessario»

Il docente dell'Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria interviene sul valore educativo dei beni culturali: «decisivi per sviluppare la comunicazione interpersonale»

di Davide Imeneo

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L’arte, intesa come strumento educativo e di crescita personale, è al centro di questa intervista con Antonio Mastrogiacomo, musicologo e giornalista pubblicista, docente di Pedagogia e didattica dell’arte, Metodologie didattiche dei linguaggi audiovisivi e didattica della multimedialità presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria.

👇Ascolta l'episodio del Podcast Good Morning Calabria con il prof. Mastrogiacomo

Che ruolo ha l’arte nello sviluppo integrale della persona specialmente dei giovani?

L’esperienza artistica, filtrata dalla riflessione pedagogica, diventa un momento chiave per l’apertura dell’individuo all’altro e alla conoscenza di se stessi attraverso l’altro facendo leva su diversi linguaggi e modelli di comunicazione adattivi. Pertanto l’educazione artistica rappresenta un momento decisivo per ripensare il primato del verbo- visivo, del discorso e delle parole nella comunicazione interpersonale, soprattutto tra i più giovani, riconoscendo alle immagini e ad altre espressioni artistiche la capacità di lasciare emergere qualcosa che scavalca la conoscenza, le emozioni.



Esistono inoltre diversi momenti attraverso cui l’arte si mostra particolarmente vicina agli stili di apprendimento e in questo senso mi permetto di rilanciare un’idea tale per cui l’arte contemporanea si mantenga vicina allo sviluppo del bambino laddove, man mano che si cresce, problemi di configurazione del reale lo avvicinano prospetticamente ad altre forme di ricostruzione dell’esperienza. Quindi si può provare a mettere in relazione i periodi artistici con lo sviluppo dell’individuo e senza dubbio, in questo senso, l’esperienza dell’arte si paleserebbe come integrata nella vita di tutti.

Come possiamo avvicinare i giovani alla dimensione trascendentale dell’arte?

Dandosi pazienza ed elaborando strumenti: nel caso dei giovani, trovandosi ad attraversare un momento della vita trascendentale di suo, piuttosto che cercarla nell’arte mi chiedo se non sia il caso di trovare strategie per renderli più partecipi nell’integrazione di queste opere d’arte nel loro patrimonio culturale personale; in alter parole, far diventare l’arte un momento attraverso il quale si rimetta in connessione la propria persona con la storia. Pertanto la distanza che vivrebbero i giovani dall’arte potrebbe derivare da un contesto culturale molto cambiato, i cui riferimenti non sono più istituzionali ma magari più fluidi e si trovano a scorrere sui propri dispositivi; ripensare l’esperienza estetica diventa allora il modo migliore per interrogare quelle che possono essere le diverse dimensioni dell’arte. Diciamo infine che, per quel che riguarda la didattica dell’arte, il punto di vista dell’osservatore è decisivo per riconfigurare l’opera rispetto alla sua storia e alla sua tradizione, prospettando una modalità che metta in relazione l’arte non solo con il suo contenuto formale ma proprio con le storie che mostrando nasconde e che prendono vita solo grazie a chi, trovandosi di fronte, dà loro voce attraverso le emozioni che prova.

Quali sono secondo lei gli elementi essenziali di una didattica museale efficace?

La didattica museale diventa efficace nel momento in cui i servizi aggiuntivi non si limitano al guardaroba o al bookshop ma si ampliano strutturalmente attraverso un’offerta culturale che metta in relazione il patrimonio di quel determinato museo con delle storie che derivano dal suo patrimonio, o che potrebbero loro intrecciarsi. Per quel che riguarda possibili esercizi di didattica museale nelle corde della pedagogia e della didattica dell’arte è importante sviluppare laboratori e attività che possano permettere di riscoprire, reinventare il patrimonio, il suo allestimento, a partire dalla sua comunicazione. Laboratori che siano dedicati a diversi target anagrafici a partire dai più piccoli senza escludere i loro genitori e senza dimenticare tutti gli altri cittadini che hanno diritto di abitare un museo che sia realmente accessibile. Il suo livello di comunicazione digitale e analogico deve ripensare infatti gli allestimenti e renderli più accessibili ai diversamente abili. Bisogna ancora tanto lavorare su questo punto e stimolare la sensibilità in questo senso attraverso percorsi tattili, uditivi, attraverso percorsi che mettano in relazione lo stesso patrimonio non soltanto con la vista ma anche attraverso gli altri sensi che formano l’esperienza.


PER APPROFONDIRE: Reggio Calabria, al MArRC una nuova esperienza immersiva nell’arte e nella storia


Pensa che i musei oggi siano davvero moderni o esiste una distanza tra arte e pubblico? Il museo è un’istituzione che, come la scuola mi verrebbe da pensare, va messo in relazione con la presa di coscienza della contemporaneità, in accordo a quei valori che a partire dall’illuminismo irradiano il patrimonio in relazione alla cittadinanza.

I musei conservano ancora questo statuto di apertura al pubblico?

La distanza non viene colmata necessariamente attraverso iniziative che prevedono una gratuità bensì attraverso una relazione col territorio che permetta di concepire l’esperienza museale non più come straordinaria, bensì più integrata nella vita di tutti i giorni, pertanto soltanto cambiando il paradigma e non mettendo ulteriore distanza tra arte e pubblico si inizia a disarcionare questo tema.

I musei sono davvero moderni? E il loro pubblico?

Diciamo che magari i musei non sono l’unico luogo in cui facciamo esperienza dell’arte. Ma magari, ed è questa la grande operazione che stanno facendo le istituzioni museali venendo incontro alle istanze del pubblico, ai musei tocca lasciare più spazio al pubblico, invitandolo a collezionare visite in rapporto a sempre nuove attività culturali, e non solo appuntamenti celebrativi.

Quali rischi e opportunità ci sono nella digitalizzazione dell’esperienza artistica?

La digitalizzazione dell’esperienza artistica è senza dubbio un argomento che presenta dei tratti di novità, magari anche di ritmando al pubblico sempre nuovo che muove queste esperienze. La questione presenta un livello di riflessione che ci porta tuttavia molto indietro nel tempo tant’è che se dovessimo trovare un prima e dopo di questa faccenda ritorniamo all’inizio nel Novecento, laddove la fotografia si emancipa come pratica artistica e il cinema inizia a guadagnare, soprattutto col sonoro, uno statuto importantissimo quanto a efficacia comunicativa; queste condizioni preliminari ci permettono di avanzare un discorso relativo a rischi e opportunità che va a basarsi, in definitiva, sulla sensibilità degli utenti, in questo caso spettatori o produttori, riportandoci a una vertigine che si supera solo con l’etica della comunicazione e la pratica dei suoi strumenti.

Crede che l’integrazione tra musica e arti visive possa creare nuove forme di apprendimento?

Per quanto riguarda questa integrazione mi sembra importante sottolineare come nel ventunesimo secolo possiamo rintracciare diverse esperienze che mettono in relazione l’allestimento museale e la sonorizzazione degli ambienti, o anche delle forme di comunicazione come le audio guide che abbinano una narrazione orale a contenuti visivi.



Al netto di questo non trascurabile rapporto, mi sembra opportuno rilanciare questa relazione sulla lunga durata affiancando storia della musica e storia dell’arte per guadagnare una prospettiva più ampia in relazione ai valori spirituali e culturali di una determinata epoca. Ecco perché si possono sviluppare, e a noi è capitato, dei discorsi e dei percorsi sul territorio che provano a integrare la sensibilità museale con le collezioni musicali ed è proprio il caso di musicittà, un’iniziativa che abbiamo tenuto lo scorso giugno mettendo in relazione la scuola di comunicazione e didattica dell’arte nostra Accademia con il Conservatorio Cilea e il Museo dello Strumento Musicale di Reggio Calabria.

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