Avvenire di Calabria

La due giorni formativa è coincisa con la ripresa delle attività per i soci dell’Ac reggina

Azione cattolica Reggio Calabria, si riparte dall’incontro

Le nuove sfide: riconquistare spazi di socialità e portare il Vangelo nei luoghi delle marginalità

di Domenico Galluzzo e altri

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Superata la paura della pandemia, l'Azione cattolica diocesana di Reggio Calabria - Bova si rimette in cammino. Si parte già per il nuovo anno associativo, al centro della programmazione la voglia di recuperare tempo e spazi di socialità, anche oltre i confini delle proprie sedi. Il desiderio è «Riprendere i contatti con la città e aiutarla a crescere».

Il nuovo anno dell'Azione Cattolica di Reggio Calabria inizia dall'incontro

Forse non è corretto parlare d’inizio anno: la realtà è che in associazione non ci si ferma mai. Al limite si rallenta un po’, giusto dopo le esperienze dei campi estivi, solo per rifiatare un attimo. Si prende la ricorsa e si riparte con rinnovate motivazioni per un nuovo anno associativo. Se poi, come sottolineato dal presidente diocesano, «è l’anno in cui l’associazione, dalle parrocchie al centro nazionale, trova il tempo ed il modo di riflettere ed orientarsi ma soprattutto di individuare e condividere nuove responsabilità », lo slancio entusiasta è necessario.


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È questo il clima respirato nella due giorni di formazione del 25 e 27 settembre, la prima giornata vissuta unitariamente, la seconda suddivisa per settore di appartenenza: Acr, Giovani, Adulti. È stato il momento in cui si è condivisa la programmazione per il nuovo anno associativo, orientati dal brano biblico presentatoci dall’assistente generale. È il Vangelo di Marco che racconta di quando Gesù viene toccato dall’emorroissa e di Gesù che prende per mano la figlia di Giairo e la riporta in vita. Storie di contatti, di abbracci che guariscono, d’incontri che cambiano la vita, la risolvono, le danno senso.

Non è passato molto tempo da quando, a causa della ben nota pandemia, abbiamo iniziato a soffrire della cosiddetta “sindrome della capanna” che ci fa sentire al sicuro solo se godiamo di uno spazio tutto nostro in cui nessuno possa entrare. E, anche adesso che la situazione sanitaria è decisamente più tranquilla, tante volte e magari inconsciamente sentiamo ancora la fatica della vicinanza agli altri: confondiamo l’opportunità dell’incontro, occasione di sicuro arricchimento, come situazione di pericolo tanto maggiore quanto maggiore percepiamo la differenza con l’altro. È la bellezza dell’incontro che vogliamo riscoprire quest’anno, mettendo alle spalle le nostre recenti esperienze di paura. L’incontro con l’altro, anche dell’altro che arriva da lontano, da esperienze di fatica, magari di difficoltà.

In questa direzione vogliono andare alcune attenzioni dell’associazione verso le persone detenute nelle carceri cittadine e verso i migranti sbarcati nel nostro porto ed ospitati nel nostro territorio. Così come il desiderio di riprendere il contatto con la nostra realtà cittadina, esprimere i nostri pareri sui problemi della nostra comunità, adoperarci nella ricerca di soluzioni possibili offrendo contributi fattivi come in una moderna agorà virtuale.

La prima sfida: uscire fuori dalle sedi e riconquistare spazi di socialità

L’immagine dei nostri gruppi barricati dentro le mura di una sede non è mai stata veritiera ma i tempi nuovi che avanzano e l’insegnamento di papa Francesco e della Chiesa in uscita impongono maggiori sforzi. D’altra parte, già quasi un secolo fa, profeticamente, don Primo Mazzolari esortava: «L’Azione cattolica ha il compito preciso d’introdurre le voci del tempo nella compagine eterna della Chiesa… ha il compito di gettare il ponte sul mondo, ponendo fine a quell’isolamento che toglie alla Chiesa di agire sugli uomini del nostro tempo» (lettera alla Presidente della Gioventù femminile della diocesi di Cremona).

Siamo anche consapevoli che non possiamo incontrare l’altro se non scopriamo come incontrare noi stessi, al di fuori delle maschere e degli stereotipi che siamo soliti indossare: siamo stati creati per essere felici ma è una strada che non riusciamo a percorrere, appesantiti da inutili zavorre. Tutto questo per ravvivare e rendere autentico l’incontro con Gesù: d’altra parte la nostra fede e basata sul fatto che Cristo è l’unica via per conoscere se stessi profondamente. O no?

Dall’Acr agli adulti, un rinnovato cammino verso Gesù

La narrazione dell’icona biblica scelta dall’Azione cattolica per l’anno associativo 2023/2024 (Mc 5,21-43) contiene, quasi come perno centrale, la domanda di Gesù registrata dai discepoli: «Chi ha toccato le mie vesti? ». Le protagoniste principali sono due figure femminili: una donna affetta da perdite di sangue e una ragazza morente. Il brano offre due racconti intrecciati. Gesù, il quale viene “toccato” dalla donna e che “tocca” a sua volta, prendendo la mano della fanciulla, guarisce entrambe o meglio – si prende cura di loro.

Il Vangelo evoca - oltre alla guarigione - un desiderio di incontro, una riduzione delle distanze, un recupero della gioia di vivere. Il Signore Gesù si prende cura del cuore, della relazione di fede, facendo gustare la risurrezione.

L’itinerario sinodale, analogamente al tragitto di Gesù, giungerà a una “cura” che si tradurrà in concretezza, che arriverà a decisioni operative, aprendo di fatto orizzonti di speranza. La narrazione contiene, quasi come perno centrale, la domanda di Gesù registrata dai discepoli: «Chi mi ha toccato?». Le protagoniste principali sono due figure femminili: una donna affetta da perdite di sangue e una ragazza morente. Ci troviamo di fronte a due racconti intrecciati. Gesù, il quale viene “toccato” dalla donna e che “tocca” a sua volta, prendendo la mano della fanciulla, guarisce entrambe o - meglio - si prende cura di loro.

Il Vangelo evoca - oltre alla guarigione - un desiderio di incontro, una riduzione delle distanze, un recupero della gioia di vivere. Il Signore Gesù si prende cura del cuore, della relazione di fede, facendo gustare la risurrezione. L’itinerario sinodale, analogamente al tragitto di Gesù, giungerà a una “cura” che si tradurrà in concretezza, che arriverà a decisioni operative, aprendo di fatto orizzonti di speranza.

Il Cammino dell'Ac, in stile sinodale

In che modo l’associazione coniugherà questo brano evangelico nei relativi settori organizzati per fasce d’età? Nell’anno della sequela, in cui il cammino dell’Acr invita i bambini e i ragazzi a fare esperienza dell’incontro sempre nuovo e unico con il Signore, vivendo ogni passo del cammino ancorati alla Sua Parola, i bambini entreranno nell’ambiente della Riserva Naturale come sfondo e cornice di questo percorso.

Group of sporty people walks in mountains at sunset with backpacks. Altai mountains, Siberia, Russia.

In questo orizzonte, nell’anno della conversione al Vangelo della vita, i bambini e i ragazzi saranno accompagnati a rispondere alla loro domanda di realizzazione/progetto. «Tocca a me?» è infatti la domanda che i bambini pongono quando aspettano impazienti il loro turno per mettersi in gioco. I più piccoli esplorano il mondo, l’ambiente semplicemente toccandolo. Toccare le cose con le mani stimola la curiosità e la voglia di scoprire qualcosa in più su se stessi. I bambini e i ragazzi hanno bisogno di sporcarsi le mani, di accarezzare, di curare e quindi di imparare a costruire. 

Le sfide che coinvolgono tutti

La domanda «Chi ha toccato le mie vesti?» interpella anche i Giovanissimi e diventa icona di un’attenzione di Gesù nei confronti di ciascuno. La domanda invita a riflettere sulle vulnerabilità di quest’età delicata e a volte fragile, per aiutare i ragazzi ad aprirsi al prossimo e alle situazioni inattese che si manifestano ogni giorno nella loro vita. Il percorso è accompagnato da un taccuino personale che apre scorci di bellezza attraverso i Vangeli delle domeniche, la musica, il cinema, l’arte e la letteratura.

In più su Spotify ci saranno spunti per il percorso di Avvento e Quaresima Partendo dall’icona biblica del Vangelo di Marco «Chi ha toccato le mie vesti?», il cammino dedicato ai Giovani quest’anno invita a riconoscere come, nella complessità della vita, le relazioni che intessiamo e le esperienze che viviamo ci tocchino profondamente, così da riscoprirci, anche nei momenti difficili, capaci di tocchi di “cura” verso noi stessi e gli altri.

Gli adulti vivono ogni giornata è fatta di tanti incontri, a volte voluti e cercati e a volte impensati e impensabili. Possiamo dire che la nostra vita prende forma a partire dagli incontri che facciamo. Il primo è l’incontro con il Signore e poi, certamente, ogni incontro con i fratelli. La ricchezza che ne deriva fa bella la nostra esistenza e la cambia. La fede è il punto di partenza: per mettere in gioco uomini e donne da adulti nella quotidianità, per imparare a scorgere in essa l’abbondanza dei suoi doni, a volte, sorprendenti.

La fede lancia continue sfide, alle quali siamo chiamati a rispondere aprendoci agli altri con gesti di cura e carità. La fede si alimenta nella testimonianza e si traduce in gesti semplici, in capacità di ascolto, in relazioni accoglienti, in un tocco che passa da persona a persona.

Gli apericena, un confronto tra generazioni per stimolare l’impegno volto al bene comune

Per rientrare a contatto con la realtà cittadina e discutere in modo franco ma competente dei bisogni del nostro territorio, il settore giovani e il settore adulti di Azione Cattolica di Reggio Calabria propongono due momenti di dialogo e convivialità nella forma di aperitivi a tema sociale.

Per l’organizzazione di questi momenti, il centro diocesano si apre a nuove energie associative: con l’aiuto dei componenti del Laboratorio Bachelet, infatti, alcuni tra i giovanissimi più “esperti” (4 e 5 anno di scuola superiore), tra i giovani e tra gli adulti delle nostre associazioni parrocchiali cureranno la costruzione di uno spazio di confronto sincero ed intergenerazionale, aperto a tutta la cittadinanza e finalizzato a riaccendere la scintilla dell’impegno per il bene comune. 

azione cattolica diocesi locri gerace
azione cattolica diocesi locri gerace

Nel 1988 l’Azione Cattolica fonda l’Istituto Vittorio Bachelet, in memoria del Presidente ucciso dalle Brigate Rosse il 12 febbraio 1980. Per l’Associazione l’istituto è uno strumento per studiare i problemi sociali e politici e contribuire alla formazione dei laici attraverso l’approfondimento sulla dottrina sociale della Chiesa.

Nella diocesi di Reggio, lo scorso anno, la presidenza diocesana ha riavviato il Laboratorio Bachelet per programmare occasioni di incontro, di studio e percorsi trasversali per tutti i soci, i simpatizzanti e il territorio. Le parrocchie interessate possono contattare il centro diocesano per segnalare argomenti da approfondire o per richiedere la presenza di un membro del Laboratorio per organizzare incontri e momenti di confronto in parrocchia.

Il nuovo percorso: portare il Vangelo nei luoghi abitati dalle marginalità

Oggi più che mai, in un mondo indurito dall’individualismo che si è slatentizzato nel post pandemia, l’Azione Cattolica Diocesana decide di abitare due luoghi - il carcere e la banchina del porto - programmando due percorsi di servizio che si pongono in continuità con l’attenzione alle istanze degli “uomini del nostro tempo” programmata in questi due trienni e che proseguiranno nel prossimo. I percorsi dedicati ai soci sono coordinati dal settore Giovani e dal settore Adulti diocesani.

“Oltre le sbarre” è il progetto di missione e testimonianza in carcere iniziato nello scorso triennio e interrotto per le restrizioni legate al covid-19. È un percorso in cui i detenuti della Casa Circondariale di Arghillà partecipano agli incontri di Ac, come in uno dei tanti gruppi di Ac.

Abitare il carcere per l’Ac è una scommessa e una sfida, significa spogliarsi delle certezze e dei pregiudizi per “ricostruire” sentieri di speranza e “ridefinire” storie di dolore che non conoscerebbero seconde possibilità.

Abitare il carcere significa custodire le persone non per questioni di sicurezza ma per questioni di amore. Significa entrare in contatto con le storie, le mancate opportunità sociali e cercare la bellezza in ciascuno, oltre l’errore, oltre le sbarre, con il tatto di chi entra in un luogo sacro: la vita dell’altro e scopre, alla fine nel suo volto il Volto.


PER APPROFONDIRE: Azione cattolica: Notarstefano (presidente), “la più grande forma di responsabilità sociale è la formazione”


Sulla stessa lunghezza d’onda si pone il progetto “ero forestiero”, dedicato all’accoglienza e all’integrazione dei migranti. In questi anni l’accoglienza l’hanno raccontata i sorrisi, le lacrime, le mani forti, le spalle larghe, i piedi infaticabili e il cuore generoso di tanti nostri soci di Ac che hanno portato i colori e le storie di paesi lontani nei gruppi parrocchiali attraverso il loro servizio ai migranti sollecitato dalla formazione ricevuta in associazione che ci fa essere cittadini del Vangelo...anche sulla banchina di un porto.

Da quest’anno il servizio promosso dall’AC fra i soci come esperienza di impegno personale, diventa esperienza strutturata con la partecipazione al Coordinamento Diocesano Sbarchi. L’accoglienza che intendiamo promuovere è quella fatta di piccoli gesti - anche qui, di contatto - un sorriso al porto a chi scende esausto dopo un viaggio durato giorni o le raccolte di generi di prima necessità da destinare all’Help Center (centro di raccolta per i fratelli migranti e poveri).

Per promuovere la risposta generosa e consapevole ai due percorsi di servizio individuati, il Centro diocesano organizza degli incontri di formazione specifici aperti a tutti i soci e i simpatizzanti e destinati non solo a chi poi effettivamente svolgerà il proprio servizio in carcere o agli sbarchi, ma più in generale a chi intende approfondire due temi delicati e al centro del dibattito quotidiano per sfatare alcuni luoghi comuni ed essere informato e formato.

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