Avvenire di Calabria

Parla il numero uno della Fondazione, Giovanni Bruno: i più in difficoltà sono «gli insospettabili della porta accanto»

Banco Alimentare, il presidente: «L’Italia sta morendo di fame»

Redazione Web

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L’Italia sta morendo di fame. E a farlo sono quelli che il Banco Alimentare chiama “gli insospettabili della porta accanto”. Mentre il governo continua a fare tweet e a firmare decreti pieni di pagine, commi e poca sostanza, la gente fa la fila per un tozzo di pane delle mense delle associazioni benefiche. “Abbiamo avuto un aumento delle richieste di generi alimentari di circa il 40% con punte anche del 70%. Noi non arriviamo al singolo bisognoso perché riforniamo le 7.500 strutture caritative accreditate, ma stiamo comunque ricevendo migliaia di telefonate di persone, improvvisamente precipitate in povertà, che non sanno a chi rivolgersi, cosa fare, disperate, che chiedono informazioni. Non mi stupirei se di qui a poco ci fossero casi di suicidi come avvenuto dopo la crisi del 2008″. A parlare è Giovanni Bruno, presidente della Fondazione del Banco Alimentare.

“Con la grande crisi del 2008 fino al 2015 i poveri sono passati da 2 milioni a 4,5 milioni per poi assestarsi su 5 milioni. Non c’è stato alcun miglioramento della condizione di questa fascia di popolazione. Il raddoppio dei numeri che si è verificato nell’arco di sette anni ora potrebbe esplodere in sette mesi”. Chi sono i nuovi poveri? “Sono quelli che noi definiamo ‘della porta accanto’, quelli che mai ti aspetteresti in condizioni di bisogno. Quelle famiglie che anche prima dell’epidemia dovevano scegliere tra cosa mettere in tavola e un paio di scarpe, che fino a tre mesi fa potevano beneficiare della mensa scolastica dove il figlio riusciva almeno a fare un pasto regolare, spesso l’unico della giornata. A Milano in questa situazione si trovavano già circa 22.000 famiglie. Il salto da questa condizione di border line alla povertà è facile. Basta che il capofamiglia rimanga disoccupato o sia messo in cassa integrazione e il precario equilibrio crolla”.

Continua il presidente del Banco Alimentare: “Pensate a quanti erano impiegati nel mondo dello spettacolo, nell’intrattenimento, nella ristorazione, del settore alberghiero. E poi dipendenti di palestre, piscine, di saloni di bellezza. Lavoratori autonomi o dipendenti. Tutta gente che si è trovata all’improvviso in una doppia difficoltà materiale e psicologica perché bisogna imparare a essere poveri. Chi non si è mai trovato in condizione di necessità, a cominciare da quella primaria alimentare, non sa a chi rivolgersi. Questo vuol dire non solo il pacco con i viveri ma entrare in una rete di solidarietà per non avere la sensazione psicologica di essere spinto ai margini della società. Il rischio di entrare in una spirale di depressione è alto e pericoloso come dimostrano i suicidi di imprenditori. Ogni telefonata è un pugno al cuore”.

“Alcune famiglie, con il Coronavirus, hanno anche perso il nonno che con la pensione li aveva aiutati nei momenti di difficoltà e ora sono senza alcunché. Alla crescita del bisogno hanno fatto fronte tante imprese del Banco Alimentare che si sono mobilitate. Pure situazioni di singoli. Le iniziative di solidarietà stanno fiorendo ovunque ma di sicuro non possono sopperire all’intervento dello Stato”. E questo è il punto, le insufficienti misure varate dal governo. Conclude il presidente del Banco Alimentare: “Il problema non sono gli interventi pubblici quanto la tempistica. I soldi della cassa integrazione come dei bonus, devono arrivare ora, non tra quattro mesi, perché nel frattempo una famiglia come vive? È fondamentale poi la valorizzazione del terzo settore, dei corpi intermedi dello Stato”.

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