Avvenire di Calabria

Il docente universitario reggino, Domenico Marino, all'interno della sua rubrica ''Appunti di Dottrina Sociale'' affronta uno dei casi più spinosi che riguarda la gerarchia ecclesiale

Becciu, oboli e indagini. «Beati i poveri in spirito»

Domenico Marino

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Nei giorni scorsi tutti i giornali hanno riportato con enfasi le dimissioni presentate dal cardinale Becciu su richiesta di papa Francesco a seguito delle indagini sulla gestione dei fondi affidati alla Segreteria di Stato.

Non voglio entrare nel merito della vicenda che sarà approfondita dalle competenti autorità vaticane, quello che però è utile fare è una riflessione sul rapporto della chiesa con il mondo finanziario. È un tema questo delicato perché implica una discussione articolata che supera le semplici economie di pensiero che soprattutto i critici dell’operato della Chiesa fanno in questo campo. Facendo propria una visione pauperistica questi critici immaginano una Chiesa che consideri il denaro come un oggetto satanico da evitare il più possibile. In realtà il male non sta nel denaro, ma nell’uso che del denaro si fa e nelle finalità per cui si detiene il denaro. Il male, quindi, non è la ricchezza in quanto tale, ma l’uso che si fa della ricchezza, così come la povertà in quanto tale non è un bene, ma anzi in quanto espressione di un’indigenza va combattuta. Il termine «beati i poveri in spirito» esprime perfettamente questo concetto. È povero in spirito non chi è semplicemente indigente, ma chi è libero dai legami e dai condizionamenti della ricchezza. Povertà per la Chiesa non significa rifiuto del denaro, bensì liberta da esso e capacità di usarlo a vantaggio dell’umanità.

L’Obolo di San Pietro è un’offerta in denaro fatta dai fedeli e inviata al papa per essere ridistribuita a sostegno della missione della chiesa e delle opere di carità. Oggi, domenica 4 ottobre, è la giornata della Carità del Papa, la giornata in cui viene raccolta questa offerta. Questa raccolta, prima di essere utilizzata, va conservata secondo le regole dell’economia finanziaria e quindi, nulla vieta che venga anche investita, semplicemente perché un buon investimento fa crescere le risorse disponibili per le opere di carità. È chiaro, però, che non tutti gli investimenti sono etici e che quindi la Chiesa, quando utilizza la finanza per gestire le risorse di cui dispone non può dimenticare la sua missione universale e i principi a cui si spira. Questo vale, in ultima analisi, anche per ogni cristiano che, quando nel suo piccolo, investe il frutto del suo lavoro non deve considerare come eguali tutte le possibilità di investimento, ma deve privilegiare e scegliere gli investimenti etici. Se, quindi, la Chiesa e i cristiani possono legittimamente e lecitamente investire nei mercati finanziari, tuttavia le loro scelte non possono prevedere il sostegno ad alcune società che operano in maniera non etica. Non è etico investire in imprese che operano nel settore degli armamenti, non è etico investire in imprese che sfruttano il lavoro e, in particolare, il lavoro minorile, non è etico investire in società che depredano i paesi poveri delle loro risorse. Non è in ultima analisi etico investire in maniera speculativa. Quello che nell’investimento finanziario della Chiesa deve evitare è l’approccio speculativo, perché quando si specula su qualcosa si ottiene in genere un maggior guadagno ingiusto a danno di qualcuno. L’altra caratteristica dell‘investimento etico è la trasparenza, cioè la chiara finalizzazione dell’uso delle maggiori risorse ottenute attraverso l’investimento. Se, quindi, il ricavato di un investimento etico serve a costruire un nuovo ospedale per i poveri, quell’investimento è un dono. Per cui l’eticità e la trasparenza nella gestione e nell’uso delle risorse è una caratteristica irrinunciabile che deve caratterizzare gli investimenti della Chiesa. Lo sforzo che Papa Francesco sta portando avanti da quando è stato eletto al soglio pontifico è di conformare il più possibile le finanze vaticane a questi principi. Il denaro non è un male in sé, ma può essere usato male e costituire una delle tentazioni dal più alto potere persuasivo che è in grado di corrompere l’animo umano. Chi gestisce le finanze della Chiesa è soggetto alle tentazioni molto più di quanto non lo sia un monaco di clausura, pertanto, deve essere scelto con molta attenzione per un ruolo che è tra i più delicati e in cui è più facile sbagliare.

L’obolo di san Pietro è stato utilizzato, solo per citare alcuni interventi. per sostenere i migranti in Grecia e in Messico, per gli alluvionati iraniani, per la costruzione di una scuola in India e l’elenco è lunghissimo. Se qualche errore c’è stato nella gestione dei fondi deve essere condannato quell’errore, senza coinvolgere uno strumento che serve a combattere nel mondo la povertà e l’indigenza, soprattutto a vantaggio di popolazioni che senza quell’aiuto rimarrebbero prive di ogni sostentamento, ultimi tra gli ultimi.

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