Avvenire di Calabria

Il centro d’ascolto Caritas "Monsignor Italo Calabrò" di Archi è luogo di una significativa esperienza di servizio

Uscire dal carcere è servire gli ultimi, a Reggio Calabria una bella esperienza per due giovani detenuti

Due giovani provenienti dal circuito penitenziario hanno indossato i panni di volontari servendo pasti caldi ai poveri

di Redazione Web

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«Perseverate nell’amore fraterno. Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo. Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere, e di quelli che soffrono, essendo anche voi in un corpo mortale» (Ebrei 13,1-3).

Perseverate nell’amore fraterno e ricordatevi di tutti! Cioè riportate al cuore la sofferenza di ognuno! Questo passo della scrittura si è incarnato lunedì 29 aprile nel Centro d’ascolto diocesano “Mons. Italo Calabrò”, quando padre Carlo Cuccomarino (cappellano delle carceri di Reggio Calabria) e due giovani, D. e D. che vivono l’esperienza dolorosa del carcere, sono venuti a fare volontariato portando a tavola un pasto caldo alla mensa.


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Prestare servizio per incontrare un’altra sofferenza, quella di chi, spesso, è messo ai margini della società, perché troppo solo, indigente o abbandonato sul ciglio delle nostre strade! I giovani sono arrivati alle 10:30 circa e dopo un piccolo momento di conoscenza e di scambio con i volontari hanno incontrato i nostri ospiti.


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Un incontro, oseremmo dire colorito, tra le domande senza filtri dei nostri “amici”, le risposte semplici e dirette e lo sguardo riflessivo e pensoso dei due giovani. Poco dopo è iniziato il pranzo e, in un clima gioviale, abbiamo lavorato di buona lena tutti insieme per servire i pasti, salutare i nostri ospiti e riassettare tutto.


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La giornata si è conclusa con un pasto fraterno: i due giovani, padre Carlo, Maria Angela Ambrogio (direttrice Caritas), Alfonso Canale e noi suore Francescane alcantarine, dove, nella convivialità D. e D. ci hanno raccontato di quanto è faticoso vivere quasi tutte le ore del giorno in una cella di pochi metri quadrati, in tre persone con un letto a castello, ci hanno raccontato di quanto è difficile quando arriva un compagno di cella con disturbi psichiatrici e ancora quanto è doloroso lasciare gli affetti più cari e gestire al meglio la relazione con i figli.

Ci hanno anche consegnato, però, quanto è stata importante questa giornata, il confronto con le persone che vengono qui e con i volontari, quanta ricchezza poter fare un’esperienza così formativa, che respiro ampio, che tuffo in profondità in queste ore e quale speranza anche per chi, oggi, è rimasto in carcere ad aspettare il racconto dei due.


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Sofferenze a confronto che hanno dato modo ad entrambi di accogliersi vicendevolmente e lasciare un segno del passaggio di Dio nel cuore di ognuno. Arrivato il momento di congedarci, ci siamo salutati con la profonda speranza che questa giornata non rimanga isolata ma che possa essere la prima di una lunga catena d’incontri dove ognuno cresce e si lascia scalfire dalla vita dell’altro, per poter «perseverare nell’amore fraterno» che vince su qualsiasi errore o esperienza dura della vita.

Fraternità suore francescane alcantarine - Archi

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