Avvenire di Calabria

Dall’applicazione del Codice antimafia ai modelli virtuosi avviati in Calabria. Ecco gli esempi validi che aiutano a dare maggiore linfa al contrasto alle cosche

Dai clan alla comunità, le sinergie danno nuovo valore ai beni confiscati

Giuliana Cosentino, dirigente della sede dell’Agenzia dei beni confiscati alla criminalità fa il punto su quanto fatto e su cosa c’è da migliorare

di Davide Imeneo

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Dall’applicazione del Codice antimafia, al valore dato ai beni confiscati dal renderli patrimonio della comunità. Ne abbiamo parlato con Giuliana Cosentino, dirigente della sede di Reggio Calabria dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Questa l'intervista rilasciata domenica scorsa su Avvenire di Calabria, in edicola insieme al quotidiano nazionale della Cei Avvenire.

Le gestione dei beni confiscati alla mafia rappresenta una sfida, lo è ancora di più quando si parla di imprese sottratte ai clan. Perché?

Le imprese confiscate sono il luogo di lavoro di numerose donne e uomini e la fonte di sostentamento delle rispettive famiglie. La salvaguardia di questo grande patrimonio sociale costituisce un importante obiettivo dell’azione dello Stato a seguito della sottrazione di tali beni alle mafie, che può essere raggiunto mediante la gestione dell’impresa sin dalla fase del sequestro, solo previa corretta valutazione delle reali prospettive dell’impresa di poter rimanere operativa sul mercato, nel rispetto di tutte le normative vigenti 


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Oltre a costituire un argine al dominio economico e finanziario delle cosche, la confisca dei beni ha anche un valore sociale. Come educare attraverso il riuso di un bene confiscato?

Il modello legislativo italiano prevede il riutilizzo dei beni confiscati attraverso la destinazione ad enti territoriali o soggetti impegnati nel terzo settore. Il riuso di tali beni prevede il perseguimento di scopi istituzionali o sociali, assicurandone così la restituzione alle stesse comunità danneggiate dal fenomeno criminale. Questi beni, quindi, trasformandosi da beni delle cosche in beni della comunità, rappresentano un potente strumento educativo perché divengono testimonianza della lotta dello Stato contro le mafie.

Quali sono, secondo lei, i provvedimenti legislativi necessari per agevolare l’assegnazione dei beni confiscati e il loro riuso? Quali altri possono servire per agevolare il lavoro dell’agenzia?

Il Codice antimafia rappresenta una sintesi evolutiva di quella geniale intuizione che vede la lotta contro le mafie concretizzarsi anche attraverso la sottrazione degli ingenti patrimoni illecitamente accumulati. Tale strumento potrà divenire tanto più efficace quanto più celeri diverranno i procedimenti che, nel rispetto della certezza del diritto, conducono dal sequestro del bene alla sua definitiva confisca e, successivamente, alla sua destinazione ai sensi dell’articolo 48 del codice antimafia.


PER APPROFONDIRE: Aziende confiscate ai clan, Siclari (Fai): «Affidiamole alle imprese “coraggiose”»


Quanto sono importanti sinergia e dialogo con i vari attori pubblici e privati del territorio, anche per quanto concerne il riuso dei beni confiscati per finalità sociali? Ci sono esempi virtuosi in Calabria e a Reggio in particolare?

È un aspetto fondamentale che coinvolge Magistratura, Forze di Polizia, Chiesa, Associazioni, Cooperative, Istituzioni ed Enti Locali, ciascuno nel proprio ruolo e funzione, al fine di realizzare l’ambizioso obiettivo perseguito dalla vigente legislazione sui beni confiscati. Solo attraverso varie forme di collaborazione, formazione e sensibilizzazione, con il coinvolgimento dell’opinione pubblica e della scuola, potrà essere garantito il riuso virtuoso di tali beni, come avvenuto nella nostra Regione, dove tra i tanti esempi si possono citare: l’Urban Center di Reggio Calabria e il Centro Polifunzionale “Padre Pino Puglisi” di Polistena 

Su alcuni terreni confiscati alla mafia sono state costruite parrocchie (per esempio la parrocchia San Gaetano Catanoso a Gioia Tauro). Anche la Chiesa gioca un ruolo educativo in termini di promozione alla legalità: cosa consiglia per poter attuare meglio questa missione?

La “legalità” è il rispetto e la pratica delle leggi e costituisce perciò una condizione fondamentale perché vi siano libertà, giustizia e pace tra gli uomini. Il Papa Giovanni Paolo II afferma: «Un’autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione umana». In questo ambito è utile che la Chiesa, attraverso le sue articolazioni sul territorio, faccia leva soprattutto sui giovani affinché contribuiscano alla costruzione di un futuro migliore attraverso la consapevolezza ed il rispetto dei valori Cristiani e delle regole della società civile.

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