Avvenire di Calabria

Bertolone: «L’anno nuovo porti a tutti un’anima diversa»

Il messaggio augurale dell'arcivescovo di Catanzaro, presidente dei vescovi Calabresi

Redazione Web

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«L’obiettivo di un nuovo anno non è avere un nuovo anno. È che dovremmo avere una nuova anima e un nuovo naso; piedi nuovi, una nuova spina dorsale, nuove orecchie e occhi nuovi». Dovrebbero risuonare più forte, le parole dello scrittore Gilbert Keith Chesterton, in queste ore dominate dalla retorica delle illusioni svendute con gli auguri di rito, condimento della politica, della pubblicità e di una certa religiosità consolatoria.

L’ondata della finta verità non trova argine in un’umanità i cui occhi non sono più abituati a cogliere la ricchezza dei colori, magari oltre le ombre della storia. Questa umanità che ignora, più o meno consapevolmente, che accanto all’egoismo, all’indifferenza e alla superficialità dei più c’è l’altruismo di chi si dedica silenziosamente ad assistere il prossimo. Così, arrivati alla fine di un anno, ci si ritrova lontano dai terreni sassosi della vita e ci si riscopre “coltivatori” dei desideri più vari: un maggior benessere, più ricchezza, una salute più solida, un lavoro soddisfacente e remunerativo e stabile, ma anche una vacanza esotica o una vincita al Superenalotto. Erba “voglio” a volontà, per appagarsi senza troppi pensieri.

Si finisce allora per limitarsi a nutrire fiducia in una qualsivoglia situazione migliore, perché il presente ormai non basta più e la speranza postula un’attesa che non si è disposti a scontare. Del resto, «niente è più facile che illudersi, perché l’uomo crede vero ciò che desidera», sottolineava nel IV secolo a. C. Demostene. Guai, però, a uccidere nel cuore l’attesa: si potrebbe perdere la voglia di vivere e strappare dall’anima il seme della felicità. «Sbagliano quelli che non sperano», scriveva Papa Luciani: «Giuda ha fatto un grosso sproposito il giorno in cui vendette Cristo per trenta denari, ma ne ha fatto uno molto più grosso quando pensò che il suo peccato fosse troppo grande per essere perdonato».

Il presente, dunque, non è tutto. E proprio davanti al mistero contenuto nel nuovo anno che inizia sarebbe il caso di andare controcorrente. Per vedere l’effetto che fa, per uscire dai confini della contemporaneità tutta concentrata nel “tutto adesso e subito”, per provare ad andare oltre: se il mondo greco aveva tra i suoi simboli l’Ulisse ed il nóstos, il nostalgico viaggio del ritorno al paese natìo, dalla Bibbia emerge nitida la figura di Abramo, che «parte senza sapere dove sarebbe andato» (Ebrei 13, 8), coi piedi ben piantati nell’oggi ma col capo eretto a scrutare il futuro, per esserne protagonista, cercando Dio ed esortandolo anzi a manifestarsi agli uomini per esserne luce. «Per compiere grandi passi, non dobbiamo solo agire, ma anche sognare; non solo pianificare, ma anche credere», osservava Anatole France.

È la svolta che potrebbe guidare ogni esistenza, se solo l’uomo schiudesse il cuore alla novità del Dio che vive nel presente per condurci nel futuro. È il decisivo passo per vincere l’unica vera paura: non tanto che la vita possa finire, ma che non possa mai iniziare davvero. Ed un nuovo anno di vita, ricca di contenuti eterni, finalmente vera, è l’augurio più sincero e sensato che vi possa fare.

+ Vincenzo Bertolone

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