
Le battaglie ideologiche sull’eutanasia, male evitabile
Medici cattolici, il presidente della sezione di Reggio Calabria prova ad approfondire il tema. Singer, Enghelard e Newmann sono le guide della riflessione.
Il centro sinistra, stavolta con la complicità del Movimento 5 Stelle, continua la sua opera di rivoluzione antropologia nella società italiana, e dopo l’approvazione delle unioni civili, equiparandole al matrimonio, adesso ha introdotto nell’ordinamento italiano anche l’eutanasia. Oggi (14 dicembre), infatti, il Senato ha approvato la legge sul biotestamento (o Dat) che di fatto introduce anche all’eutanasia. Una prospettiva ideologica, nichilista e che si innesta perfettamente in quella che papa Francesco definisce «cultura dello scarto». Al di là delle intenzioni filantropiche dei sostenitori della cosiddetta “dolce morte”, dietro questa legge si nasconde un pericolo già vivo in quei Paesi che già riconoscono l’eutanasia, ovvero quello di considerare il malato non nella sua dignità di persona, immagine e somiglianza di Dio, ma come un costo per la spesa pubblica ed un peso per la società. Le sofferenze, che vanno rispettate ed accompagnate, diventano così solo un pretesto: colui - come il malato - che è incapace di produrre e consumare deve sentirsi inutile e in quanto tale lasciarsi eliminare; la cura e l’accompagnamento del malato è solo un costo a perdere, risparmiamo!, e poi agli anziani dobbiamo anche pagare la pensione, risparmiamo!
Papa Francesco, il mese scorso nel suo messaggio ai partecipanti al meeting regionale europeo della World medical association sulle questioni del fine vita (clicca qui), richiamando la “Dichiarazione sull’eutanasia” (clicca qui) della Congregazione per la dottrina della fede risalente al 1980, ha inteso fare chiarezza su questo argomento distinguendo fra eutanasia, «che rimane sempre illecita» e accanimento terapeutico. Secondo Bergoglio, «Vediamo bene, infatti, che non attivare mezzi sproporzionati o sospenderne l’uso, equivale a evitare l’accanimento terapeutico, cioè compiere un’azione che ha un significato etico completamente diverso dall’eutanasia, che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte».
Secondo papa Francesco la dignità del malato deve essere sempre centrale e «tenere in assoluta evidenza il comandamento supremo della prossimità responsabile, come chiaramente appare nella pagina evangelica del Samaritano. Si potrebbe dire che l’imperativo categorico è quello di non abbandonare mai il malato». E continua ancora raccomandando di dare amore, sempre, «E se sappiamo che della malattia non possiamo sempre garantire la guarigione, della persona vivente possiamo e dobbiamo sempre prenderci cura: senza abbreviare noi stessi la sua vita, ma anche senza accanirci inutilmente contro la sua morte. In questa linea si muove la medicina palliativa. Essa riveste una grande importanza anche sul piano culturale, impegnandosi a combattere tutto ciò che rende il morire più angoscioso e sofferto, ossia il dolore e la solitudine».
Medici cattolici, il presidente della sezione di Reggio Calabria prova ad approfondire il tema. Singer, Enghelard e Newmann sono le guide della riflessione.
Consueta udienza del mercoledì nella Paolo VI per il Santo Padre che ha affrontato il tema della buona morte di san Giuseppe. Tra gli spunti offerti dal pontefice anche un riferimento a Benedetto XVI.
Le proposte emerse nel corso dell’ultimo confronto sul tema legato al fine vita, organizzato dalla senatrice Binetti a Roma dal titolo “Custodire ogni vita”.