Avvenire di Calabria

Il docente universitario non usa mezzi termini per criticare le parole del primo cittadino in Cattedrale

Bombino: «Il discorso di Falcomatà farfugliante su eutanasia»

Giuseppe Bombino

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In questa temperie culturale e valoriale occorre sottrarsi dalle ambiguità e dai vaneggiamenti di comodo. È un tempo inquieto, quello che viviamo, caratterizzato da teorie pseudo–progressiste e da improvvisate filosofie, dietro cui, però, si celano sistematici attacchi alla cristianità e alla famiglia.
L’arcivescovo Morosini lo sa, come ha ampiamente dimostrato in occasione delle recenti festività patronali. In occasione della celebrazione per la solennità della Madonna della Consolazione, il presule reggino ha financo “superato” il Vangelo per operare uno “scavo” filologico e filosofico nella profondità dei millenni, arrivando al pensiero greco e latino.
Parla a braccio monsignor Morosini, come volesse condurci, attraverso l’ecologia della parola, a comprendere che vi è un mistero che risolve anche il conflitto tra la dignità della vita e la dignità della persona che muore: la Consolazione. Parole forti, tenaci, senza appello, quelle proferite martedì sera dal Vescovo.
Forse pronunciate per “correggere” un disorganizzato discorso del sindaco Falcomatà che, invece, di esplorare quei sentimenti, confonde l’eutanasia con la dignità della sofferenza, strumentalizzando l’appello che lo stesso vescovo aveva elevato a sostegno dell’Hospice e delle cure palliative. Apologia dell’eutanasia durante una celebrazione eucarestica: beh, forse è davvero troppo per la comunità cattolica reggina. Falcomatà ha farfugliato, e non è la prima volta. Non ha gli strumenti per alzare il ragionamento fino a quelle quote.
Ecco perché, ansioso di restare in equilibrio, non risolve le plateali ed eclatanti dicotomie di certi ragionamenti: da una parte esalta il legame con la tradizione cristiana, dall’altra accetta ideologie che destrutturano la Dottrina sociale della Chiesa e i fondamentali valori cristiani della vita e della persona, della famiglia, che poi è l’unico luogo in cui l’individuo, divenuto figlio, sposo e padre possa trovare il senso dell’assoluto.
Poi, come se il suo discorso avesse risolto la crisi di questo tempo, il sindaco attraversa il presbiterio per “raccogliere” la benedizione del Vescovo; ma ecco un fatto inedito: se storicamente i sacerdoti si alzavano per “salutare” il passaggio del sindaco, quest’anno per la prima volta i concelebranti sono rimasti seduti e immobili ad osservare il transito di Giuseppe Falcomatà. Chissà se il sindaco avrà capito...

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