
Fondi europei in agricoltura, la Commissione Ue promuove la Calabria
La Commissione Europea ha espresso un giudizio positivo sull’utilizzo dei fondi europei per l’agricoltura da
I Ventisette serrano i ranghi in vista del divorzio dal Regno Unito e, riuniti a Bruxelles il 29 aprile, dettano le loro condizioni; da Londra arriva a stretto giro di posta un messaggio poco diplomatico che respinge al mittente la posizione dell’Unione europea. Fa parte del gioco delle parti questo tira-e-molla sul Brexit.
I cittadini britannici hanno deciso, con voto referendario e a strettissima misura, il 23 giugno 2016, di abbandonare l’Ue, e ora il governo di Theresa May deve cercare di portare a casa un risultato il meno penalizzante possibile. Ma la strada si presenta in salita e dunque la May indice elezioni generali, per l’8 giugno prossimo, in modo da verificare se dietro di sé ci sono il suo partito, Tory (conservatori), il Paese intero o solo una parte di esso. Tenuto conto, inoltre, delle difficoltà che lo stesso Brexit sta imponendo nei rapporti con la Scozia e l’Irlanda del Nord.
La strada per questa “separazione poco consensuale”, e certo gravida di ricadute, sarà lunga. Il Consiglio europeo straordinario, convocato la scorsa settimana a Bruxelles, ha dunque posto le basi negoziali che l’Ue seguirà (dovrebbe seguire… in politica meglio utilizzare il condizionale) per chiudere la partita con l’isola. Un documento in sei capitoli e 28 punti il cui intento si comprende sin dal preambolo: “L’integrazione europea ha portato pace e prosperità all’Europa e ha reso possibile una cooperazione senza precedenti, per livello e portata, su questioni di comune interesse in un mondo in rapida evoluzione”, vi scrivono – e sottoscrivono all’unanimità – i 27 capi di Stato e di governo. “Pertanto, l’obiettivo generale dell’Unione in questi negoziati sarà quello di salvaguardare i suoi interessi e quelli dei suoi cittadini, delle sue imprese e dei suoi Stati membri”. Tradotto: nessuno sconto a Londra, chi se ne va dall’Ue si assume le proprie responsabilità. Amici in futuro, certamente, ma a condizioni ben diverse. Come del resto hanno ribadito nelle scorse settimane, in varie lingue e salse, Merkel, Hollande, Juncker, Tusk, Tajani, Gentiloni e tanti altri leader europei.
“La decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione – aggiunge il documento – crea notevoli incertezze che rischiano di provocare turbolenze in particolare nel Regno Unito ma anche, in misura minore, in altri Stati membri. I cittadini che hanno costruito la propria vita sulla base dei diritti derivanti dall’appartenenza del Regno Unito all’Ue si trovano di fronte alla prospettiva di perdere tali diritti. Le imprese e altri soggetti interessati perderanno la prevedibilità e la certezza offerte dal diritto dell’Ue. La decisione avrà un impatto anche sulle autorità pubbliche”. Per queste ragioni, “dobbiamo procedere seguendo un approccio per fasi che dia priorità a un recesso ordinato”.
Concretamente i negoziati partiranno dopo le elezioni britanniche. Quattro, in sostanza, i grandi nodi da sciogliere: i diritti dei rispettivi cittadini; la presenza o meno del Regno Unito nel mercato unico (se Londra intenderà farne ancora parte dovrà accettarne in toto le regole, ossia le cosiddette “quattro libertà”); gli impegni finanziari (Londra dovrebbe versare nei prossimi due anni circa 60 miliardi di euro nelle casse Ue per impegni già assunti verso il bilancio comunitario); la soluzione pacifica delle relazioni tra le due Irlanda, del Nord e del Sud, senza ripristinare precedenti muri, dogane e divisioni.
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