Avvenire di Calabria

Il tema al centro della riflessione durante i festeggiamenti patronali in onore di Sant'Antonio

Campo Calabro, Chiesa e Aido a confronto sulla donazione degli organi

L'incontro in Piazza Chiesa, al dibattito hanno preso parte don Megale, don Palmenta e i vertici dell'Aido reggina

di Maria Pascuzzi

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Venerdì 7 luglio a Campo Calabro, durante i festeggiamenti per Sant’Antonio, nella piazza Chiesa è stato ricordata la festa del dono per eccellenza: la donazione degli organi.

Diffondere la cultura della donazione degli organi è al centro della programmazione parrocchiale coordinata da don Francesco Megale, vicario episcopale per il lavoro e il laicato dell’arcidiocesi di Reggio Calabria - Bova, e da don Antonino Palmenta, alla presenza del gruppo comunale, dell’Aido: il presidente Nicola Pavone, anche presidente regionale, la segretaria   Antonella Morabito, i vicepresidenti, la neuropsichiatra Vanni Campolo, e Antonio Palmenta.


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Ogni comunità si fonda sui legami che, a sua volta si poggia su una triade, un triangolo del sacro che a che fare in particolare sulla fiducia, la speranza e la giustizia. Sono i tre elementi presenti nella vita collettiva: la speranza e la fiducia che si fondano sull’eticità del gesto, che non è mai solo economico ma ha la sua valenza sociale.

Questa pratica si concreta su quella che amiamo definire l’economia del dono che alimenta la sfera dei sentimenti. Con la donazione si stabilisce un rapporto di fiducia reciproca attraverso la quale avviene una simbiosi. Le collettività che si fondano nella pratica del dono realizzano una relazione libera.

Il dono contiene tre caratteristiche fondamentali: il dare, il ricevere, il ricambiare. Il dono promesso in anticipo come ricompensa di un atto di audacia. È possibile scorgere in questo caso il riferimento a entrambi i significati della radice verbale dare. infatti, affinché si possa dare), deve essere esaudita la condizione di partenza, si deve, cioè, ricevere qualcosa in cambio, si deve poter prendere. il dono stesso, il secondo, il fatto di portare, di destinare in dono, l’azione di donare che si dispiega in forma gratuita e senza obbligo di ricambiare. 

Tale nozione consiste, dunque, nell’attualizzazione dell’idea di reciprocità, di rapporto, di scambio, nella circolazione di doni che ricambiano e che chiedono d’essere ricambiati. Il dono stabilisce la relazione con l’altro o gli altri. Il dono ha una sua forza vitale che gli dà il potere di stabilire il legame con l’altro. In questo senso il dono come trascendenza. Se l’azione umana ha un senso e un'intenzionalità, non vi è dubbio che produca qualcosa di nuovo e quindi diventa anche narrazione, ma la cultura è caratterizzata dall’autonomia del sacro, del mitico e del simbolico attraverso i quali possono essere trovati all’origine i tratti comuni della comune esperienza umana.

È nel sacro, nel mitico e nel simbolico che vanno trovati i riferimenti dell’azione umana. Nella nostra esperienza si tratta di cercare di decidere insieme, nella comunione, nel camminare insieme, coinvolgendo tutti i soggetti, perché ciascuno possa esprimere il dono che ha ricevuto dallo Spirito per il bene di tutti e l'utilità comune. Esiste, infatti, un dinamismo vitale che è alla base della comprensione del Vangelo.


PER APPROFONDIRE: Donazione di organi, la Chiesa presente: incontro al consultorio “Pasquale Raffa”


La sinodalità si concreta, perciò, quando nel popolo di Dio ciascuno assume i propri doni e carismi, e lo fa all'interno di una dinamica costruttiva che tiene conto, da una parte, del sensus fidelium del popolo di Dio, che è l’asse portante del divenire vitale del Vangelo, e dall'altra dall’autorità dei vescovi che custodiscono l'apostolicità della fede. In questo senso tutti lavorano nella prospettiva della Gaudium et spes.

Imparare a decidere insieme è ricerca laboriosa ed entusiasmante, ma anche dono che viene da Dio, che ha creato un mondo e una umanità plurali perché «la gioia segreta di Dio sarà sempre di stabilire la comunione, giocando con le differenze»[1] Parliamo quindi di donazione di organi perché parliamo ancora  di amore che si costituisce nel linguaggio e diventa corpo nel discorso amoroso.


[1] Testamento di fr. Christian De Chergé, monaco-martire di Tibhirine.

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