Avvenire di Calabria

La denuncia del garante regionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale

Calabria, è ancora emergenza carceri: da inizio anno oltre duemila eventi critici

L'emergenza nell'emergenza: «Lo scempio dei bambini in carcere. Innocenti a cui stiamo rubando il futuro»

di Redazione Web

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Nelle carceri della Calabria si sono registrati 4 suicidi nel 2023 e 1 nel gennaio 2024. A riferire questi dati è stato il Garante regionale dei detenuti, Luca Muglia, intervenuto a Catanzaro all’incontro “Fermare i suicidi” organizzato dalla Camera Penale “Cantafora”.


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L'occasione è stata la giornata di astensione proclamata per dall’Ucpi (Unione camere penali italiane) per chiedere al governo e al Parlamento un intervento urgente per porre fine al sovraffollamento carcerario e al dramma dei suicidi in carcere.

Emergenza carceri in Calabria, i dati dell'Ufficio garante nazionale

Muglia ha illustrato la realtà delle carceri in Calabria: «Ho acquisito, tramite l’Ufficio del garante nazionale, dei dati aggiornati a ieri che riguardano il periodo gennaio-marzo 2024. Sono estremamente significativi. Dall'inizio dell'anno, spiega Muglia, «abbiamo avuto 2.219 eventi critici, 26 tentativi di suicidio, 110 atti di autolesionismo e 25 aggressioni e danni alla polizia penitenziaria».


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Gli eventi critici – specifica Muglia – vanno ad accorpare suicidi, tentativi di suicidio, atti di autolesionismo, proteste e aggressioni auto o eterodirette, quindi sia gli atti di autolesionismo che le aggressioni ai danni della polizia penitenziaria, dei medici o del personale amministrativo.

Un dato sintomatico e significativo

Quindi – ha aggiunto il Garante dei detenuti della Regione Calabria – questo dato dal 1° gennaio ad oggi di 2.219 eventi critici in due mesi e mezzo in Calabria è sintomatico e significativo. Questi dati confermano il trend del 2023 che ci dà contezza di circa 12 tentativi di suicidio al mese: nel 2023 ne abbiamo avuti 146 totali.

«Si capisce bene - spiega il garante dei detenuti - che siamo in una situazione drammatica e di emergenza, aggravata dalle condizioni di detenzione, cioè dal sovraffollamento e dalla carenza ormai endemica di organici della polizia penitenziaria, dei funzionari giuridico-pedagogici, dei medici penitenziari e dei mediatori culturali. Questo è il quadro».

Muglia aggiunge inoltre: «Abbiamo avuto nell’ultimo mese e mezzo un incontro col capo dipartimento Russo, con il capo dipartimento della giustizia minorile Sangermano e da ultimo con il nuovo Garante nazionale D’Ettore. In quella serie abbiamo rappresentato le nostre criticità che si inseriscono nelle criticità di tutte le altre regioni, però alcune sono sicuramente tipiche e caratteristiche del nostro territorio».

Bambini dietro le sbarre

C'è un'altra situazione rispetto alla quale non si può rimanere in silenzio, denuncia ancora il garante per i diritti dei detenuti. Lo fa attraverso una lettera aperta che parte da quanto assistito nel corso di una recente visita presso la sezione donne di un penitenziario calabrese.

Il garante Muglia si è imbattuto in una scena che definisce surreale, in pieno contrasto con il senso di rinnovamento che accompagna l'arrivo della primavera. Una giovane madre detenuta, insieme al suo bimbo di appena un anno e mezzo, «vive in condizioni che sollevano interrogativi profondi sulla nostra società e sulle leggi che la governano».


PER APPROFONDIRE: Carceri in Calabria, tra sovraffollamento e carenza di organico


Nonostante il rispetto per il lavoro dei magistrati e per l'applicazione delle norme vigenti, nonché l'apprezzamento per la sensibilità mostrata dall'Amministrazione penitenziaria nei confronti dei bisogni del minore e della madre, il garante esprime «un profondo sdegno per una legislazione che permette di privare della libertà un bambino, una creatura indifesa ed innocente».

Il dettaglio di un bambino «ridotto a giocare con un semplice evidenziatore in un giorno che dovrebbe essere di scoperta e gioia evoca una riflessione dolorosa sulla natura delle nostre leggi e sulla loro applicazione». Il garante, nella missiva, sottolinea l'urgenza di cambiamento, facendo appello ai detentori del potere politico e istituzionale affinché «agiscano prontamente per riformare un sistema che, nella sua attuale configurazione, sottrae il futuro a chi è più fragile».

L'appello e la speranza

«Lo sdegno, così si può e si deve chiamare, riguarda la possibilità – prevista e contemplata da una legge dello Stato – di privare della libertà personale una creatura così indifesa ed innocente. Per tutti noi era il primo giorno di primavera, allietato da un cielo terso ed un sole caldo. Ma sono sensazioni, odori e colori che quel bambino senza colpe non ha provato o visto e, chissà per quanto ancora, non proverà o vedrà. Il suo gioco era, oggi, un piccolo evidenziatore dal colore blu. Un tempo “sbarrato”, che non può non lasciare segni nella mente e nel cuore di questo piccolo grande uomo», evidenzia ancora Muglia.

Un appello che apre uno squarcio su un aspetto spesso trascurato del sistema penitenziario, mettendo in luce la necessità di un dialogo aperto e costruttivo che vada oltre le mura del carcere. La lettera del garante non è soltanto un grido di allarme ma anche un invito a riflettere sulla società che vogliamo essere, una società capace di proteggere i suoi membri più vulnerabili e di offrire a tutti, senza eccezioni, la possibilità di un futuro.


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La situazione descritta in Calabria non è un'eccezione isolata ma un sintomo di una problematica più ampia che richiede attenzione e impegno collettivo. «Tutto ciò - prosegue Muglia - interroga però le nostre coscienze e ci induce a riflettere sulla violenza delle nostre leggi. Cambiare le cose è sempre possibile. Chi ha la responsabilità politica ed istituzionale può certamente farlo. Ma occorre farlo presto. Stiamo rubando il futuro a creature fragili ed innocenti. È proprio vero, il carcere è il posto dove parlano gli occhi. Lo sguardo di questo bimbo ci seguirà, inquieterà le nostre notti fino a quando qualcuno, un nobile giorno, non porrà fine allo scempio dei bambini in carcere».

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