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Caso Miramare, pubblicate le motivazioni della sentenza del processo di secondo grado. Per i giudici, gravi responsabilità da parte del sindaco sospeso di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, definito «vero regista della vicenda».
«Non v'è dubbio che con la delibera in esame la Giunta comunale abbia di fatto disposto l'affidamento dei servizi e dei locali del Miramare al di fuori del perimetro normativo, eludendo la procedura ad evidenza pubblica e la valutazione comparativa di specifici progetti prevista per una maggiore garanzia del servizio di valorizzazione di un immobile di interesse culturale». Lo affermano i giudici d'appello nelle motivazioni della sentenza del processo "Miramare" con cui il sindaco sospeso di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, è stato condannato ad un anno di reclusione, con sospensione della pena, per abuso d'ufficio.
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In primo grado a Falcomatà erano stati inflitti un anno e quattro mesi di reclusione. Il procedimento contro Falcomatà, sindaco anche della Città metropolitana e sospeso da entrambe le cariche in base alla legge Severino, è scaturito da un'inchiesta della Procura della Repubblica di Reggio Calabria sui presunti illeciti nelle procedure di affidamento, nel 2015, del Grand Hotel Miramare, di proprietà comunale, all'associazione "Il sottoscala", riconducibile all'imprenditore Paolo Zagarella.
Al centro delle indagini, in particolare, i presunti rapporti tra Falcomatà e Zagarella, il quale, in occasione delle elezioni comunali del 2014, aveva concesso gratuitamente al sindaco alcuni locali di sua proprietà per ospitarvi la segreteria politica.
Insieme a Falcomatà, nello stesso processo, sono stati condannati a 6 mesi di reclusione, sempre per abuso d'ufficio e con sospensione della pena, sette ex assessori, Saverio Anghelone, Armando Neri, Rosanna Maria Nardi, Giuseppe Marino, Giovanni Muraca, Agata Quattrone e Antonino Zimbalatti. Condannati alla stessa pena anche lo stesso imprenditore Zagarella, l'ex segretario comunale Giovanna Antonia Acquaviva e l'ex dirigente Maria Luisa Spanò.
Secondo la Corte d'appello, presieduta da Lucia Monaco, Falcomatà «è stato il vero regista e dominus della vicenda». Per i giudici di secondo grado, infatti, l'affidamento del Miramare «all'amico Zagarella» è stato il «vero obiettivo del disegno criminoso promosso da Falcomatà».
«Appare evidente - si afferma ancora nella sentenza d'appello - l'interesse personale del Falcomatà al risultato della procedura relativa all'affidamento dei locali della prestigiosa struttura del Miramare in favore dell'amico Zagarella».
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«E ciò in quanto tale situazione se per un verso si traduceva in un immediato vantaggio economico per quest'ultimo, per l'altro era suscettibile di volgere un tornaconto personale in favore dello stesso Falcomatà, quello di assicurarsi - ancora i giudici - la propria base elettorale ed analogo appoggio politico alle successive tornate elettorali, oltre che un modo di ingraziarsi l'amico dimostrandogli riconoscenza, ricambiando il suo continuo sostegno e la sua incondizionata disponibilità».
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