«Non c'è più tempo». Se c'è una frase che accomuna tutti gli schieramenti politici che concorrono alle elezioni comunali di Reggio Calabria (20-21 settembre) è sicuramente questa. Giunti al 28 luglio, quando manca poco meno di un mese alla presentazione ufficiale delle liste e 52 giorni alle urne, in tanti si sono accorti che «non c'è più tempo». Prima di addentrarci nella cronaca, permetteteci un'analisi politica.
Si voterà con undici mesi di ritardo (la scadenza del mandato dell'attuale primo cittadino era ottobre 2019), con un rinvio alle spalle (la prima data indicata era il 31 maggio scorso) e a ridosso di un altro impegno elettorale, quello regionale che si è consumato a fine gennaio 2020. La sensazione, e di questo si tratta, è che si è voluto tergiversare quasi che la vox populi che definisce il Comune di Reggio Calabria - causa debiti pregressi - come "ingovernabile" abbia davvero fatto breccia nei dirigenti e notabili dei partiti, ma anche su una certa società civile rimasta lungamente alla finestra.
«Non c'è più tempo», permetteteci l'azzardo, sembra l'equivalente del vernacolare «non c'è niente» del giorno dopo. Non basta la buona volontà, la politica è fatta di numeri e le cifre - se libere dal giogo mafioso o lobbistico - non si possono raggrumare in 52 giorni. L'abbiamo scritto provocatoriamente, anche prestando il fianco a critiche, che l'unico «pronto» per le prossime elezioni è il sindaco uscente, Giuseppe Falcomatà. Registriamo come la sua coalizione sia lacerata e comprendiamo come, dovesse rivincere la bagarre settembrina, il clima nell'eventuale maggioranza non sarà idilliaco (o fintamente tale) come ci hanno raccontato almeno i primi 4 anni dell'attuale mandato. Anche per Falcomatà, quindi, «non c'è più tempo» di ricucire strappi e delusioni, con tanti suoi ex alleati ormai dichiaratamente schierati (Emiliano Imbalzano, Demetrio Marino, Nicola Paris, Stefania Eraclini) o pronti a farlo (Saverio Anghelone e Nino Mileto) coi suoi più strenui oppositori.
«Non c'è più tempo», lo dice anche Peppe Sergi, leader di REggio ATTIVA, tra i movimenti più vivi nel centrodestra. Sergi lamenta l'assenza di tempo nel proporre un'alternativa credibile alla scelta «calata dall'alto» di Antonino Minicuci, candidato leghista in riva allo Stretto: senza partiti, non si può che aspirare a un seggio - da consigliere - a Palazzo San Giorgio. È indubbio che nel centrodestra, il fattore tempo si sia - probabilmente - intrecciato con quello della volontà. L'avallo più o meno convinto della scelta del Carroccio da parte di Forza Italia e Fratelli d'Italia sta creando caos attorno alle liste collegate ai partiti tradizionali che vorrebbero un candidato espressione della Città. In queste ore, dovrebbe arrivare l'ufficialità di Minicuci, anche perché tutti gli outsider proposti al casting di Salvini (Angela Marcianò, Eduardo Lamberti-Castronuovo, Giuseppe Bombino e Paolo Zagami) non rientrano nelle caratteristiche del segretario della Lega che per «l'ingovernabile» Reggio Calabria cerca più un commissario che un leader politico.
Infine, «non c'è più tempo» (forse) per il Polo Civico. L'intuizione condivisa da Maria Laura Tortorella (Patto Civico) e Fabio Foti (M5s) serpeggia tra le tante candidature annunciate sinora (specie sullo strano ticket Liotta-Cuzzocrea che sembrano particolarmente affiatati e Klaus Davi che cerca sponde alla sua "discesa in campo"). Saverio Pazzano (La Strada) apre a una casa comune, soltanto se tutti gli altri candidati a sindaco facciano un passo indietro avallando il suo nome. Insomma, il rischio (calcolato?) è che diverse - interessanti - esperienze di civismo si vadano a scontrare con la logica dei numeri: qualcuno raggiungerà uno o più seggi da consigliere, ma in una competizione così frastagliata e in cui il ballottaggio sembra uno dei risvolti inevitabili, si rischia di contare solo al secondo turno. Un'occasione persa per la Città? Ce lo dirà solo la storia. Correranno da soli, ma non è una novità: Fabio Putortì (Miti), Pino Siclari (Partito Comunista dei Lavoratori) e Enzo Vacalebre (Alleanza calabrese). Tramontata, invece, l'ipotesi di un impegno dell'imprenditore (ex Pd), Pino Falduto.