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«Partecipazione è anche corresponsabilità». Il professore Francesco Manganaro, ordinario di diritto amministrativo all’Università Mediterranea di Reggio Calabria e presidente dell’Associazione italiana dei Professori di diritto amministrativo non ha dubbi. La collaborazione reciproca tra cittadini e amministrazione pubblica, «naturalmente ciascuno per la propria parte», contribuisce a creare benessere che torna utile alla collettività.
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Un’esigenza che pare sia cresciuta in questi ultimi due anni segnati dalla pandemia, ma che necessita di riscoprire tutti gli strumenti a disposizione dei singoli e dei gruppi. Senza trascurare la voglia di partecipazione che proviene dai giovani «a cui bisogna, però, dare risposte».
È l’elemento fondamentale della vita sociale. Prevista anche dalla Costituzione che riprende un’idea di società secondo la quale il singolo fa parte di un contesto in cui, attraverso i cosiddetti “corpi intermedi”, si sviluppa la stessa personalità dell’uomo. Non è solo un principio giuridico, ma sociologico dello sviluppo della persona.
La partecipazione è garantita attraverso alcune leggi fondamentali promulgate a partire dagli anni novanta. Come la Legge di riforma degli enti locali del 1990 che tra le più significative innovazioni apportate, oltre a riconoscere l’autonomia statutaria e regolamentare degli enti locali, ha valorizzato gli istituti di partecipazione popolare. Gli istituti di partecipazione però non sempre hanno trovato attuazione. In effetti è così, innanzitutto per inadempienza delle amministrazioni. Tuttavia, gli istituti di partecipazione non sempre trovano un corrispondente interesse da parte dei cittadini.
Possiamo affermare che abbiano funzionato solo in parte. Oggi, in realtà, stanno prendendo piede modalità meno formalizzate di partecipazione, guardando anche alle difficoltà che tutte le città, non solo le nostre, stanno attraversando. Basti pensare ai gruppi di cittadini che si sostituiscono alle amministrazioni nel recupero di beni dismessi o per la pulizia di spazi pubblici. Una forma nuova e diversa di partecipazione, tuttavia, che inizia anch’essa ad essere regolamentate, a prescindere dallo strumento giuridico degli statuti. Ci faccia qualche esempio. Il Comune di Reggio Calabria ha approvato nel 2015 un regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione comunale per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani, ciò in ottica proprio di questa nuova modalità di partecipazione che parte dal basso e che vede i cittadini più coinvolti a sentir proprio il bene e quindi prendersi cura di esso.
La città metropolitana prevede forme di partecipazione, innanzitutto, tra i comuni che la compongono. La creazione delle quattro zone territoriali serve proprio a ciò. All’interno di questo contesto, poi, sono previsti i classici strumenti partecipativi rivolti ai cittadini, tra cui la possibilità di proporre alla discussione del Consiglio metropolitano atti o progetti di iniziativa popolare. Aspetto importante, considerata l’estensione territoriale dell’ente intermedio e le distanze tra le periferie e il comune capoluogo. Al tal proposito, si parla molto di coinvolgimento dei territori legato alle opportunità del Pnrr.
Un’accelerazione sui metodi di partecipazione arriva oggi proprio dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Guardando agli interventi previsti proprio per la città metropolitana, accanto alla cabina di regia, già sono operativi diversi gruppi di lavoro coinvolti proprio per individuare opere e servizi utili al territorio, da finanziare attraverso le risorse disponibili. È ciò che richiede nei fatti il Pnrr: la capacità di elaborare progetti rapidamente e in modo condiviso.
Partecipazione è anche corresponsabilità. La partecipazione non può avere interessi privati. Io mi sforzo di partecipare alla vita sociale perché mi sento responsabile della crescita della società, nella consapevolezza che ritorna a me un interesse: partecipo a creare un ambiente migliore e quindi benessere per me e per gli altri. Un concetto espresso anche da papa Francesco nella “Fratelli tutti” e che io definirei come una sorta di “solidarietà egoistica” che non significa ottenere benefici in chiave utilitaristica solo per sé stessi, ma a vantaggio della collettività.
No. Le amministrazioni hanno l’obbligo di operare per il bene della comunità, ma ci sono anche doveri di cittadinanza, anch’essi sanciti dalla Costituzione. Primo fra tutti, contribuire all’erario attraverso il pagamento dei tributi. Un discorso che non piacerà a tutti. È pur vero che siamo obbligati, ciascuno in misura proporzionata alle proprie risorse, a partecipare. È inconcepibile che in città, come Reggio Calabria, circa il quaranta percento di contribuenti - paradossalmente non tutti appartenenti alle fasce più deboli - evada le tasse. Contribuire attraverso le imposte a garantire servizi essenziali è anche questa un’importante forma di partecipazione.
È un fenomeno legato anche al nostro territorio, ma si percepisce in tutto il Paese. Si avverte come non mai l’esigenza di una partecipazione più attiva alla vita sociale, soprattutto dalle fasce giovanili che vedono ancora il loro futuro molto precario e difficile. Molti sono i quesiti che i nostri giovani continuano a porsi rispetto a tematiche di natura ambientale.
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Questo bisogno di partecipazione dei giovani va tenuto presente, insieme all’esigenza di dare loro risposte in tempi rapidi. Il rischio, infatti, è che questa partecipazione che nasce con il desiderio di creare un ambiente migliore in cui vivere possa degenerare in forme di partecipazione arrabbiata.
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