Avvenire di Calabria

Il vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea approfondisce delle particolarità storiche sul “Codex Purpureus Rossanensis”, patrimonio dell'umanità dal 2015

Codex Rossano, il lavoro di ricerca di monsignor Renzo

Redazione Web

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Non è la prima volta che il Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, mons. Luigi Renzo, approfondisce delle particolarità storiche sul “Codex Purpureus Rossanensis”, il prezioso evangeliario che nel 2015 è stato riconosciuto patrimonio dell’umanità, inserito dall'Unesco tra i 47 nuovi documenti del registro della memoria mondiale.
Con la recente pubblicazione “La Patria del Codice Purpureo” (ed. Consenso Iure Loquitur), mons. Renzo ha rinnovato il suo “patto di amore” con la bellezza spirituale e artistica che ha custodito come direttore per vent’anni nel Museo della città bizantina di Rossano.
Da studioso, con diverse ipotesi, cerca di andare alla ricerca del luogo di redazione del manoscritto per poter individuare l’ambiente culturale che alcuni studi determinano in diversi centri culturali: Cesarea di Palestina, Antiochia, Alessandria, Cappadocia, sino ad arrivare perfino nell’Italia meridionale. Tra i nodi da sciogliere anche l’anno in cui il Codex arrivò a Rossano.
La novità che porta in campo mons. Renzo nel testo è un vero e proprio interrogativo, tra la familiarità che ci potrebbe esserci tra il Codex ed i mosaici di Ravenna, all’incirca contemporanei della prima metà del VI secolo, che potrebbero avere come matrice ispiratrice Costantinopoli. «Soprattutto i mosaici di Santa Apollinare Nuovo - sostiene l’autore - presentano diverse affinità con le miniature del Codex, particolare questo di non poco conto per un’indagine conoscitiva fondata». Per mons. Renzo «i segni delle maestranze costantinopolitane sono abbastanza evidenti, il che conforta e dà valore al nostro tentativo di ritenere il Codex composto proprio a Costantinopoli. Lo stile e le scene riprodotte, infatti, sembrano avere sia nei mosaici, che nelle miniature la stessa fonte ispiratrice e gli stessi paramenti di riferimento». Un’ipotesi che mons. Renzo fa con un confronto di analisi tra i mosaici di Ravenna e le miniature del Codex, svelando particolarità che richiamo nuovi scenari di ricerca sull’Evangeliario rossanese.
Sulla la composizione del Codex, l’autore affronta, nella prima parte del testo, una valutazione storica e un’analisi di confronto sulle attività delle varie scuole teologiche di Cesarea di Palestina e di Antiochia e lo “Studion” dei codici bizantini di Costantinopoli. Sia per l’oro e sia per l’argento utilizzato e il costo della pergamena purpurea, “prerogativa imperiale”, mons. Renzo evidenzia che si tratta di un manufatto librario di qualità elevata, vista anche la “raffinatissima cultura teologica”.
Significative anche le sei appendici al testo, in cui l’autore fa emergere tante particolarità storiche sull’Evangeliario e la città rossanese. (g.s.)

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