Avvenire di Calabria

Milena Gabanelli sul suo Data Room analizza un fenomeno che fa (tanta) notizia, ma provoca poco cambiamento

Comuni sciolti per mafia, una legge che va riformata

Redazione Web

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Gli ultimi due Comuni sciolti per mafia, all’inizio di agosto, sono calabresi: Cutro e Sant’Eufemia d’Aspromonte. Dieci giorni prima era stata la volta di Partinico, in Sicilia. Dall’inizio dell’anno sono già 9 le amministrazioni comunali mandate a casa (tra cui quella di Saint-Pierre, la prima in Valle d’Aosta), undici in cui la gestione dei commissari è stata prorogata. In quasi trent’anni, da quando nel 1991 è stata introdotta la legge sull’onda dell’emozione per il macabro omicidio di un innocente, il salumiere Giuseppe Grimaldi a Taurianova, sono stati 349 i decreti di scioglimento e 216 quelli di proroga.
 
Per i commissari imprimere una svolta a un Comune sciolto è spesso una vera e propria impresa: si ritrovano ad operare con una struttura di dirigenti e impiegati legati ai politici rimossi, se non direttamente agli ambienti criminali. In più la popolazione e’ in gran parte scettica, o indifferente, se non ostile. Lo certificano i dati contenuti nell’ultima relazione del Viminale al Parlamento dello scorso maggio. I commissari trovano un atteggiamento «indifferente anche protratto nel tempo» nel 7,3% dei casi, addirittura ostruzionistico e indisponibile (9,1%), oppure di finta collaborazione (14,5%). In un comune su due (51%), i commissari devono districarsi tra chi collabora e chi invece prova a mettergli i bastoni tra le ruote. Atteggiamenti che per il 65,5 per cento dei casi rimangono inalterati anche dopo la gestione straordinaria.
 
La Commissione siciliana antimafia, nella relazione dello scorso aprile sul «ciclo dei rifiuti», ha denunciato possibili forzature della legge. Cita espressamente tre scioglimenti (Siculiana, Scicli e Racalmuto) e manifesta «la preoccupazione che ci possa essere stato un uso disinvolto e strumentale delle norme» e che, «in taluni casi, lo scioglimento sia oggettivamente servito a rimuovere, assieme alle amministrazioni comunali, le posizioni contrarie che quelle amministrazioni avevano formalizzato sulla apertura o sull’ampliamento di piattaforme private per lo smaltimento dei rifiuti». Non c’è dubbio che la legge sullo scioglimento dei comuni è un’arma potente per fermare gli interessi dei clan su appalti e controllo del consenso. Una lama per recidere legami illegali che però andrebbe affilata, come chiede chi si trova a operare in questi contesti complicatissimi.
 
Estratto da DATA ROOM - Clicca quì per leggere tutto.

Articoli Correlati