Avvenire di Calabria

Comunità energetiche, un’opportunità a livello pastorale e per la partecipazione della Chiesa e dei cristiani alla transizione energetica

Comunità energetiche, grande risposta ecclesiale ma si attende il legislatore

Secondo gli esperti cresce l'interesse del laicato ma le regole che ne consentirebbero l'applicazione tardano ad arrivare

di Redazione Web

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«Quello delle comunità energetiche è diventato un progetto della Chiesa italiana. Sono un’opportunità a livello pastorale ma anche per la partecipazione della Chiesa e dei cristiani alla transizione energetica. Il seme gettato a Taranto sta fruttificando. Rimaniamo in attesa che diocesi e parrocchie possano finalmente partire nel dare concretezza ai loro progetti quando ci saranno tutte le condizioni necessarie». Così Sebastiano Nerozzi, professore associato di Storia del Pensiero economico all’Università Cattolica del Sacro Cuore e segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici in Italia, facendo con il Sir il punto sulle comunità energetiche. È bene ricordare che le comunità energetiche sono gruppi di persone che si uniscono per autoprodurre energia elettrica da fonti rinnovabili e fornire benefici ambientali, economici e sociali nei territori, contribuendo sia al raggiungimento delle soglie di decarbonizzazione fissato dall’Unione europea per il 2030 sia al rafforzamento del percorso verso la sicurezza energetica dell’Italia voluta dall’attuale governo.


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Comunità energetiche, un'idea lungimirante della comunità ecclesiale

«Il cammino è iniziato a Taranto - racconta il professore -con grandi aspettative e grande preveggenza. Il decreto legislativo 199/2021 è successivo alla 49ª Settimana sociale. Il processo legislativo che doveva compiersi in pochi mesi si è poi rivelato molto più lungo del previsto ed è ancora in essere e l’apparato normativo non è ancora interamente definito. Stiamo aspettando che la bozza di decreto notificata alla Commissione Ue venga esaminata per capire se sarà approvata così com’è o andrà modificata. C’è quindi ancora uno spazio di incertezza. Ma, chiarito questo, dal punto di vista ecclesiale abbiamo riscontrato grande interesse. La chiamata a realizzare delle comunità energetiche è diventata consapevolezza comune di tante Chiese locali, di tanti vescovi, sacerdoti e laici».

Forte l'interesse del laicato per le comunità energetiche

Un interesse condiviso dal laicato: «L’indagine realizzata ad ottobre scorso dall’Istituto Ipsos – racconta ancora Nerozzi – ha messo in evidenza una grande attenzione e un grande interesse verso le comunità energetiche. In molti casi sono stati i laici quelli che hanno sollecitato iniziative in questo senso. In alcune diocesi si sono fatti ulteriori passi, passando alla realizzazione di incontri formativi sul tema, e in alcuni casi si sono intraprese iniziative di natura progettuale. Oggi siamo di fronte ad una situazione abbastanza variegata nel Paese, perché alcune diocesi hanno già ricevuto finanziamenti come a Cremona – per 4 comunità energetiche in 4 parrocchie insieme a Comuni e associazioni –, o a Verona, dove l’Associazione diocesana opere assistenziali (Adoa) ha messo in rete tutte le strutture assistenziali, o ancora a Lucca, dov’è partita una sperimentazione su 4 parrocchie. Sintetizzando, direi che c’è stata una buona risposta, c’è molto movimento ma ancora non ci sono condizioni normative per poter attivare gli investimenti. Una serie di cose, però, le diverse realtà possono farle: avviare cammini di formazione e percorsi di discernimento per capire che tipo di comunità energetica costituire, raccogliere l’adesione dei cittadini e individuare dei partner tecnici».

Comunità energetiche, l'ostacolo è l'inerzia legislativa

Ma attenzione al freno legislativo: «Ci sono alcuni elementi che, per come vanno configurandosi, destano qualche preoccupazione -avverte Nerozzi - L’attuale bozza di decreto fissa un contingente di 5 GW di potenza installata come totale degli interventi incentivati; è un massimale che copre una parte limitata del potenziale di sviluppo delle comunità energetiche e rappresenta una frazione non ingente del totale di GW di potenza da fonti rinnovabili che dovremmo raggiungere per centrare gli obiettivi di transizione energetica fissati in sede europea; un contingente così basso potrebbe indurre l’impressione che non si voglia dare allo strumento delle comunità energetiche il giusto credito come strumento capace di accelerare la transizione oppure che l’obiettivo stesso non sia perseguito con la necessaria determinazione».

«Un secondo aspetto - prosegue l'esperto - è che le comunità energetiche rinnovabili (Cer) sono uno strumento importante, ma per noi è necessario definire meglio i caratteri delle Cers (comunità energetiche rinnovabili e solidali) per le quali abbiamo chiesto sia introdotta una ulteriore premialità rispetto alle altre Comunità energetiche in modo da poter svolgere in condizioni di parità attività di lotta alla povertà energetica e di inclusione sociale. Infine, chiediamo si intervenga sulla logica dello scorporo in bolletta degli incentivi per ogni singolo cittadino; la possibilità di ottenere individualmente gli incentivi rischia di collidere con la natura della comunità energetica e minare la sua sostenibilità economica. Una comunità non è semplicemente la somma di tanti individui; l’attuale meccanismo di scorporo tende a rendere una Cer una forma commerciale come le altre. Secondo noi dev’essere la comunità a gestire le risorse, in modo equo e senza danneggiare nessuno».


PER APPROFONDIRE: Comunità energetiche, un tema che interessa alla Chiesa


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