Avvenire di Calabria

Intervista al sacerdote reggino che in Terra Santa ha intrapreso un nuovo cammino e una nuova missione per l'arcidiocesi di Reggio Calabria - Bova

Conflitto in Israele, la lettura di don Valerio Chiovaro

Il responsabile di Casa "Kerigma": «La dimensione minoritaria della Chiesa Cattolica la pone in uno stato di “resto” profetico. Solo i cristiani parlano la lingua del perdono, così possono fare la differenza»

di Davide Imeneo

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Sono immagini di sangue e dolore quelle che continuano ad arrivare dalla Terra Santa. Con il passare delle ore si aggiorna il bollettino di morte, ma cresce anche la preoccupazione. Il dolore per quanto si sta vivendo in Medio Oriente ha raggiunto anche la Chiesa di Reggio Calabria - Bova che proprio in Terra Santa, nell'ultimo anno, ha piantato un piccolo granello della propria presenza.


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Su quanto sta accadendo laggiù, ne parliamo con don Valerio Chiovaro che quel seme chiamato "Casa Kerigma" sta portando avanti per conto dell'arcidiocesi reggina-bovese. Oggi più che mai anche questa presenza, «può essere piccolo segno di speranza», afferma il sacerdote, presbitero Fidei Donum presso Patriarcato di Gerusalemme.

Don Valerio cosa hai pensato quando hai iniziato a vedere le immagini di quanto accaduto in Terra Santa?

Certo non è stato un fulmine a ciel sereno, la situazione di Gaza è sempre stata una polveriera. Ci sono due milioni e mezzo di abitanti reclusi in 400 chilometri quadrati. L’urgenza umanitaria si trascina da quasi venti anni. La situazione è insostenibile. Non ci si aspettava questa intensità, questa modalità, tale organizzazione. Non sono atti terroristici è una guerra mai sopita che oggi esplode in questa forma assolutamente deprecabile. Le immagini sono una ferita aperta per chi ama quella terra, ma anche un fuoco acceso per chi ci vive, per gli israeliani, per i palestinesi, per la povera gente. Il dolore non guarda i passaporti e pensare ai giovani israeliani rapiti, a quelli trucidati, ma anche ai loro coetanei palestinesi maltrattati e umiliati in tutti questi anni, stringe il cuore. Sono in contatto con giovani israeliani, sento nella loro voce la rabbia, la paura… loro sì che non se lo aspettavano. Si stanno preparando alla guerra, vedranno cose che non dimenticheranno più… è tremendo!

Quali sono le urgenze che si devono affrontare adesso per fronteggiare l'emergenza?

A livello globale bisogna disattivare la miccia della mina che collega USA; Iran; Russia. Come al solito la povera gente cade sotto le bombe di pianificazioni internazionali, che impiantano guerra a casa degli altri. Bisogna ascoltare il grido dei disperati, saperlo decifrare e rimodulare in termini di speranza. Cosa difficile per una terra che non conosce perdono.

A livello locale sarà forte l’emergenza umanitaria, da tutte le parti, in particolare per gli eventi che avverranno nei prossimi giorni. Finiti questi prossimi giorni ci sarà da ricostruire relazioni, rapporti, dialoghi… ma sarà un cammino lungo, faticoso…

Il conflitto non è una novità...una pace vera in quella terra non c'è mai stata. Ci sarà mai?

Una pace autentica passa dalla formula di due Stati due Popoli, con la soluzione del nodo di Gerusalemme, come città a statuto speciale. Finché non ci sarà giustizia non ci sarà sicurezza, finche non ci sarà sicurezza ci sarà paura, finché ci sarà paura non ci sarà pace. La paura fa fare cose brutte. Bisognerebbe spostare l’attenzione dal tema della sopravvivenza di un popolo, al tema della convivenza di due popoli. La prassi dell’isolamento di persone, di popoli, di nazioni, non porta a nulla di buono.

Qual è il ruolo della Chiesa Cattolica in situazioni come queste?

Un ruolo importante. La dimensione minoritaria della Chiesa Cattolica la pone in uno stato di “resto” profetico. Solo i cristiani parlano la lingua del perdono, pur se da un corpo sanguinante. E così possono fare la differenza. Ancora, solo la Chiesa Cattolica può avere quella dimensione universale che permette di operare accanto alla povera gente, ma anche di mantenere uno sguardo e una voce rivolti alle realtà sovrannazionali. Qui la Chiesa è ospedale di campo, prossimità ai poveri, sa parlare la lingua di tutti. Sa rileggere la storia di Cristo dentro le ferite, la passione, la morte… è l’unica che può testimoniare la resurrezione. Un ruolo difficile, di mediazione e prossimità, di voce autorevole e amichevole, decisa nella condanna delle barbarie da qualunque bandiera siano coperte. Il Patriarcato ha da subito emanato un comunicato, ma al di là di questo, la prossimità dei vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi, del laicato impegnato in opere umanitarie ed educative, può essere l’esercito della ricostruzione, della resurrezione, di una Buona Notizia che attraversa la durezza dei cuori… La Chiesa è l’unica realtà che può e sa pregare per gli aggressori e gli aggrediti.

Dopo quello che è accaduto come continuerai a vivere il tuo ministero in Terra Santa?

Come mi verrà chiesto, per quanto non dipende da me. Per quanto dipende da me con la stessa passione e la stessa profezia. Stare a Gerusalemme e creare là casa Kerigma, un eremo tra i santuari, è stata una scelta di amore, condivisa dalla nostra diocesi e vissuta in particolare per i sacerdoti, perché avessero un posto dove riposare e rigenerarsi secondo i fatti del cenacolo e le parole del Kerigma. Certo, probabilmente questa situazione abbasserà i flussi di pellegrini, allora ci inventeremo un modo nuovo per servire la Chiesa.


PER APPROFONDIRE: Una nuova missione nella Terra del Signore


Sicuramente ci sarà più tempo per la preghiera, e questo è un servizio indispensabile. Ci ricorda che, mentre altri impugnano le armi, noi usiamo le ginocchia e le mani giunte. Oggi, essere fidei donum nella Chiesa madre di Gerusalemme, significa sposarne la bellezza e la complessità, sentire nella propria vita la sofferenza di questa gente, essere prete per tutti, al di là della appartenenza religiosa di ciascuno. Essere parte di un resto, di uno scarto. Essere sacramento di consolazione. Mi metterò a servizio, secondo i nuovi bisogni che insorgeranno, nella convinzione che casa Kerigma è un cenacolo profetico che può segnare, in un contesto così tragico, un piccolo segno di speranza. Staremo a vedere cosa chiederà il Patriarca, come al solito siamo inutili, servi inutili.

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