Avvenire di Calabria

Una presenza secolare, quella della Confraternita, che risale al ’600. Gli inizi al rione Modena, poi in via Palamolla. L’uso come asilo nido e il terremoto del 1908

Reggio Calabria, alla riscoperta del «conventino dei domenicani»

Vi proponiamo atti inediti da cui emerge inequivocabilmente la consistenza edilizia dell’immobile sacro e i suoi beni preziosi che sono rimasti per anni nell’oblio

di Renato Laganà

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Una presenza secolare che risale al ’600. Gli inizi al rione Modena, poi in via Palamolla. L’uso come asilo nido e il terremoto del 1908. Storia di ricostruzioni, architettura e spiritualità: a totale conferma dell’importanza storica, durante una ricerca nell’Archivio comunale di Reggio Calabria si sono consultati degli atti inediti da cui emerge inequivocabilmente la consistenza edilizia dell’immobile sacro e i suoi beni preziosi che sono rimasti per anni nell’oblio.

Conosci la storia del conventino dei domenica di Reggio Calabria?

Pietro De Nava nel pubblicare nel 1940 nella rivista Brutium un saggio sulla topografia degli antichi conventi di monaci a Reggio dava notizia della presenza di un conventino dei Domenicani tra la via Aschenez e la via Palamolla nella prima metà dell’Ottocento. I padri Domenicani a Reggio sono presenti da oltre cinque secoli.

Dapprima ospitati in un conventino annesso alla chiesa di S.M. di Modena, poco distante dalla città, nel marzo 1571, si trasferirono nel centro urbano dove l’arcivescovo mons. Gaspare del Fosso aveva loro assegnata la piccola chiesa di S. Gregorio Armeno (sita in corrispondenza dell’attuale teatro Comunale).

Costruito il loro convento accanto alla chiesa che prese il nome del SS. Rosario, iniziarono la loro attività pastorale e soprattutto culturale. In quell’edificio venne ospitato, nel 1660, il Collegio filosofico – teologico in grado di conferire lauree con i gradi inferiori frequentato anche da studenti provenienti dalle altre località calabresi e dalla vicina Sicilia.


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Squassato dal terremoto del 5 febbraio 1783 i 13 frati, come indicato nella relazione del Vivenzio, furono costretti a trasferirsi in un luogo più sicuro edificando una costruzione baraccata ed una chiesetta sita a settentrione del Castello per ospitare il convento e il collegio che riprese la sua attività nell’anno 1784 ma solo per alcuni mesi in quanto detti locali furono occupati dagli uffici della Cassa Sacra, istituita per attingere somme per la ricostruzione attraverso i proventi del patrimonio immobiliare degli ordini religiosi che vennero allontanati o soppressi.

La chiesa, che ha conservato sino ad oggi il titolo del SS. Rosario, venne assegnata dall’arcivescovo Capobianco al sac. Salvatore Votano, fondatore dell’oratorio di S. Filippo Neri. Nel 1796 i Domenicani rientrarono in città ed a loro venne riassegnato il convento che avevano prima del terremoto del 1783 senza gli ambienti del Collegio sino al 1808 quando, a seguito della soppressione degli ordini monastici, i due frati che vi erano rimasti per officiare nella chiesa si trasferirono nella vicina Messina.

L’immobile venne ristrutturato ed adibito a sede dell’Amministrazione Comunale e, sul retro vennero ospitati gli uffici dell’Intendenza provinciale e i Tribunali a seguito dell’elevazione a capoluogo di provincia nel 1816.

L’anno successivo, con il rientro dei padri, venne assegnata loro la piccola struttura del convento dei Minori Osservanti sito presso la chiesetta dell’Annunziata lungo la fiumara del Lumbone a Nord oltre la città.

L’arcivescovo Mariano Ricciardi, nel 1855, necessitando di docenti al seminario, chiamò altri padri domenicani che crearono un piccolo convento ed una nuova chiesa acquistando la villa di proprietà Attanasio sita tra le nuove vie Aschenez, Torrione e Palamolla.


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Nel 1866, a seguito della soppressione degli Ordini religiosi operata dal nuovo stato italiano la struttura venne adibita ad asilo ed andò soggetta a trasformazioni per la costruzione del nuovo edificio dell’Asilo Infantile che venne intitolato a Federico Genoese Laboccetta.

Nel corso di una recente ricerca nell’Archivio Comunale di Reggio Calabria è stato possibile consultare gli atti di presa in possesso da parte della Amministrazione del fondo per il Culto dell’Ufficio del Registro di Reggio Calabria dai quali emerge la consistenza edilizia dell’immobile e i beni in esso contenuti.

Dalla planimetria allegata si rileva che il conventino era situato sul fronte meridionale dell’isolato ad angolo tra la Via del Torrione, con un fronte di 17,40 metri, e la Strada Palamolla, con un fronte di 20 metri.

La chiesa, con fronte sulla via Palamolla, con un fronte di circa 9,40 metri, era lunga 25 metri con abside verso settentrione e tra il convento e la chiesa vi era una sacrestia, con fronte di 6,60 metri, e profondità di 14 metri.

La chiesa era in posizione più arretrata rispetto al fronte occidentale della Via Aschenez per circa 7 metri. Riguardo la dotazione dei beni, nel verbale redatto il giorno 14 dicembre 1866, “Luigi Mariotti, Sotto Ispettore Demaniale reggente l’Ufficio del Registro di questo Mandamento ed il cavaliere Francesco Pensabene” annotavano la presenza di 1. Due campane grandi, e due piccole per uso interno della chiesa; 2.Una antiporta; 3. Un Organo; 4. Un armadio in sacristia con due stipi nella parte superiore e n. 6 tirafuori nell’inferiore; 5. Scanni per commodo del pubblico; 6. Tre confessionali e sovra di uno un pulpito; 7. Due piccoli genuflessori di legno abete; 8. Due seggioloni ordinari; 9. Tovaglie bianche per gli altari n.7 e n.3 sopratovaglie di colore; 10. Un espositore grande sull’altare maggiore; 11 Una custodia portatile di ebano con portello di rame dorato; 12. Una pisside grande di argento con piede di ottone; 13. Un calice tutto argento; 14. Candelieri di legno argentati n. ventidue; 15. Piedi di frasche n. 24 e frasche n.14; 16. Due messali dell’ordine e un A totale conferma dell’importanza storica, durante una ricerca nell’Archivio comunale di Reggio Calabria si sono consultati degli atti inediti da cui emerge inequivocabilmente la consistenza edilizia dell’immobile sacro e i suoi beni preziosi che sono rimasti per anni nell’oblio Messaletto; 17. Due pianete bianche, una rossa, una verde ed una nera, in tutto cinque; 18. Due camici ordinari; 19. Cotte numero tre; 20. Due cornucopie di legno dorato e due lampadari di cristallo; 21. Un incensiere e navetta di rame; 22. Corporali n. tre; 23. Manutergi n.12 inclusi i purificatori; 24. Un quadro della Immacolata. 25. Una grande scarabattola colla statua di Maria SS. Del Rosario col bambino. Vestito ordinario per la medesima ed un mobile di raso rosso dorato. Una corona per le mani con una medaglia di argento. Una collana di perle false con due piccole crocette di oro, una spilla di oro e finalmente due corone di argento. Una per il capo della Vergine e l’altra del Bambino”.


PER APPROFONDIRE: Trapezzomata, la storia del «monastero invisibile» di Reggio Calabria


Si stabiliva che la chiesa dovesse rimanere aperta a culto e per l’uso delle dotazioni avrebbe il Pensabene svolto il ruolo di “Incaricato della Conservazione”. Quattro anni più tardi, il padre domenicano Vincenzo Travia, individuato un nuovo sito sulla Via Reggio Campi, riusciva a costruire “con l’aiuto dei fedeli” un nuovo conventino, accanto al quale, su progetto dell’ingegnere Rosario Pedace venne costruita la chiesa dedicata a S. Domenico che venne solennemente inaugurata il 21 agosto del 1877.

La struttura venne poi danneggiata dal terremoto del 28 dicembre 1908 e successivamente ricostruita mantenendo nel basamento gli elementi neoclassici tardo ottocenteschi.

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