Avvenire di Calabria

Secondo l’esperta reggina, accompagnare le celebrazioni con musica e canto è «un bel servizio liturgico che valorizza i talenti ricevuti da ciascuno»

Cos’è il Canto Sacro? «Espressione della fede che aiuta a fare comunità»

La consacrata dell’Ordo Virginum, Rosetta Zumbo, propone una riflessione a partire dalla sua esperienza

di Rosetta Zumbo

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Come possiamo capire cos'è il Canto Sacro? E in che modo il Canto Sacro è collegato alla liturgia? Per rispondere alle nostre domande abbiamo chiesto aiuto a Rosetta Zumbo, consacrata dell'Ordo Virginum della arcidiocesi di Reggio Calabria - Bova. Vi proponiamo di seguito la sua riflessione.


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Cos'è il canto sacro? La riflessione di Rosetta Zumbo

Svolgo da anni un servizio di animazione liturgico-musicale prevalentemente in Cattedrale. Esprimo profonda gratitudine al Signore che mi ha chiamata a questo servizio, (così lo vivo) suscitando in me il desiderio di condividere con passione i suoi doni, mettendoli a servizio della comunità cristiana.

Mi ha sempre colpita, meditando la Sacra Scrittura, come il cantare a Dio nella tradizione biblica sia una delle espressioni più alte e significative della preghiera.

Innumerevoli sono gli esempi nella Bibbia che ci confermano quanto sia importante il canto come espressione di fede, di amore, di adorazione a Dio. Così il popolo dell’Alleanza ha sempre obbedito ad un comando: «Cantate inni a Dio con arte».

Cantare per celebrare Dio, per rispondere al suo amore, perché «eterna è la sua misericordia».

Ancora San Paolo ci esorta a radicarci nell’ascolto della Parola e a «cantare a Dio di cuore, salmi, inni, cantici spirituali». Così il mio servizio si radica nella risposta ad un invito che parte dalla Parola di Dio, dal cuore stesso di Dio. La musica e il canto sono state da sempre per me, un’occasione privilegiata per incontrare il Signore, entrare in intimità con lui, nel suo mistero di amore. Ho considerato sempre il canto preghiera. E questo ho sempre cercato di trasmettere con tutta me stessa, esprimendo con il linguaggio musicale quello che a volte risulta difficile esprimere con le parole. Ho sperimentato tante volte come nella mia, nella nostra incapacità di amare Dio scrive la sua sinfonia, un inno d’amore perché è Lui che ci sostiene e ci ricrea continuamente. Allora è veramente «bello cantare al Signore, dolce è lodarlo come a lui conviene». Questi sono i sentimenti che sostengono il mio servizio, che passa attraverso una costante conversione del cuore, perché sono convinta che non sia possibile trasmettere quello che non si ha. Il canto è parte integrante della liturgia e non un accessorio o un elemento estetico per rendere “bella” la liturgia, è un linguaggio privilegiato per la preghiera.

Cerco di tenere presente che il fine del canto liturgico, così come ci viene indicato dalla Sacrosanctum Concilium è «la glorificazione di Dio e la santificazione dei fedeli».

Allora accompagnare l’assemblea con il canto significa per me, innanzitutto, tenere presente questa finalità, ed è una bella responsabilità. Perché si tratta di aiutare l’assemblea ad entrare nel mistero di Dio che si sta celebrando. Il canto aiuta a creare un ambiente di preghiera, deve essere preghiera, deve cioè favorire l’incontro con Dio, altrimenti rimane una coreografia fine a se stessa. Il canto deve aiutare a risvegliare quei sentimenti che ognuno conserva nell’intimo del proprio cuore ed elevare lo sguardo verso Dio. Con il canto cerco di esprimere prima di tutto il mio amore per Dio e di aiutare l’assemblea ad entrare in questa dimensione.

Quando il canto svolge una funzione liturgica? Nel secondo libro delle Cronache il suono e il canto sono descritti come capaci di provocare, di chiamare la venuta di Dio, di favorire l’incontro con lui. È finita la costruzione del tempio ad opera del re Salomone «e avvenne che mentre i cantori e i suonatori fecero udire all’unisono la voce per lodare, celebrare il Signore, il tempio si riempì di una nube, cioè della Gloria del Signore», cioè della sua Presenza. Qui il suono e il canto diventano liturgia. Ecco cosa significa cantare per la «gloria di Dio», cantare cioè perché Dio scenda e rinnovi il mistero dell’Incarnazione nel cuore dell’assemblea. Il canto è liturgico quando permette al popolo di incontrarsi con Dio. I canti che vengono eseguiti durante le celebrazioni eucaristiche devono esprimere la nostra fede, la fede della comunità perché la liturgia è espressione del nostro incontro comunitario con Dio, siamo Chiesa, popolo di Dio, quindi anche il canto deve esprimere questo! I canti devono contenere verità di fede. Se è vero che il canto liturgico deve favorire l’incontro con Dio, non può accontentarsi solamente di parlare di Dio, ma è necessario che i canti ci facciano parlare con Dio. È un’altra cosa.

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