Avvenire di Calabria

A guidare il gruppo del Meg padre Vincenzo Toscano e Orsola Calabró

Da Reggio a Scampia, l’impegno di dieci ragazzi per la legalità

Gaetana Covelli

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Dopo essere stati a servizio dei più piccoli, dieci ragazzi del Meg (Movimento Eucaristico Giovanile) - seguiti dai padri gesuiti - hanno svolto un campo di servizio in una realtà difficile: il quartiere Scampia a nord di Napoli. Dal 21 a 27 luglio, alloggiati in modo “spartano” nei locali della parrocchia dei religiosi gesuiti, i ragazzi hanno sperimentato la fatica e la gioia di coinvolgere i bambini dei vari Lotti nell’animazione di strada. A guidare il gruppo reggino padre Vincenzo Toscano e Orsola Calabró, supportati anche dall’aiuto di Federica Gurnari e Carlotta Fusco. Il Meg è presente a Reggio Calabria da oltre 50 anni. E' un Movimento ecclesiale promosso dalla Compagnia di Gesù, in collaborazione in questa città con le “Figlie del Cuore di Maria”. Tra gli obiettivi principali del Meg vi è la formazione di bambini, ragazzi e giovani nelle tappe della maturazione umana e spirituale, fino alle scelte di vita fondamentali, mettendo al centro l'Eucaristia.

Preparati da tre giorni di esercizi spirituali tenuti da padre Sergio Ucciardo ad Arghillà, i ragazzi sono partiti alla volta di Scampia con il desiderio di confrontarsi con una realtà degradata che, negli ultimi anni, sta cercando di risorgere. «Raccontare Scampia, scoprendo un senso nuovo» – dice padre Vincenzo Toscano, il padre gesuita che nei giorni scorsi ha accompagnato i ragazzi di Reggio nell’avventura di una Napoli segnata e ferita dalla camorra. Dietro e oltre le piazze dello spaccio, esiste un esempio di vita che si nutre di “resistenza culturale” e ogni giorno risorge e spera. La comunità dei religiosi gesuiti, posta tra il Lotti (case popolari) e i Parchi (cooperative abitate dalla medio borghesia), è una presenza che agisce e opera nel sociale attraverso la gestione del Centro “Hurtado”, voluto sull’esempio del gesuita cileno Alberto Hurtado, il quale ha vissuto dedicando la sua vita alle cooperative sociali. Iniziato nel 2006 ad opera di padre Fabrizio Valletti, il progetto “Hurtado” comprende diverse realizzazioni di avviamento al lavoro, di formazione e cultura in un edificio dato in comodato d’uso ai gesuiti da parte del Comune di Napoli.

«I padri Gesuiti – racconta Vincenzo Toscano - presenti nel quartiere dagli anni ’90, si sono sempre dedicati ad una attività essenzialmente pastorale; ma, con una forte sensibilità sociale, hanno provato a proporre alla cittadinanza opportunità culturali e lavorative, allo scopo di sensibilizzare il territorio al cambiamento socio-culturale». I ragazzi del Meg di Reggio hanno preso, gradualmente, contatto con la realtà circostante; e – provenendo da situazioni adagiate – non hanno certo nascosto la fatica iniziale a rapportarsi con gli “abitanti del quartiere”. Nella sede del “Centro Hurtado”, oltre al segno di impegno sociale, sono presenti altre iniziative che significano la ricerca di un riscatto e di una crescita culturale rivolta soprattutto ai bambini, ai ragazzi, fino a giovani più avanti con gli anni. In questo contesto si sono mossi e hanno agito i ragazzi reggini nel campo di servizio di fine luglio. «Al mattino – continua nel racconto padre Vincenzo – dopo la colazione, dalle 10.30 in poi, si usciva per strada e di “Lotto in Lotto”, con un tocco ai campanelli delle singole famiglie si lanciava l’invito ai bambini di raggiungere il centro per condividere momenti di gioco e di fraternità. Tanti ci seguivano, ma non sempre è stato facile stabilire relazioni amichevoli. Forse, per qualche bambino, i loro interlocutori erano visti come “signorotti” per bene da deridere. Eppure, dopo aver superato il primo impatto, i miracoli dell’amore ci hanno sorpresi».

Giornate intense cadenzate dal servizio, dalla liturgia quotidiana – durante la quale padre Toscano nell’omelia ha offerto spunti sulla vita di don Puglisi a Palermo – dall’animazione e dalla formazione. Questo ultimo aspetto è quello che ha dato la possibilità ai 10 ragazzi reggini di ascoltare alcune testimonianze estremamente incisive. Dal dirigente del Commissariato di Scampia Giovanni Mandato, a Gaetano Di Vaio nato a Scampia e attore del film in “Gomorra”; da padre Pierluigi De Lucia, il gesuita che ha offerto riflessioni sui Salmi, ad Alex Zanotelli, il padre missionario che ha posto al centro della sua vita la lotta tra ricchi e poveri; tutto quanto, un insieme di esperienze da non dimenticare mai nel corso del cammino di crescita. «Il dottor Mandato ha incantato i ragazzi – racconta padre Vincenzo – in particolare quando ha precisato che Scampia è una sorta di quartiere nato a tavolino con un accordo tra politici e capi delle “paranze” (i clan Cutolo e gli Scissionisti). Tra il 2000 e il 2005, infatti, si era deciso di “purificare” il centro di Napoli dal traffico di droga; pertanto, Scampia divenne il quartiere dell’illecito. Oggi, non è più così… Da De Magistris in poi, i nuovi flussi di spaccio si sono spostati verso Caivano» .

I gesuiti perseverano in un’azione pastorale che pone al centro la persona umana, uomini e donne da rispettare e da accogliere. L’ispirazione del progetto “Hurtado” intende sempre integrare sia l’aspetto sociale sia quello culturale sia quello spirituale, nelle varie attività dei gesuiti, compresa l’attività pastorale della Rettoria “Santa Maria della Speranza”. Non si può non menzionare la Cooperativa Sociale “La Roccia”, nata nel 2004 a seguito di un corso di formazione per sarte della Regione Campania, che ha coinvolto un gruppo di ragazze di Scampia interessate all’inserimento lavorativo in questo campo professionale; esso si trova presso il Centro “Hurtado” e si propone di formare al lavoro ragazze e donne del quartiere Scampia. Qualche anno dopo è nato anche il laboratorio di legatoria – sempre legato alla cooperativa “La Roccia”. Nel corso di questi anni i laboratori di sartoria e di cartotecnica della Cooperativa Sociale “La Roccia” sono cresciuti, grazie allo sviluppo professionale e personale delle persone che ne fanno parte. Un riscatto che ridona dignità a tanta gente ferita dalla vita. E proprio i ragazzi di Reggio possono essere testimoni di come l’accoglienza opera cambiamenti straordinari.

Sul volto di un piccolo bambino è nata la speranza, è caduta la diffidenza. «Genny, (Gennaro) il bambino di 11 anni, che saltella giocando come fanno i veri “scugnizzi” napoletani, ad un certo punto si è ferito ad una mano – ricorda padre Toscano – ma, diffidente nei confronti degli “ospiti” venuti dallo Stretto, continua a giocare con il dito sanguinante e non vuole essere aiutato. Un’infermiera, che per caso era a messa, prende atto della situazione e ritiene che la ferita profonda possa degenerare in un’infezione seria. Genny torna a casa la sera: nessun soccorso, nessun ospedale, solo un dolore da sopportare» . «Il giorno successivo – continua padre Vincenzo – quando è stato chiesto a Genny il perché non fosse andato in ospedale, il piccolo ha risposto: “E a chi lo dovevo dire?”. Dopo una pausa di silenzio, l’abbraccio offerto al piccolo ha curato le ferite fisiche e interiori. Genny si è lasciato fasciare, si è lasciato amare; e da quel giorno, tutti i pomeriggi spuntava a messa». Una storia come tante, una storia che ha un volto e un nome, quel nome che i ragazzi del Meg di Reggio non dimenticheranno: Genny, il piccolo “ferito” di Scampia oggi è loro amico. Il progetto dei gesuiti, quindi, non è solo parte attiva della lotta alle mafie. È il tentativo di praticare quella forma di accoglienza che nasce e trova forza da Cristo Crocifisso.

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