Avvenire di Calabria

Iniziamo, con doveroso rispetto, un percorso di "rilettura" dei primi numeri del nostro settimanale

Dagli archivi: «Il tentativo di ‘aggiogare’ il Sud» (1947)

Federico Minniti

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Iniziamo, con doveroso rispetto, un percorso di "rilettura" dei primi numeri del nostro settimanale in occasione del settantesimo anniversario dall'uscita del 16 settembre 1947 che segnò l'avvio dell'iniziativa editoriale fortemente voluta da monsignor Antonio Lanza, all'epoca arcivescovo di Reggio Calabria, e diretta da don Vincenzo Lembo. In effetti non è semplice riuscire a traslare quel caleidoscopio di sensazioni che si percepiscono toccando con mano il nostro archivio. Dalla consistenza della carta ai caratteri in piombo della tipografia "Opera Antoniana" che stampava il settimanale. Ma chi – rispetto ai contenuti - si attende un giornalismo remissivo, forse non conosce la storia dell'informazione diocesana sulle cui motivazioni (oggi come allora), secondo monsignor Lanza - «ogni giustificazione è superflua». «L'Avvenire di Calabria - si legge nell'editoriale di esordio dal titolo "In linea" – non vuole essere una novità e neppure una sorpresa. Per nessuno». Ma perché – per tenere a battesimo un nuovo giornale - si usano queste parole? Siamo nel tempo della Costituente, ma il motivo non va "letto" solo tra le righe di un acceso dibattito politico. Il tema di fondo è fortemente sociale: «A nessun cristiano, degno di questo nome, è lecito, oggi, guardare inerte e impassibile la città di Dio assediata e minacciata, da tutti i lati». Quel nome, L'Avvenire di Calabria, che proietta immediatamente il letto al tempo futuro in realtà vuole soffermarsi sui fatti e sui valori del presente. In quest'ottica, sin dal primo numero, non mancano dei precisi richiami alle coscienze dei lettori. «Si notò immediatamente - affermava l'arcivescovo Lanza - tutto un atteggiamento, prima in sordina e poi manifesto e clamoroso, in cui vennero inalveati i rigurgiti di quell'anticlericlarismo che si pensava e si diceva del tutto sorpassato». Proviamo a proiettare ad oggi queste parole – ricordiamo scritte nel 1947 – e che assumono connotati iper-attuali alla luce odierna: «Un primo spinoso problema alla cui soluzione è necessario tutto l'equilibrio del pensiero e delle parole per rimanere sulla giusta via - sottolineò Lanza – è il problema dei rapporti fra lo spirituale e il temporale. Vi sono alcuni che proclamano, in proposito la piena autonomia: qualsiasi intervento della Chiesa su questo terreno delicato è tacciato di invadenza». Serviva forse un giornale che si fermasse sull'uscio delle notizia senza provare a varcarne il profilo interpretativo? Di opinione nettamente opposta è il fondatore de L'Avvenire di Calabria che seppur tenendo bene in mente «l'amorosa comprensione» della Città di Dio non esula dal commentare “da vicino” quella degli uomini. «Tali distinzioni, se interpretate falsamente, possono portare ad errori fatali sul piano teorico e pratico». Una presa di posizione nettissima, ribadita il 14 febbraio 1948, in un numero che titolava a sei colonne: "I problemi del Mezzogiorno" che auspicava, come enunciato dal "catenaccio", in «principi, direttive e mezzi per una più completa e più pura giustizia sociale». Un numero-manifesto che il direttore Lembo volle fortemente redigere all'indomani dell'Episcopato dell'Italia Meridionale. «Non possiamo, infatti, rimanere indifferenti o inerti – si legge in prima pagina – di fronte alla persistente miseria di alcune classi del popolo, alla precarietà di vita ed instabilità del bracciantato, del reddito estremamente basso all'evidente ingiustizia di talune forme contrattuali, all'insufficienza di alcune strutture economiche». Il tema ridondante è quello delle crisi occupazionale che sta imperversando nel sud del Paese. 1948, Costituzione appena varata, ma l'Italia presenta le stesse rughe di oggi. E sui motivi L'Avvenire di Calabria non ha dubbi: definendo l'azione politica in atto come un «subdolo tentativo di aggiogare (il Mezzogiorno, ndr) al carro delle proprie ideologie». Oggi, al tempo del web, probabilmente l'avremmo definita la "politica dei proclami". Corsi e ricorsi storici. (continua/1)

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