
La Domenica delle Palme apre la Settimana Santa
L’arcivescovo Fortunato Morrone questo giovedì celebrerà i riti della Settimana Santa negli Istituti penitenziari reggini
Anche nella prova suprema, il silenzio del Padre sulla croce, Gesù non manca di affidarsi alla volontà divina
Il racconto dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme è presente nei quattro vangeli con sfumature diverse. Viene narrata l’accoglienza trionfale riservata a Cristo dalla folla osannante che sventola rami di alberi, fronde raccolte nei campi o palme. L’episodio rimanda alla celebrazione ebraica della Festa delle Capanne, in occasione della quale i pellegrini giungevano nella Città santa recando in mano un mazzetto di tre alberi: la palma (simbolo di fede), il mirto (preghiera), il salice (silenzio dinanzi a Dio) e inneggiando alla liberazione dalla schiavitù egiziana.
Nei quarant’anni di permanenza del deserto il popolo aveva vissuto nelle capanne e, secondo la tradizione, il Messia si sarebbe manifestato durante questa festa. Gesù, adempiendo la profezia di Zaccaria, cavalca un’asina, segno di umiltà, la medesima virtù che il popolo sembra manifestare verso di Lui stendendo i mantelli a terra, come se stendesse la propria persona in atteggiamento di prostrazione.
Tutto avviene non solo secondo le antiche profezie, ma anche per come preannunciato dal Maestro ai discepoli, poiché quanto accadrà in tutta la passione di Cristo non è l’esito di circostanze ma la realizzazione di una precisa volontà divina che, per amore, permette che il Figlio si lasci insidiare dal non-amore. La scelta di Gesù sarà invece amare e basta. Amare nella condizione che sembra più inospitale all’amore, la solitudine del dolore.
Da dove ha tratto Cristo tutto l’amore che è riuscito a esprimere nella passione? Ciò che lo ha guidato è stata proprio la consapevolezza che l’immane tragedia che lo stava attraversando era sapientemente disposta da Colui che desiderava in tal modo recuperare a sé i figli dispersi. E Gesù accetta il disegno del Padre, lo fa suo.
La consapevolezza del disegno paterno emerge fin dall’interpretazione che Gesù dà del gesto dell’unzione di Betania, ricollegandolo alla sua sepoltura e profetizzando la sua perpetua memoria. Durante la passione, Cristo non si difende, ma accetta che il suo corpo sia alla mercé di coloro che non hanno ancora compreso che in realtà esso è il luogo della manifestazione massima dell’amore, perché sa che anche da un contatto malevolo col suo corpo può scaturire la vita!
Egli deve trarre forza in sé stesso e nei pochi che comprendono il senso della sua missione, e lì cercare il volto del Padre: la nostalgia del volto di Dio, di cui quello umano è immagine, diventa il principio della ricostruzione di ogni volto umano deturpato.
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Anche nel momento della prova suprema, il silenzio del Padre sulla croce, Gesù non manca di affidarsi alla volontà divina e così non cede alla tentazione di scendere dalla croce e salvare sé stesso. Era a portata di mano la salvezza, ma Egli ha saputo rifiutare una soluzione facile. L’amore spinto fino alla fine diventa così fecondo, come dimostra la professione di fede del centurione. È infatti questo amore disarmato che convince e apre i cuori più lontani dalla logica del dono, aprendoli alla vera speranza che vince la morte.
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È bello pensare a ciascuno di noi, alla Chiesa intera, come “Cristofori” del Regno Non
Domenica prossima alle 10.30, in piazza Sant’Agostino, avrà luogo la benedizione delle palme e degli