Avvenire di Calabria

Nella settimana dedicata alla danza ripercorriamo l'essenza di questa arte capace di coinvolgere non solo il corpo, ma anche la spiritualità

Il ballo, espressione di fede e preghiera

Dal significato letterale della Pasqua ai tanti movimenti del corpo che hanno un significato biblico, così si sviluppa un fecondo dialogo

di Enzo Petrolino e Mariarita Sciarrone

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Ieri, 29 aprile, si è celebrata la Giornata Mondiale della Danza, istituita dall’International Dance Council dell’Unesco nel 1982, per celebrare l’ingegno e l’espressività creativa della danza, un linguaggio universale che supera confini e culture. E c'è anche un legame tra danza e fede che cercheremo di analizzare in maniera più approfondita proprio in questo approfondimento.

Giornata della danza, perché il 29 aprile

La scelta di questa data è un omaggio a Jean-Georges Noverre, nato a Parigi il 29 aprile 1727, considerato il più grande coreografo del suo tempo e il pioniere del balletto moderno.


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Sebbene le sue tracce fossero labili fino al XV secolo, la danza ha preso forma e si è diffusa in forme sempre nuove nei secoli successivi, fino ai giorni nostri. Oggi la danza è considerata un’arte che unisce bellezza, armonia, eleganza e disciplina, manifestando la perfetta sintonia tra corpo, mente e musica.

Il rapporto fede e danza

Come dicevamo, in questo approfondimento andremo ad approfondire il rapporto danza - spiritualità. Quale sia la relazione tra questa arte e la fede, cercheremo di capirlo insieme ad Enzo Petrolino e attraverso le testimonianze di chi opera nel settore, nel tentativo di trasmettere qualcosa che va oltre il semplice movimento fisico: Agata Scopelliti, istruttrice di Danza Movimento Terapia e Noemi Verduci, docente di ballo.

Danza e liturgia, tanti punti comuni

contributo a cura di Enzo Petrolino

Anche se la danza ha molto a che fare con il mondo del sacro, ufficialmente non è ancora ammessa nella liturgia. Essa ci rivela che il sacro non è scindibile dal profano, che lo spirito non può essere disincarnato, e attraverso di essa l’umano si scopre non diviso, ma interamente presente in bellezza e armonia. Sicuramente la danza è l’espressione più piena della preghiera e della gestualità e nello stesso tempo conoscenza, arte e religiosità.


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Ovviamente diversa rispetto alla danza come spettacolo e alla danza sacra è la cosiddetta “danza liturgica”, che, come dice il nome, viene pensata e danzata appositamente per la liturgia. Con l’aggettivo “liturgica” si intende designare, restringendo il campo assai vasto e composito della danza cosiddetta “sacra” o “meditativa” o anche “danzapreghiera”, alla sola esperienza delle danze adatte al rito cristiano della Chiesa cattolica, si tratti di celebrazione eucaristica o della Liturgia delle Ore. Va compreso, che non si tratta di fare spettacolo durante la liturgia, quasi un modesto e gradevole intervallo.

Si tratta invece di far nascere l’atto danzato dall’interno stesso dell’azione rituale, in maniera chiaramente individuata e ben studiata, quindi consono a quello che il singolo rito sta compiendo. Solo così la danza ha un suo legittimo spazio nella celebrazione, ed è in grado di offrire quel “di più” che le è proprio, e che non viene dato dai consueti gesti e movimenti. Ma si può anche affermare che l’atto danzato è quasi un prolungamento dei gesti e movimenti già presenti nel celebrare.

Se dunque finora un vero approfondimento sul tema della danza nelle celebrazioni della Chiesa non è mai stato fatto a livello istituzionale, non è detto che il futuro non ci riservi qualche sorpresa. La danza liturgica essendo l’espressione dell’entusiasmo nel canto e nell’adorazione rimane, quindi, una parte significativa ed essenziale della storia cristiana e dell’espressione del culto cristiano.

Liturgia, quei movimenti del corpo che hanno un significato biblico

Ci sono specifici movimenti del corpo nella liturgia che hanno un significato biblico. Questi movimenti, per esempio, includono inchinarsi per mostrare rispetto, alzare le mani che significano affidarsi, girare che indica cambiamento o trasformazione, e saltare che simboleggia gioia e celebrazione. Per gli ebrei, la danza liturgica, che appare per la prima volta in Esodo è stata quando gli israeliti stavano attraversando il Mar Rosso.

Miriam, che era una profetessa e sorella di Mosè, che guidava l’israelita, radunò le donne per cantare e ballare in adorazione dopo aver attraversato il Mar Rosso. Inoltre, quando il re Davide riportò l’Arca dell’Alleanza, l’israelita ballò mentre celebravano le grandi azioni di Dio. Nella cena pasquale ebraica si danzava. Gesù ha partecipato a quella cena, ed è molto probabile che abbia danzato mentre si cantavano i salmi.

La relazione tra la danza e la Pasqua

Ricordiamo che il termine “Pasqua” proviene da pasja (trascrizione greca e latina della parola ebraica pesah), che a sua volta rimanda al verbo pasah, che significa “passare”, “saltare”. Da ciò deriva il significato di “festa” (danza) e “passo”, per questo in questo tipo di celebrazioni era comune ballare.


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Bisogna, dunque, imparare a guardare la liturgia attraverso il ritmo, il movimento, lo scambio, le interazioni, le relazioni, la mobilità dei simboli, la trasformazione delle singole identità, in una comunione di diversità che si espande verso la vita eterna. Per questo tra i mistici troviamo momenti di danza come espressione della pienezza dell’amore per Dio e della gioia di stare alla sua presenza.

Se il movimento è terapia, l’esperienza calabrese

Può la danza diventare una cura? La risposta è affermativa: esiste, infatti, un vero e proprio percorso terapeutico che è possibile intraprendere grazie alla Danza Movimento Terapia (Dmt). Per capirne di più abbiamo intervistato Agata Scopelliti, istruttrice Dmt che opera a Reggio Calabria.

Puoi spiegare brevemente cosa è la danzaterapia e come funziona?

La Dmt è una delle artiterapie che può essere impiegata come risorsa complementare e terapia integrata a quelle tradizionali utilizzando il linguaggio dell’arte e del corpo per facilitare alcuni processi emotivi, relazionali e corporei. Disciplina di matrice artistica e sociale, nasce intorno agli anni ’40 del secolo scorso dall’incontro tra la danza contemporanea e la psicoanalisi all’interno degli ospedali psichiatrici americani e francesi, per poi diffondersi nel resto del mondo. La Dmt è una disciplina orientata a promuovere l’integrazione fisica, emotiva, cognitiva e relazionale, la maturità affettiva e psico-sociale e la qualità della vita della persona, mediante il linguaggio del movimento corporeo e della danza e il processo creativo, all’interno di processi interpersonali.


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Non si tratta di una danza specifica men che mai strutturata ma, al contrario, come Marian Chace pioniera della danza terapia scriveva, si basa sulla spontanea risposta motoria allo stimolo ritmico musicale. Ciò che accomuna i diversi modelli è in primo luogo la centralità del corpo in movimento come veicolo per la costruzione della relazione e del processo creativo riconosciuto come elemento di trasformazione e di cura, la modalità non verbale e una migliore integrazione tra corpo /mente come fonte primaria di conoscenza. Il corpo della danzaterapia è un corpo vivente, attivo protagonista di eventi e di un gioco comunicativo.

Quali sono i principali benefici della danzaterapia per i partecipanti?

La DMT ci permette innanzitutto di esprimerci liberamente in un contesto protetto e in assenza di giudizio, dove non c’è giusto o sbagliato, ma ognuno entra nell’esperienza a proprio modo e con i propri tempi. È un’attività che ci permette di risvegliare, attraverso i corpi in movimento, il piacere personale in relazione con l’altro in uno spazio di cura e di benessere psicofisico.

Hai un aneddoto particolare o una storia di cambiamento che puoi condividere?

I primi cambiamenti visibili alla fine di un setting sono le espressioni del volto e lo stare nel corpo che esprimono rilassamento e benessere, spesso elementi di restituzioni anche verbali. La danzaterapia ci permette di lavorare su obiettivi specifici e sono molteplici i cambiamenti che ho potuto osservare all’interno dei gruppi da me vissuti e/o condotti, quelli che mi vengono in mente perché più recenti sono due gruppi di adulti psichiatrici dove ogni partecipante, ognuno con i propri tempi e peculiarità, ha raggiunto un livello maggiore di consapevolezza e percezione del proprio corpo, e il piacere attraverso la danza, o ancora una persona adulta affetta da morbo di Parkinson che dopo pochi incontri mi esprime la sua gratitudine con queste parole: «Agata, grazie a te sto sperimentando dei movimenti nuovi e mettendo in azione delle parti del corpo che neanche pensavo di avere».

Parla l’istruttrice Noemi Verduci «Insegniamo perseveranza e pazienza, cercando di contribuire a sviluppare abilità cognitive ed emotive»

intervista a cura di Mariarita Sciarrone

Allenare alla pazienza e alla perseveranza, attraverso l’insegnamento della danza. È uno dei motti di Noemi Verduci che nel 2009 ha fondato la scuola di danza Dance in Park. Uno sport che ad oggi è più appannaggio delle donne – racconta Noemi – non per mancanza d’interesse da parte dei bambini, ma perché si teme il confronto con altri bambini a scuola che tendono a prediligere sport come il basket e il calcio. La danza però resta davvero uno sport per tutti e tutte. Con Noemi Verduci abbiamo voluto approfondire l’aspetto educativo della danza.

C’è un metodo di insegnamento che predilige come istruttrice?

Insegniamo dai 3 anni fino all’età adulta, l’approccio varia quindi in base all’età. Con le più piccoline il gioco è il metodo più utilizzato, con le fasce più grandi utilizzo il metodo della responsabilità: ognuno di loro deve essere responsabile del proprio percorso di crescita e deve sapere che in base al proprio grado di impegno, di concentrazione, potrà ottenere dei risultati più o meno importanti.

Quali sono gli aspetti che considera più importanti nell’insegnare la danza?

Non posso fare una classifica, però penso che l’aspetto più importante oggi sia insegnare ai ragazzi sì la tecnica, l’amore, la passione, ma soprattutto la perseveranza e la pazienza. Viviamo nell’era del tutto e subito. Cerco di mettermi nei loro panni, di capire quanto è cambiato un ragazzino rispetto alla me di quando ero ragazzina ed ero allieva e mi rendo conto che loro non conoscono la noia: vogliono una puntata di una serie televisiva e hanno disponibile tutta la serie. Noi dovevamo aspettare il giorno della settimana in cui veniva trasmessa e se non riuscivamo a vederla, toccava attendere la replica. Quello era già un allenamento alla pazienza. Cerco di educarli a questo, spiegando loro che l’esercizio per farlo bene e ottenere risultati, dovranno sbatterci la testa tante volte e lavorarci ogni giorno con costanza.

In che modo la danza ha un ruolo educativo?

In una sala di danza non si impara solo la tecnica, il rispetto verso gli altri, il rispetto verso la maestra, ma anche il rispetto verso se stessi. Quando avvii un percorso di danza, impari a stare in fila, a rispettare il tuo turno, ad aspettare la pausa per bere l’acqua, ad avere dei posti stabiliti nello spazio e sapere che quello è il tuo posto e non devi sconfinare nel posto degli altri. Non siamo lì solo per sviluppare le loro abilità fisiche, ma anche la loro abilità cognitiva, emotiva e per educarli al rispetto delle regole della società.

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