Avvenire di Calabria

Il cosiddetto "Decreto Caivano" prevede un inasprimento delle pene per i reati commessi dai minori

Bambini o criminali? Il Governo lancia il “modello” Caivano: pene severe per i minori che delinquono

Da Maria Franco ad Antonio Marziale, al cardinale Zuppi, commenti e riflessioni sul provvedimento che ha ottenuto il via libera dal Consiglio dei ministri

di Redazione Web

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Il Governo ha deciso di andare avanti sulla propria strada, inasprendo le pene per i minorenni che commettono reato. Questa la prima risposta ai terribili fatti di Caivano, "spunto" purtroppo drammatico per varare le più complesse «misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile», estese all'intero territorio nazionale.

Decreto Caivano e criminalità minorile, l'intervento del Governo

Non solo il territorio di Caivano per il quale il Governo guidato da Giorgia Meloni ha previsto interventi e investimenti straordinari, il Consiglio dei ministri ha deciso di farne un "modello" di riscatto replicabile anche in altre situazioni di grave degrado.

Criminalità minorile, cosa prevedono le misure volute dal Governo

Il provvedimento per il quale bisognerà attendere la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale per avere elementi assolutamente certi sulle norme introdotte è alquanto articolato.


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Tra gli elementi in evidenza la previsione anche del carcere per i genitori inadempienti rispetto all'obbligo scolastico dei figli. Aumentano le possibilità per applicare la custodia cautelare tra i 14 e i 18 anni, con l’abbassamento da 9 anni a 6 dei limiti di pena che consentono questa misura e con l’arresto in flagranza anche per spaccio di droga di lieve entità e per altre fattispecie ora non previste.

Previsti percorsi di rieducazione, contemplando anche l’impegno gratuito in lavori socialmente utili.

Daspo "urbano" a 14 anni

Si allarga notevolmente l’ambito di applicazione dei provvedimenti di allontanamento (i cosiddetti "daspo"), sia per quanto riguarda gli ambiti che i reati implicati e con l’estensione fino ai 14 anni per il cosiddetto “Daspo urbano”.

Ammonimento del questore anche per i 12enni

Viene valorizzato l’istituto dell’ammonimento da parte del questore, che consente di convocare con il minore anche uno dei genitori, e questo vale anche per i minori compresi nella fascia 12-14 anni. Per i minori dai 14 anni in su, raggiunti da avviso orale da parte del questore e condannati anche in via non definitiva per una serie di reati gravi, può essere disposto il divieto di possesso e utilizzo dei cellulari e di piattaforme online.

Chi è vittima di un reato consumato su internet può chiedere l’oscuramento o la rimozione dei propri dati e può rivolgersi al Garante della privacy se chi deve provvedere non lo fa tempestivamente. In un’ottica di contrasto alla fruizione del porno su internet da parte di minori si potenziano la presenza e la riconoscibilità del parental control su tutti gli strumenti, con un accompagnamento di formazione e informazione per i genitori.

Per quanto riguarda mondo della scuola, il decreto opera nell’ambito del piano Agenda Sud che coinvolge oltre duemila istituti nel Mezzogiorno e si pone tra l’altro l’obiettivo di estendere il tempo-scuola e il tempo pieno.

Minori a rischio e le sfide da vincere: le riflessioni

Sul Decreto Caivano non mancano reazioni, commenti e riflessioni, come quelli rilasciati ad "Avvenire di Calabria" da Maria Franco, educatrice e docente che ha speso una vita intera ad insegnare ai ragazzi "difficili" del Carcere minorile di Nisida a Napoli non solo le materie di scuola, ma cosa significhi "stare al mondo"; o, ancora Antonio Marziale, sociologo e Garante dell'Infanzia e dell'Adolescenza della Calabria.

Maria Franco (ex insegnante del Carcere minorile di Nisida): «La vera sicurezza è quando i bambini possono crescere da bambini»

È triste dover ancora una volta ripetere concetti che dovrebbero essere opinione, e soprattutto, azione comune. I bambini/ragazzi dovrebbero crescere con il sostegno di una comunità educante (scuola, servizi sociali, ludoteche, mediateche, centri sportivi ecc. ecc.) che li avviino alle grandi e felici passioni della vita, ovvero al gusto della conoscenza, della bellezza, della buona relazionalità.

Per questo occorrono grandi investimenti sul territorio, molti insegnanti e molti educatori a vario titolo che interagiscano fra di loro, facendo rete. Non si tratta di non tener conto dei problemi della sicurezza. È chiaro che in un qualsiasi territorio ci debbano essere carabinieri, vigili, forze dell'ordine, ma la sicurezza vera si ottiene quando i bambini possano crescere da bambini, diventando via via ragazzi capaci di scelte non condizionate dai disvalori così diffusi nella nostra società.

Ho conosciuto, nei tanti anni a Nisida, troppi ragazzi che molto difficilmente, per condizioni familiari e sociali, avrebbero potuto non finire nel carcere minorile e ne ho visti tanti iniziare un faticoso ed entusiasmante processo di(auto)rieducazione quando, in carcere appunto, sono state offerte loro opportunità di mettersi in gioco positivamente attraverso le varie attività formative.

Maria Franco - educatrice e insegnante del Carcere Minorile di Nisida (Napoli)

Marziale (Garante infanzia Calabria): «Bene la stretta, famiglie e scuole sempre più in affanno»

Inutile girarci intorno, famiglia e scuola sono in affanno e, detto con molta chiarezza, hanno fallito. Non riescono a far fronte da sole alla deriva che assume le denominazioni di "devianza" o "emergenza educativa" e sempre più spesso è criminalità.

Laddove non riescono le agenzie preposte alla primaria socializzazione, deve intervenire lo Stato e così è avvenuto. Da tempo, per decenni ho invocato soluzioni restrittive, ossia provvedimenti che sanzionino e così è accaduto.

La prevenzione non ha funzionato, perché troppe famiglie sono impegnate a fare dei genitori i "migliori amici dei figli", troppe mamme giocano a fare le bambine - si guardi ai profili social - e troppi docenti occupano il ruolo per aver vinto un concorso con i quiz a crocetta, quando la selezione dovrebbe essere estremamente più accurata, più approfondita.

Non hanno esempi e troppi esempi sono nefasti, con genitori che sui social offendono gli interlocutori e dai ragazzi cosa ci si aspetta se non l'emulazione? Mi dico favorevolissimo alla stretta, soprattutto sul piano delle sanzioni ai genitori che non sorvegliano sulla frequentazione della scuola da parte dei figli. Era ora!

Antonio Marziale, docente universitario di sociologia - Garante per l'infanzia e l'adolescenza della Regione Calabria

Decreto Caivano, Massimiliano Padula: «Investire in un’azione preventiva ed educativa globale»

Una prima riflessione intorno al decreto legge “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile” approvato ieri dal Consiglio dei ministri, rimanda alle ricerche condotte dalla Scuola di Chicago nei primi decenni del Novecento. Il famoso gruppo di ricercatori sociali americani indagò il fenomeno delle baby gang dimostrando che fattori come la territorialità, la violenza, la marginalità, la mascolinità egemonica, favorissero nei giovani coinvolti la propensione a delinquere.

A distanza di un secolo, i contesti di degrado continuano ad esserci e i motivi sono sostanzialmente gli stessi. Tra questi il parco verde di Caivano, luogo ferito, abusato e caratterizzato – per usare le parole del suo parroco don Patriciello – da “un clima di morte e di deserto”.

Quali urgenze?

Il provvedimento governativo comprende inasprimenti di pena, nuove sanzioni e interventi come un commissario straordinario, la costruzione di luoghi di aggregazione, la maggiore presenza di forze dell’ordine o l’assunzione di altri docenti nelle scuole di frontiera. A cui si aggiungono il sequestro del telefono cellulare o l’ampliamento tecnologico del parental control su tutti i device per evitare che i bambini e gli adolescenti possano visionare contenuti violenti e pornografici.

Si tratta di scelte che riflettono soprattutto il primo aggettivo che qualifica il titolo del decreto: urgente. Le decisioni prese nell’immediatezza a seguito di un crimini circoscritti (come il duplice stupro di Caivano) rischiano di avere effetti delimitati e, alla lunga, controproducenti. Il primo limite (e forse il più importante) riguarda la considerazione che questo decreto ha della genitorialità, a cui attribuisce (pena sanzioni pecuniarie o il carcere) la responsabilità di assicurarsi che i propri figli vadano a scuola, non delinquano e non violino i limiti tecnici presumibilmente impostati nello smartphone dei propri figli.

Inasprire la pena è la migliore soluzione?

Siamo sicuri che un norma coercitiva coincida con un’assunzione di responsabilità genitoriale in territori già sfibrati e inclini alla devianza? Una legge, seppur concepita con le migliori intenzioni, rischia di trasformarsi nell’ennesimo circolo vizioso burocratico, dove alla prescrizione giuridica seguono in successione: la sua trasgressione, il reato, l’indignazione pubblica, l’interesse mediatico e, infine l’intervento istituzionale attraverso la giurisprudenza. Perché – la storia insegna – i limiti sono fatti per essere superati.

Soprattutto in contesti in cui l’illegalità non è soltanto una questione strutturale, ma soprattutto culturale. E la cultura – scriveva Pierre Bourdieu – è un insieme di habitus, cioè di disposizioni prodotte dell’interiorizzazione di modelli di comportamento e di pensiero socialmente costruiti. È come se ognuno di noi nascesse nudo (di idee, di scelte, di giudizi) e poi venisse man mano “vestito” culturalmente da coloro che hanno responsabilità educativa: i genitori, la scuola, la parrocchia, la politica, lo sport, i media. È da questi agenti che dipenderanno le condizioni del nostro abito sociale. Su di loro, dunque, bisognerebbe investire con un’azione preventiva ed educativa globale.

La vera emergenza non sono solo quei giovanissimi che, loro malgrado, si ritrovano sporchi di illegalità, ma la cultura inquinata che respirano. Anche perché, difronte a ogni realtà drammatica, qualunque misura legislativa risulterà insufficiente se non accompagnata da un nuovo modello culturale che consideri l’educazione - lo spiega Papa Francesco (nel videomessaggio ai partecipanti al Global Compact on Education) - “una delle vie più efficaci per umanizzare il mondo e la storia”. Anche quella di Caivano.

Massimiliano Padula - sociologo e docente Istituto pastorale “Redemptor Hominis”
Pontificia Università Lateranense

Minori a rischio, Zuppi (Cei): «La vera sfida è educativa»

Per il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Matteo Zuppi è, innanzitutto, necessario «ripartire dalla sfida educativa con interventi concreti».

Il tema, afferma, «deve tenere sempre conto del contesto più ampio e della sfida educativa, di quel patto che sta venendo meno tra le diverse agenzie educative. Occorre ripartire da lì».


PER APPROFONDIRE: Minori a rischio, dal disagio al riscatto grazie alla formazione


Per il presidente della Cei, «l'inasprimento delle pene può essere un deterrente per affrontare una situazione che ha caratteristiche nuove, ma occorre investire ad esempio sulle carceri minorili, aiutare il reinserimento dei minori che lasciano gli istituti di pena, lavorando sulla giustizia riparativa, garantendo i mezzi e la continuità perché possa svolgere il suo ruolo».

Insomma, «non si può solo intervenire dopo», bisogna invece «fare tesoro anche dei fallimenti, dei ritardi, delle omissioni che favoriscono la crescita di disagi giovanili. Confondere l’attività della magistratura minorile e di quanti si occupano di minori con buonismo è sbagliato!».

«Su Caivano, così come su quelle che vengono considerate periferie, tutti sappiamo qual è la situazione: è necessario - ancora Zuppi - lavorare quotidianamente, tutti insieme, sull’ordinario. Esperienze come quelle dei doposcuola sono importantissime perché ritessono comunità e relazioni».

Acli: «Abbassare l'età imputabile sposta le responsabilità degli adulti sui ragazzi»

Per le Acli «inasprire pene sui minori non serve a nulla, bisogna lavorare sulla rieducazione». Se è vero che «la criminalità minorile è un problema, quello che bisogna fare per risolverlo è prevenirlo».

Acli
Acli

«La pena deve avere uno scopo rieducativo, soprattutto nel caso di minori – ha dichiarato il Presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia, in riferimento al decreto su Caivano -. Abbassare l’età imputabile sposta la responsabilità di noi adulti sui ragazzi, magari nati in contesti in cui l’illegalità è molto diffusa».

«A 12, 13 anni sappiamo bene che tanto ancora si può fare per aiutare questi bambini e le loro famiglie. Gli autori di reati, specie se minorenni - ancora Manfredonia - devono essere aiutati a comprendere la gravità del fatto compiuto, per diminuire le recidive: in questo la giustizia riparativa è un valido strumento».

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