Avvenire di Calabria

Parlano Giovanna Russo e le sue collaboratrici. Spiegano come sia «una missione a titolo gratuito che coinvolge totalmente le sfere professionali e umane»

Detenuti, la Garante di Reggio Calabria: «Lavoro senza sosta»

Ma che tempi stiamo vivendo? Il coronavirus ne ha arginato l’operatività, ma sono in cantiere tantissime iniziative per riattivare i processi di reinserimento sociale

di Federico Minniti

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Detenuti, la Garante di Reggio Calabria: «Lavoro senza sosta». È una missione a titolo gratuito che coinvolge totalmente le sfere professionali e umane. Impossibile vivere con distacco le sofferenze. Il coronavirus ne ha arginato l’operatività, ma sono in cantiere tantissime iniziative per riattivare i processi di reinserimento sociale.

Detenuti, parla la Garante di Reggio Calabria

«Il Garante non ha orari e svolge le sue funzioni in maniera totalmente gratuita. Non è volontariato: è una missione». Parola di Giovanna Russo, da un anno e mezzo Garante per i diritti dei detenuti del Comune di Reggio Calabria. Quando ci accoglie nel salotto rosso di Palazzo San Giorgio, quello dedicato alle interviste istituzionali, è subito interrotta da una telefonata. C’è da affrontare un caso urgente che riguarda un detenuto, si defila. Nel frattempo nella stanza arrivano Maria Antonia Belgio e Teresa Ciccone, avvocatesse reggine che fanno parte dell’Ufficio del Garante comunale per i diritti dei detenuti.


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Un’esperienza iniziata cinque anni fa (anche se per la Ciccone c’è stato uno stop temporaneo per altri impegni) che ha superato anche la prova del coronavirus. «Se Reggio si è salvata dal contare vittime dentro le carceri, il merito è del grande lavoro di squadra fatto», spiega Maria Antonia Belgio. Un lavoro che è costato sacrificio, soprattutto ai detenuti, in virtù della sospensione dei colloqui con le famiglie e di tutte le attività interne ed esterne che prevedevano il contatto con soggetti terzi all’istituzione carceraria.

Torna Giovanna Russo, «come le dicevo il Garante non ha orari, deve essere pronto a scattare laddove c’è da difendere un diritto, quello della persona detenuta». «Oggi parliamo di un umanesimo giuridico alla prova: ecco, ce la dobbiamo giocare tutta. Ma chi? Noi che stiamo fuori per tutelare chi vive “dentro”, spesso, tra sofferenze inimmaginabili», prosegue la Garante Russo.

A darle manforte sono le parole delle sue collaboratrici: «Preferirei dividere le risposte al 33% ci dice scherzando - perché ciascuna di noi è fondamentale per il corretto funzionamento dell’Ufficio». Si tratta di un impegno “pratico” che, però, coinvolge - e non poco - la sfera emotiva di queste professioniste prestate al Bene comune.


PER APPROFONDIRE: La voce del Cappellano di Reggio Calabria: «Non escludere i detenuti dalla Chiesa»


L'indifferenza della gente

«Conoscevo per aver studiato il mondo carcerario, ma viverlo è un’esperienza completamente diversa. È mondo parallelo totalmente ignorato dalla società», sottolinea Maria Antonia Belgio che, per rendere l’idea, fa un esempio concreto: «Quante volte percorrendo le arterie stradali che conducono al centro passiamo davanti al carcere di San Pietro, a Reggio Calabria, e non gettiamo mai lo sguardo.

Oltre quelle sbarre ci sono vite umane che trascorrono la loro quotidianità, dimenticate da tutti». Non si possono garantire i diritti dei detenuti, senza far crescere una sensibilità diversa nella collettività. Troppo spesso il carcere è considerato come una “discarica sociale” dove è tutto irrecuperabile. A questo giudizio tranchant non ci stanno le donne dell’Ufficio del Garante comunale.

I problemi strutturali

«Non posso dire che lo stato di salute di tutto il sistema penitenziario sia “rose e fiori” - spiega Russo perché ci sono problemi a livello sanitario, un fatto più e più volte denunciato; ci sono problemi rispetto alla gestione del diritto al lavoro e all’affettività. Siamo consapevoli che non sono situazioni risolvibili nell’immediato, ma faremo tutto il possibile per tutelare i diritti dei detenuti» chiosa la Garante comunale.

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