Avvenire di Calabria

L'ultimo drammatico incidente provocato da una frana a Reggio Calabria riaccende i riflettori su uno dei problemi atavici della regione

Dissesto idrogeologico, in Calabria piaga ancora irrisolta

Parla il presidente dell'Ordine regionale dei Geologi, Iovine: «Mancano presidi territoriali e una cura attenta del territorio»

di Redazione Web

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Il dissesto idrogeologico in Calabria rappresenta una problematica di notevole importanza. La densità della popolazione presente su aree a rischio idrogeologico, l’abusivismo edilizio, l’abbandono dei terreni montani, gli incendi e la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua aggravano il dissesto e mettono ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio calabrese, aumentando l’esposizione ai fenomeni e quindi il rischio stesso.

Calabria, tra dissesto idrogeologico e «drammi annunciati»

La tragica morte del 56enne Antonio Genovese a Reggio Calabria causata da una frana, riaccende i riflettori su uno dei principali problemi della regione: il dissesto idrogeologico. L'uomo si trovava a bordo della sua auto lungo la strada provinciale che collega la frazione collinare di Terreti con Gambarie d'Aspromonte quando improvvisamente, a causa di uno smottamento, provocato dalle forti piogge che si sono abbattute nella zona, è stato trascinato fuori strada.

Un dramma impensabile, considerati anche i tempi di scarse precipitazioni. Ma è forse proprio in questo periodo che bisogna non abbassare la guardia, almeno guardando a quanto può accadere alle prime piogge. Ne parla il presidente dell'Ordine dei geologi della Calabria Giulio Iovine, proprio alla luce di quanto accaduto.


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«Evidentemente - afferma - il territorio è in condizioni piuttosto critiche per rispondere, così violentemente, alle sollecitazioni esterne, com’è il caso delle piogge. Nelle ultime 24 ore, alla stazione pluviometrica dell’ARPACal di Arasì sono stati registrati circa 100 mm di pioggia. Ma, solo alle 8 di mattina del 25 febbraio sono stati superati (di poco) i 10 mm/h. Forse, bisogna allargare lo sguardo per comprendere a fondo questa ennesima tragedia».

Un territorio abbandonato a sé stesso

«Le aree più interne del territorio sono state abbandonate a sé stesse, dopo essere state sfruttate per decenni. Il disastro dell'1 ottobre 2009 nel Messinese testimoniò, in numerosi casi, frane innescate proprio per cattiva regimazione delle acque lungo la viabilità e i tagli sui versanti, per non parlare dei collassi dei muretti a secco», afferma ancora Iovine.


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Non è la prima volta che viene lanciato l'allarme. Il territorio, ogni estate, continua ad «essere violentato con il fuoco, per scopi poco nobili e abbiamo costruito un po’ dovunque, in maniera disordinata, dimenticando di manutenere le infrastrutture (strade, acquedotti, fognature)». In zone montuose, caratterizzate da versanti ripidi e coperture detritiche con caratteristiche tecniche non eccezionali, le condizioni di equilibrio sono spesso precarie e, a detta del presidente dell'Ordine dei geologi calabresi, «basta poco per destabilizzare le coltri. In tali aree, la mobilizzazione improvvisa di spessori anche modesti di copertura detritica si può tradurre in flussi rapidi, capaci di propagarsi anche lontano dalle zone di origine, distruggendo ogni cosa e mietendo vittime».

Cosa manca?

Purtroppo, afferma il presidente Iovine, «registriamo una totale assenza di presidi territoriali, che si abbina alla scarsa (è un eufemismo) programmazione per la mitigazione del rischio. Occorrono mappe di suscettibilità (e rischio) aggiornate ed estese a tutto il territorio regionale».


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In Calabria, evidenzia Su questo, siamo ancora fermi al PAI (Piano Assetto Idrogeologico) 2001 (realizzato soltanto nelle immediate vicinanze dei centri abitati), in attesa dell’agognato aggiornamento.

Il monitoraggio delle precipitazioni - come evidenzia Iovine - è ancora basato, essenzialmente, sulla rete dei pluviometri, mentre dovremmo sfruttare maggiormente le innovazioni tecnologiche (satellitari, radar, ecc.). Per non parlare del monitoraggio delle falde idriche sotterranee, o dei deflussi lungo i corsi d’acqua.

Basta programmazione a disastro avvenuto, è tempo di cambiare rotta

«Le riforme degli ultimi decenni non hanno certamente aiutato l’organizzazione di una gestione efficiente del territorio - conclude Iovine -. Gli enti locali sono stati de-potenziati e de-finanziati, tanto che è difficile perfino trovare i fondi per la manutenzione ordinaria. E non sappiamo ancora l’effetto che produrranno le ultime novità, in tema di decentramento delle competenze».


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Gli interventi di sistemazione si programmano, ormai, soltanto a disastro avvenuto. «La rete stradale versa in condizioni di forte precarietà, con tratti in condizioni prossime al collasso. Non abbiamo notizie migliori per quanto riguarda le reti acquedottistiche e le fognature. Ma, non è nemmeno possibile intervenire preventivamente, per mancanza di fondi e si fa sempre più ricorso all’emergenza e agli eventi eccezionali per veicolare fondi».

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