Avvenire di Calabria

Pubblichiamo la testimonianza vocazionale del giovane sacerdote, ordinato presbitero sabato primo ottobre nella Cattedrale di Reggio Calabria

Don Michele Tambellini: «Custodia e tenerezza, ecco il mio percorso»

Le sue parole: «Il mio cammino vocazionale benedetto dal Signore che ha parlato al mio cuore»

di Michele Tambellini

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Pubblichiamo di seguito la testimonianza vocazionale di don Michele Tambellini, ordinato presbitero sabato 1 ottobre nella Cattedrale di Reggio Calabria. Don Michele Tambellini è stato ordinato sacerdote insieme ad altri due compagni del Seminario arcivescovile Pio XI: don Vincenzo Attisano e a don Giovanni Zappalà.

La testimonianza di don Michele Tambellini

Parlare della mia vocazione non è semplice anche perché il mio cammino vocazionale è stato lungo, a tratti “impervio” ma benedetto da tanti avvenimenti attraverso i quali, il Signore, ha parlato al mio cuore. Ho sempre pensato fin dai primi anni di seminario che la testimonianza vocazionale più bella è quella che passa attraverso la vita: le parole pur belle che possano essere sono e rimangono limitate.


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Nelle ordinazioni vissute fino allo scorso mese di giugno, alle quali ho partecipato come seminarista guardavo gli ordinandi e riflettevo: “chissà quali pensieri staranno attraversando il loro cuore”. Sabato scorso ho guardato a me stesso, e mentre in sacrestia i sacerdoti vestivano i paramenti, in chiesa l’assemblea si stava radunando, cercavo di entrare in me stesso benedicendo il cammino fatto fino a quel momento. Il sogno di Dio si stava realizzando. Riaffiorano alla mente le parole di don Primo Mazzolari: «Si cerca per la Chiesa un uomo capace di vivere insieme agli altri di lavorare insieme di piangere insieme di ridere insieme di amare insieme di sognare insieme».

La processione d’ingresso inizia ad avanzare, davanti a me ho la Madre della Consolazione, guardandola penso a due parole “scritte” nella vita di Maria: custodia e tenerezza. Quanta custodia e tenerezza nei momenti più difficili della formazione. Da Lei mi sono sentito custodito e accompagnato verso il compimento del cammino formativo in seminario, con Lei ho custodito il sussurro della voce del Signore che diversi anni fa mi ha invitato a seguirlo e insieme a Lei ho ripetuto, forse con qualche balbettio il grande “Eccomi”.

Nel tempo del Seminario Dio si è preso cura di me come il vignaiolo si prende cura delle sue viti, affinché al tempo della vendemmia l’uva sia buona e da quell’uva il vino diventi squisito. Il prendersi cura di Dio si è manifestato attraverso gli educatori del seminario con i quali tante volte ho sperimentato la sua azione di Padre. È lui che fin dal grembo di mia madre conosce tutto di me e scrive tutto nel libro della vita (cfr. Sal 139). Il mistero della formazione in seminario è proprio questo: essere uomini dal cuore libero che “aiutano” Dio a coltivare le Sue viti “collaborando” con Lui alla loro maturazione. L’ordinazione non è altro che il primo frutto. Iniziano le litanie dei santi, mi prostro a terra “circondato” da tanti uomini e donne (Santi) che dal cielo pregano per me, sento dentro una grande sensazione di piccolezza: un piccolo uomo nelle mani di Dio.

Un «Sì» non personale ma che appartiene a tutti

Altro grande momento è stato il gesto dell’imposizione delle mani. Tutti i concelebranti sono passati imponendo le mani sulla mia testa. Percepivo quando di più quando di meno la “pesantezza” di alcune mani, la vita di quei confratelli, in primis quella del Vescovo si incontrava con la mia: è la carezza di Dio. Infine l’abbraccio di pace. È in quell’abbraccio che ho riscoperto che il mio “sì” personale non è solo, ma si è iscritto “dentro” una Chiesa, un mondo, una comunità, un presbiterio che respira a pieni polmoni. Guardare gli sguardi dei confratelli in quel momento è stato sentire la spinta dell’amore più grande, quello che Dio ha per noi.


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È giunto il tempo in cui la volontà di Dio trova il suo compimento, ora è il tempo in cui il ministero deve essere vissuto fedelmente affinché porti frutto e profumo di vita per la vita. Nostra e dei fratelli. E ancora con don Primo Mazzolari: «Si cerca per la Chiesa un uomo che abbia nostalgia di Dio, che abbia nostalgia della Chiesa, nostalgia della gente, un uomo che parli con la sua vita. Si cerca per la Chiesa un uomo». Ancora una volta, sussurrando dico: «Eccomi».

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