Don Nuccio: «Ho sofferto, perdono i miei accusatori»
Don Nuccio: «Giustizialismo killer»
Federico Minniti
26 Gennaio 2017
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«Un avviso di garanzia non è una sentenza». Sono undici anni che don Nuccio Cannizzaro vive la condizione di “pre– condannato”. Eppure è stato due volte dichiarato innocente. Il parroco di Condera «non ha mai intrecciato relazioni con il presunto boss del quartiere, Santo Crucitti». Non aveva già dubbi, il gup del processo “Pietrastorta”, Santo Melidona, il primo chiamato a giudicare la condotta di don Nuccio. Poi il procedimento “Raccordo–Sistema” e il secondo avviso di garanzia. «Da quel momento non ho più parlato», dice don Nuccio. C’è un motivo intimo nella scelta del sacerdote reggino di difendersi “solo” nelle aule dei tribunali. «Ricordo che nel 2013 nel corso della processione della Madonna della Consolazione furono affisse le “civette” dei giornali che titolavano contro di me. Tutto questo in uno Stato di diritto è normale?». Per una certa opinione pubblica era colpevole prima ancora che si pronunciasse il Tribunale. Oggi il collegio giudicante (Esposito, Gentile e Pugliese) scrive che «non è stato riscontrato che lo stesso parroco abbia mai assunto comportamenti ostili nei confronti del Bentivoglio». Uno «pseudo–reato» – come lo ama definire – per il quale don Nuccio è stato rinviato a giudizio due volte in due processi distinti. Tutto nasce dal 2005 e dai primi futili dissidi. «Tiberio Bentivoglio – l’imprenditore che ha accusato don Nuccio di averlo osteggiato con l’appoggio del presunto boss del quartiere, Santo Crucitti – faceva parte anche del Consiglio Pastorale; sono andato a trovarlo anche all’indomani dell’attentato subito – precisa il sacerdote – non con due “soggetti” come impropriamente ho sentito in tv, ma con due chierichetti». Una comunità, quella di Condera, che ha sofferto e pregato con il suo pastore. «Sono stato confermato dalla fede delle Beatitudini. E sono stato sostenuto dalla parrocchia. Ci tengo a dirlo: la gente di Condera non è omertosa, è gente per bene». Sono tante le ferite di don Nuccio. «Un Pm mi ha accusato di aver accompagnato la suora che mi ha cresciuto a farsi la Tac. Ero, per questo motivo, “un centro di potere”». Parla atti alla mano. «L’unico mio punto di contatto, secondo la Procura, con il presunto boss Crucitti sarebbe dato dal fatto che lui aveva il mio numero salvato in rubrica; il mio numero, tra l’altro, è affisso fuori dalla chiesa. Chiedo: quanti parrocchiani hanno in rubrica il proprio parroco?». Tanti perché. Qualche risposta: «Sono stato fortunato nell’incontrare giudici onesti e liberi, però fin quando nel nostro Paese ci sarà questo becero giustizialismo, che antepone il processo mediatico a quello dei Tribunali, a perdere sarà la fiducia nella Giustizia». Don Nuccio e Tiberio Bentivoglio. «Non l’ho più incontrato, però non gli porto rancore. Sono stato giudicato innocente nonostante le sue dichiarazioni. L’ho perdonato sin da subito. Se vorrà sono pronto ad incontrarlo».
Il vescovo dellla Chiesa reggina si è soffermato, durante la sua omelia, sui valori-guida dello sport nei percorsi di educazione dei ragazzi. Buona la partecipazione dei rappresentati degli sportivi reggini.
“La Chiesa di Sant’Elia Profeta. Guida alla lettura simbolica dei luoghi della celebrazione”. È l’ultimo libro del sacerdote reggino don Nuccio Cannizzaro. Presentato in questi giorni
La santa messa sarà presieduta da monsignor Fortunato Morrone, arcivescovo metropolita della Chiesa reggina. Una tradizione mantenuta del tempo grazie all’impegno dell’Ufficio Sport e Tempo libero.
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