Avvenire di Calabria

È l’ora dei laici? Ecco il libro provocazione della Desmazieres

di Mimmo Nunnari

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Da tempo si dice che nella Chiesa è l’ora dei laici, ma sembra che l’orologio si sia fermato”, scriveva Papa Francesco al cardinale Marc Ouellet, presidente della Pontificia commissione per l’America Latina, nel marzo 2016. Con quella lettera, incentrata sul ruolo del laicato nella vita della Chiesa latinoamericana, il papa parlava a tutte le comunità cristiane nel mondo su un tema sempre attuale, come quello della vocazione e la missione dei laici nella governance della Chiesa.


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Dal Concilio ecumenico Vaticano II in poi si è parlato molto dei laici, ma se l’orologio si è fermato, come diceva Papa Francesco nella lettera a Ouellet, vuol dire che pur essendo il tema laici un argomento importante e molto discusso, non si è riusciti ancora a sviluppare pensiero e linee di azione condivise su una realtà che in futuro avrà inevitabilmente un ruolo sempre più allargato nella Chiesa. La questione è da sempre rimasta aperta, nonostante tutti gli approfondimenti e le riflessioni degli ultimi decenni e riguarda primariamente il vuoto da colmare nel rapporto Chiesa laici, costruendo una nuova spiritualità che tenga conto non soltanto sul suo «essere nella Chiesa» del laico, ma anche sul suo «essere nel mondo».

È questo il problema rimasto sostanzialmente aperto dopo il Concilio. Mentre si moltiplicano gli appelli a una maggiore partecipazione dei laici alla missione della chiesa e nel momento in cui è in corso il Sinodo sulla sinodalità convocato da papa Francesco a Roma, arriva un interessante libro della teologa francese Agnès Desmazières: “L’ora dei laici” (EDB, traduzione di Vincenzo Salvati, pagine 210, euro 16) che ha, se non altro, il merito di riaffrontare quello che è considerato il vero e proprio tema irrisolto del postconcilio: il ruolo del laicato. Desmazières avverte, nell’introduzione del suo libro, che si è ispirata agli insegnamenti del Concilio Vaticano II, sulla loro rilettura da parte di Papa Francesco e molto al lavoro dei teologi nordamericani che hanno vissuto l’esperienza di maggiore di coinvolgimento dei laici nella vita della Chiesa.

Essere laici nella “chiesa in uscita” di Francesco, sostiene la teologa, significa essere in prima linea: “Essere sentinelle della cultura del dialogo e dell’incontro”, che è anche una “cultura della prossimità”, come dice lo stesso papa. Individua nella parrocchia, Desmazières, il luogo dove vivere l’esperienza da laico: “La parrocchia è il segno di una chiesa che si fa prossimo”. Essere laici è anche vivere con intensità l’appartenenza ad un popolo, a una nazione, a una cultura, spiega, chiarendo che appartenere a un popolo significa appartenere al popolo di Dio e che in questo periodo di crisi nel mondo la partecipazione dei laici è una questione che riguarda tutti.

Ogni piccolo passo, ogni piccolo gesto di maggiore coinvolgimento dei laici, può permettere a tutta la chiesa di andare avanti, di riformarsi: “Torniamo al popolo, li ritroveremo la gioia, l’autenticità…e progrediremo in santità”, è la conclusione di un percorso di lettura che introduce il lettore nel mistero della vocazione dei laici.

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