Avvenire di Calabria

Gli ecoreati sono usciti dall'agenda mediatica: se ne parla poco e male, eppure, fioccano le inchieste della magistratura

Ecoreati in Calabria, distrazione di massa

Si tratta di veri e propri attentati alla salute pubblica nel nome di interessi trasversali tra mafie, imprenditoria e politica

di Autori Vari

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Gli ecoreati sono usciti dall'agenda mediatica: se ne parla poco e male, eppure, in Calabria - ad esempio - fioccano le inchieste della magistratura. Si tratta di veri e propri attentati alla salute pubblica nel nome di interessi trasversali tra 'ndrangheta, imprenditoria e politica.

Ecoreati, perché se ne parla poco e male?

di Marco Birolini - Gli anni Novanta furono un periodo d’oro per chi si occupava di traffici di rifiuti. Ci furono indagini della magistratura (Reggio Calabria in primis) e inchieste giornalistiche che portarono all’attenzione dell’opinione pubblica rotte e destinazioni di scorie nucleari, scarti chimici e veleni assortiti.

La vicenda certamente più celebre fu quella relativa alle “navi a perdere”, cioè quelle carrette del mare che secondo pentiti e investigatori venivano riempite con spazzatura industriale e poi mandate a inabissarsi al largo delle coste africane, oppure direttamente nelle acque del Mediterraneo.


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. Il capitano Natale De Grazia, quando morì “per causa tossica” (come accertato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti), si stava recando a La Spezia per ricevere da un informatore le coordinate della motonave Rigel, colata a picco nel 1987 al largo di Capo Spartivento, probabilmente con un carico radioattivo nella stiva. La scomparsa del coraggioso ufficiale di Marina segnò anche la fine di quelle indagini. Prima della tragedia, l’ex 007 Aldo Anghessa avvisò il pm Francesco Neri e i suoi collaboratori: «Siete pochi e piccoli, vi distruggeranno».

E così puntualmente accadde, tra minacce, pedinamenti, trasferimenti e dimissioni poco spontanee. La “pistola fumante” di conseguenza non si trovò mai («Capii che lo Stato non aveva interesse ad andare fino in fondo» disse ad Avvenire un elemento di punta di quel team) e una certa stampa ebbe buon gioco nel demolire l’inchiesta. Forse fu in quel preciso momento che l’attenzione verso gli ecoreati iniziò a spegnersi.

Oggi è un po’ come per il traffico di droga: titoli a nove colonne quando le forze dell’ordine mettono a segno un maxi sequestro, ma poi il giorno dopo si volta pagina. Il clamore mediatico evapora in fretta e i fenomeni criminali scivolano nuovamente e felicemente nell’ombra, dove prosperano più che mai.


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I traffici di rifiuti non si sono mai fermati, semmai usano canali più sofisticati per eludere controlli che negli ultimi anni, è bene dirlo, sono molto migliorati rispetto a 30-40 anni fa, quando si viveva in una sorta di Far west ambientale.

Un periodo in cui si seppelliva di tutto non solo al Sud, ma anche al Nord. Le note riservate dei servizi sono piene di indicazioni su materiale radioattivo tombato in Calabria, ma anche tra Bergamo e Brescia esistono cave riempite con scorie di acciaieria contaminate, liquami petrolchimici, scarti di aziende farmaceutiche. A pochi metri magari da campi e vigneti. Dove si è potuto si è bonificato, anche se con enorme ritardo dovuto a burocrazia e “distrazione” dei politicanti locali.

Chi vuole continuare a mettere lo sporco sotto il tappeto, oggi, guarda ancora all’Africa, che resta un’enorme Terra dei fuochi. Le sue coste infinite, praticamente sprovviste di controlli, sono il punto d’approdo ideale per i veleni d’Occidente. Gibilterra, dove ha attecchito una rete di piccole società inglesi di import-export (dietro cui si sospetta la mano delle mafie italiane), fa da collettore. I carichi poi passano di mano e arrivano sulle coste del Maghreb, per rimbalzare fino ai remoti porti dell’Africa equatoriale.

Oppure in Somalia, che resta una terra (e un mare) di nessuno. Capita di vedere navi che sbarcano fusti pieni di sostanze ignote su moli abbandonati, per ripartire subito dopo. Qualche autorità locale se ne disfa come può: li si carica sui pescherecci e li si butta nell’Oceano.

Si va avanti così, con le stesse trame e a volte perfino «con gli stessi protagonisti degli anni ‘90», spiegò lo stesso Anghessa ad Avvenire in una spiazzante intervista di qualche anno fa. Traffici imbastiti spesso con la compiacenza delle varie milizie locali, che svendono il loro territorio in cambio di armi e denaro.

Accadeva con i palestinesi in Libano, il timore è che attualmente il copione vada in scena ovunque ci sia una guerra civile da alimentare.

Occhio non vede, cuore non duole. Salvo poi cadere dalle nuvole di fronte a improvvisi picchi tumorali tra chi ha la sfortuna di vivere nel posto sbagliato. Per scavare, anche in senso letterale, servono uomini e risorse. Non sempre ci sono, dunque è più comodo alzare le spalle e far finta di nulla.

Fangopoli, nuovo blitz in Calabria

I carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Catanzaro, con il supporto dei reparti territoriali dei Comandi provinciali di Catanzaro, Vibo Valentia, Crotone, Matera e Siracusa e dell’ottavo Nucleo elicotteri di Vibo Valentia, hanno eseguito nei giorni scorsi un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale nei confronti di 20 persone indagate, a vario titolo, per traffico illecito di rifiuti.

Il provvedimento, emesso dal gip di Catanzaro, su richiesta della Procura - Dda del capoluogo calabrese ha portato all’arresto, ai domiciliari, di sei persone mentre altre 10 sono state sottoposte all’obbligo di dimora e quattro destinatarie del divieto temporaneo di esercitare attività di impresa nel settore ambientale e a ricoprire qualunque carica all’interno delle società del settore ambientale.

Inoltre i militari hanno posto sotto sequestro un complesso immobiliare a destinazione industriale a Curinga (Catanzaro), due impianti di recupero e trattamento rifiuti (riconducibili a due distinte srl ad Amaroni (Catanzaro) e Cotronei (Crotone), e 17 automezzi per un valore complessivo di 4 milioni di euro.

L’indagine, coordinata dalla Dda, è stata svolta dal Noe di Catanzaro dipendente dal neo istituito Gruppo carabinieri tutela ambientale e transizione ecologica di Palermo.


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Occhiuto, però, crede nell'inversione di rotta

«In Calabria tutti i livelli istituzionali impegnati a difendere l’ambiente e combattere chi inquina». Lo afferma il governatore, Roberto Occhiuto che in una nota stampa sottolinea: «Fin dal mio insediamento alla guida della Regione Calabria ho posto la tutela dell’ambiente tra i temi centrali della mia agenda di governo. Abbiamo subito condiviso con le forze dell’ordine e con la magistratura una serie di protocolli e di azioni tesi a un principio base: tolleranza zero contro ogni forma di reato ambientale. E credo che finalmente qualcosa stia cambiando concretamente, anche nei comportamenti dei singoli».

Il presidente evidenzia: «L’operazione dei giorni scorsi, coordinata dalla Dda di Catanzaro e condotta dal Nucleo operativo ecologico del Comando dei Carabinieri di Catanzaro, su un drammatico traffico illecito di rifiuti, è solo l’ultima di una serie di brillanti inchieste portate a compimento in Calabria negli ultimi mesi in questo settore».

«I calabresi – ha concluso Occhiuto - possono avere la consapevolezza che tutti i livelli istituzionali sono impegnati seriamente a difesa del nostro ambiente e nella repressione di chi inquina e distrugge la natura. La Regione, ad esempio, sta contrastando in tutti i modi possibili gli incendi, riuscendo a diminuire a dismisura questo fenomeno, come dimostrano i dati della scorsa stagione».

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