Avvenire di Calabria

Emiliano Mondonico, il «ribelle» che amava gli oratori

Federico Minniti

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Cremonese, di Rivolta d’Adda per l’esattezza, Emiliano Mondonico portava con sé la nomina di «ribelle». Sarà per la capigliatura da calciatore, l’amore per i Rolling Stones e una reazione esagitata quando perse la Coppa Uefa, nel 1993, con il suo Torino contro l’Ajax.

Un personaggio d’altri tempi, di quel calcio “romantico” (1.100 panchine da professionista) delle squadre di provincia (su tutte l'Atalanta) e dei settori giovanili (scoprì, tra gli altri, Pippo Inzaghi). Il “Mondo”, come lo chiamavano tutti, è morto oggi, 29 marzo, a 71 anni, dopo aver lottato per tanti anni contro il cancro. Abbandonò lo show–business del calcio per dedicarsi al primo amore: l’oratorio. Fu questa sua originale “vocazione”, poco ribelle, ma molto incline ai giovani lombardi della sua generazione, a consentire il nostro incontro.

Un uomo di campo, Mondonico, senza fronzoli. Decise di scendere in Calabria per incontrare i ragazzi di una scuola calcio che si allenavano in un campetto confiscato alla ‘ndrangheta. «Quanti genitori ci saranno?». Questa fu la prima domanda che ci pose. Come un mister che pensa ai papà e alle mamme “a bordo campo”? Il suo commento alla mia domanda fu lapidario: «Che pensi che gli allenatori possano sostituire le assenze dei genitori? Oggi dirò proprio questo: vedete che gli oratori non sono il parcheggio dei vostri impegni, dovete mettervi anche voi in gioco».

Schietto come sempre, un pizzico ancora più determinato. Mondonico era così, prendere o lasciare, con la sua ironia naif da ala metodista con la passione per il rock. Quel viaggio in macchina dall’aeroporto di Lamezia fino alla Locride fece nascere il progetto “Genitori a bordo campo” portato avanti dal Csi reggino in questi anni. Con il “Mondo” se ne va un’anima libera dello sport italiano. Non un ribelle, ma un appassionato della vita.

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