Avvenire di Calabria

Il bilancio del presidente del Consorzio dopo vent’anni di impegno per la valorizzazione dell’oro verde di Reggio Calabria

Bergamotto, il presidente del Consorzio Pizzi: «Tesoro da difendere, Reggio Calabria profuma il mondo»

Ezio Pizzi racconta due decenni di lavoro a sostegno della filiera: più aziende, più ricerca e più valore per un prodotto unico, oggi richiesto dalla profumeria mondiale e riconosciuto a livello europeo

di Francesco Chindemi

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Il presidente del Consorzio di Tutela del Bergamotto di Reggio Calabria, Ezio Pizzi, ripercorre i risultati della filiera ottenuti negli ultimi 20 anni con lo sguardo è rivolto adesso al futuro.

Vent’anni di impegno per il rilancio del bergamotto di Reggio Calabria

«Seguo il bergamotto da oltre vent’anni, con l’obiettivo di valorizzarlo il più possibile». L’augurio di Ezio Pizzi è che anche per il futuro si continui su questa strada. Il presidente del Consorzio di Tutela e guida dell’Unionberg, unica organizzazione di produttori riconosciuta dalla Regione Calabria, racconta vent’anni di battaglie – molte vinte – per restituire dignità e valore a un prodotto simbolo di Reggio Calabria.

Presidente, oltre il suo valore simbolico, cosa rappresenta realmente il bergamotto per Reggio?

Oggi il bergamotto è economia reale. Quando vent’anni fa arrivai al vecchio Consorzio di Pellaro-San Gregorio, non c’era più nessuno iscritto. In meno di un anno siamo riusciti a costituire una rete di 349 aziende.



Pur non potendo più commercializzare direttamente, siamo riusciti a fare portare avanti gli interessi dei produttori, riportando a livelli stabili e remunerativi il prezzo del bergamotto: oggi è pagato 70 euro al quintale, più alto rispetto agli altri agrumi, il cui costo si aggira attorno ai 20 euro. Un risultato che siamo riusciti a protare avanti nonostante l’assenza della politica di ogni colore.

Ci spieghi...

La politica non ha mai voluto – o forse potuto, o saputo – cogliere fino in fondo il valore del bergamotto. Se ci fosse stato un vero sostegno, i risultati sarebbero stati ancora maggiori. Ad esempio, oggi ci confrontiamo con i limiti imposti dalla legge. Nonostante questo siamo riusciti a riportare il bergamotto al centro della filiera produttivi, superando decenni di immobilismo.

In che modo?

Con l’aumento degli impianti di lavorazione l’offerta è cresciuta e senza nuovi sbocchi il rischio era il crollo dei prezzi. Abbiamo, fino ad oggi, evitato questo aprendo a nuove strade di commercializzazione: oggi il 70% della profumeria mondiale usa il nostro bergamotto. Reggio Calabria profuma il mondo. Come produttori ci siamo aperti anche alla ricerca, commissionando studi scientifici che hanno dimostrato le proprietà salutistiche del succo, in grado di abbassare colesterolo e glicemia. Questo ha dato valore anche al frutto fresco, oggi riconosciuto ufficialmente come agrume: un passaggio decisivo che ha permesso l’accesso ai fondi europei per l’agrumicoltura e l’inclusione nei programmi di sviluppo rurale.

Perché ritiene fondamentale estendere la DOP anche al frutto fresco?

Senza entrare nelle polemiche, la DOP è la massima tutela europea: garantisce origine e unicità. L’IGP può esistere ovunque, anche fuori dalla zona vocata: ad esempio potrebbe esserci un bergamotto IGP della Calabria, della Sicilia, della Basilicata. La DOP invece identifica il nostro bergamotto, coltivato solo a Reggio Calabria.


PER APPROFONDIRE: Ecco Berga-Magique, “Magia” al bergamotto di Reggio Calabria


Non cerchiamo etichette, ma protezione vera, anche contro la sovrapproduzione. Il TAR ci ha dato ragione. Abbiamo accordi di filiera da anni con Esselunga, Coop, Conad, Orsero. La DOP sul frutto fresco lo rende unico, riconoscibile, protetto. È questa la risposta concreta alle imitazioni e ai mercati globali.

L’export è fondamentale: preoccupa la politica sui dazi adottata da Trump?

La politica schizofrenica del signor Trump – che per un certo periodo avevo anche apprezzato – oggi si è trasformata in un caos: si alza la mattina e decide misure che sconvolgono l’economia mondiale. Considerando che il 95% del nostro prodotto viene esportato, se il libero mercato subisse restrizioni, il danno sarebbe enorme. E già oggi vediamo segnali gravi sul nostro territorio: si parla di autotreni arrivati da fuori zona vocata che spacciano frutto per bergamotto locale. Quest’anno siamo riusciti a commercializzare 90 mila quintali, ma un po’ di prodotto è rimasto sugli alberi. È stata una super produzione, e se nei prossimi anni non blocchiamo definitivamente le infiltrazioni da fuori, avremo perso la guerra dopo aver vinto tante battaglie.

A proposito di battaglie, quali sono le sfide da affrontare per garantire il futuro della filiera?

Oggi il bergamotto non è più solo profumo: è salute, benessere, qualità della vita. Un risultato costruito con anni di lavoro, ricerca e dialogo con il mondo scientifico. Qualche anno fa, a un congresso medico a Stresa, dissi ai cardiologi: «Aiutateci a diffondere questa notizia». Sono stati proprio loro, prescrivendo la spremuta di bergamotto ai pazienti, a far nascere un nuovo mercato. E aggiunsi: «Se ogni italiano consumasse un bergamotto all’anno, raddoppieremmo la produzione. Sessanta milioni di frutti equivalgono a circa 200.000 quintali».



Ogni produttore deve essere custode della qualità. Serve una nuova narrazione e i media ci devono aiutare: non stiamo solo profumando il mondo, lo stiamo proteggendo. Il bergamotto abbassa colesterolo, riduce glicemia, previene malattie. Chi propone strade diverse non è nemico, se agisce con rispetto. Ma servono scelte alte, non scorciatoie. Il bergamotto è un tesoro. E un tesoro si custodisce insieme.

Articoli Correlati