Giornata di digiuno e preghiera per la pace, la Chiesa reggina accoglie l’invito del Papa
Anche l’arcidiocesi di fondazione paolina ha accolto l’appello di papa Francesco.
«All’inganno del “tutto va male” corrisponde un “nessuno può aggiustare le cose”, “che cosa posso fare io?”». Negli interrogativi posti dal paragrafo 75 di Fratelli tutti, riecheggia una domanda “insistente” con cui l’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio era solito spiazzare gli interlocutori. «¿Y vos que hacés? » (E tu che fai?), chiedeva l’arcivescovo di Buenos Aires a quanti denunciavano – anche a ragione – le ferite brucianti della con- temporaneità. La dimensione del “fare” – modesta, limitata, incompleta – è quella propria dei movimenti popolari. Termine quest’ultimo, spesso, di difficile comprensione da questa parte di pianeta.
Non si tratta di attivisti sociali, bensì di esclusi – riciclatori di rifiuti, abitanti delle baraccopoli, venditori ambulanti, contadini senza terra, tutti gli «scartati del mercato mondiale » – che si auto-organizzano per promuovere, quotidianamente, nel proprio territorio, alternative creative di vita per se stessi e gli altri. Il carattere affatto ideologico e molto concreto dei movimenti popolari, la loro capacità di costruire comunità, di non ragionare sono in termini di guadagni bensì di riproduzione della vita, li ha resi interlocutori preziosi del cardinal Bergoglio prima e di papa Francesco poi. Dopo averli incontrati in tre occasioni dall’inizio del Pontificato, ora, il successore di Pietro li cita espressamente, ben due volte, nella sua terza Enciclica. «La solidarietà intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia, ed è questo che fanno i movimenti popolari», scrive al paragrafo 116. E, al punto 169, li definisce come antidoto all’atrofizzarsi della democrazia. «Queste parole sono una carezza per lo spirito dei tanti e tanti poveri che resistono per garantire a se stessi e agli altri “terra, casa e lavoro”, dice ad Avvenire, Juan Grabois, avvocato 37enne e docente universitario, che ha scelto di vivere in un quartiere popolare e, alternare, professione e accademia con l’impegno nel Movimento dei lavoratori esclusi argentino, di cui è leader. «L’attenzione del Santo Padre nei nostri confronti non è una sorpresa. Certo, in un momento in cui i poveri che si organizzano e resistono sono calunniati e disprezzati, la menzione in un’Enciclica ha un valore inestimabile. Più ancora della citazione esplicita, mi ha commosso la scelta del samaritano come icona della fraternità. Perché ho sempre pensato ai movimenti popolari come ad un “samaritano collettivo” ». Ad accomunare l’ignoto viaggiatore della Samaria con i poveri organizzati, è la marginalità, intesa non come condanna a cui rassegnarsi bensì come punto di partenza per inventare nuovi spazi di integrazione per se stessi e per gli altri.
Senza timore di “abbassarsi per risollevare”. Di perdere tempo. In questo senso, essi interpellano i “settori integrati”, li costringono a guardarsi allo specchio. Da qui il fastidio dei potenti come pure degli indifferenti, perché – afferma il Papa – «i “briganti della strada” hanno di solito come segreti alleati quelli che “guardano dall’altra parte”». «Mi ha molto colpito anche la sottolineatura dell’importanza della politica. E del ruolo che noi come movimenti popolari possiamo avere per rivitalizzarla, tenendo, tuttavia, separate le due dimensioni, poiché noi, come dice il Papa, siamo “poeti sociali” », dice Grabois. Come afferma lo storico Gianni La Bella in Terra casa e lavoro , Bergoglio riconosce i movimenti popolari come soggetto politico – non partitico –, in questo senso aggiorna e approfondisce l’opzione preferenziale per i poveri. «Il cammino che stiamo facendo con la Chiesa cattolica non è fondato su un’agenda ideologica, bensì su tre questioni che stanno a cuore ad entrambi – conclude Grabois –. Il fatto che ogni essere umano abbia accesso a una casa, a della terra dove costruirsela e vivere, e ad un lavoro degno. Tuttora, un terzo dell’umanità vive in baraccopoli senza i servizi di base e oltre due miliardi di persone sopravvivono alla giornata con impieghi precari, senza alcun ammortizzatore. Sapere di avere la Chiesa al nostro fianco in questa battaglia non violenta per la dignità degli uomini e delle donne è una grande gioia, anche per quanti nei movimenti non si riconoscono nel cattolicesimo». In questo percorso fraterno si inquadra l’evento del 24 ottobre in cui i rappresentanti dei movimenti popolari si incontreranno virtualmente per riflettere insieme sull’Enciclica e sulle prospettive post-Covid con i cardinali Peter Turkson e Micheal Czerny.
Pubblicato su Avvenire.
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