Don Giovanni Imbalzano in occasione del 120esimo anniversario dell'ordinazione sacerdotale di san Gaetano Catanoso si sofferma sulla sua vita da presbitero. In particolare emerge la fraternità sacerdotale con altre due figure di spicco della Chiesa reggina: i canonici De Lorenzo e Calabrò.
La fraternità sacerdotale nella vita di san Gaetano Catanoso
In tutta la sua vita san Gaetano Catanoso si impegnò alla diffusione della devozione al Volto Santo in tutta la Calabria. Ad attrarre il santo reggino nell’orbita del «Volto Santo» e della riparazione fu un’anima eletta, già favorita da un prodigio della Madonna de «la Salette»: Elena Naldi. Quest’anima congiunse all’esortazione riparatrice della Madonna gli aneliti e i desideri rivelati da Gesù a Soeur Marie de Saint Pierre, accolti e concretizzati dal Venerabile Lèon Papin Dupont.
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Questa particolare opera di propaganda gli permise di incontrare tantissima gente lungo la sua vita. La Naldi, attraverso l’apostolato dei Sacerdoti del Volto Santo di Tours, tramite la sede italiana di Bussana, venne a conoscenza dell’opuscolo «Il Volto Santo di Gesù e la Riparazione». Dalle note bibliografiche della Madre, così era chiamata meritatamente Elena Naldi, si apprende come sia stata lei il canale attraverso il quale la Provvidenza investì con la sua grazia tre Sacerdoti della diocesi Reggina: Salvatore De Lorenzo, parroco della Purificazione (Candelora) di Reggio Calabria; Giovanni Calabrò, parroco di Condera e il nostro Santo. Fu il De Lorenzo a chiedere a Tours l’aggregazione come Missionari di tutti e tre i sacerdoti.
Come ogni presbitero anche il Catanoso ebbe modo di incontrare tantissimi confratelli nell’arco della sua lunga vita. Con alcuni di essi strinse un rapporto di amicizia e di profonda sintonia spirituale che in modo, a volte velato, a volte più evidente, influenzerà anche il contesto pastorale legato ai protagonisti stessi di questa fraterna amicizia.
Fin dall’adolescenza egli ha modo di incontrarsi con alcune figure significative del presbiterio reggino: basti ricordare i canonici Filippo Capri, Cristoforo Assumma, Pasquale D’Amico, suoi maestri negli anni del seminario. Il giovane Gaetano già in seminario nel 1889 incontra il futuro canonico De Lorenzo. Con Lui condividerà il cammino formativo fino al 1898, data della ordinazione presbiterale di Salvatore.
L’amicizia stretta in quegli anni continuerà anche in futuro, come lo stesso Catanoso scriverà in occasione della traslazione della salma del De Lorenzo al Santuario di Sant’Antonio: “Zelante nella difesa del nome di Dio volle essere Missionario del “Volto Santo” insieme al parroco di Condera, Canonico don Giovanni Calabrò, e al sottoscritto, coi quali collaborò nell’opera di riparazione per la bestemmia e nella redazione del giornalino “Il Volto Santo” organo dell’Opera stessa». Anche se la differenza di età tra i due è solo di pochi anni il contesto culturale e pastorale dal quale i due sacerdoti provengono e poi saranno inseriti è molto diverso.
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L’incontro con il De Lorenzo influenzerà non poco lo stesso padre Catanoso. È a Pentidattilo che il Catanoso inizierà alcune sue opere pastorali che caratterizzeranno la sua attività futura. Particolarmente fecondo fu l'apostolato svolto attraverso il sacramento della penitenza; egli era, infatti, abitualmente chiamato a confessare in varie parrocchie dei paesi limitrofi. Altra grande preoccupazione pastora- le riguardava la formazione del clero locale e l’aiuto ai giovani poveri per il loro cammino vocazionale. Nacque grazie a lui l’Opera delle Vocazioni “Chierici poveri”.
Il 4 luglio 1921 Gaetano Catanoso venne nominato parroco della Purificazione, comunemente chiamata “Candelora", dove rimarrà fino al 1940. Il Padre Catanoso, al pari del De Lorenzo, ebbe nella mente l’idea di fondare un istituto maschile, per i suoi membri aveva pensato il nome di “Cirenei”, per continuare anche con loro ad asciugare le lacrime che nascono dalla sofferenza della quale è colma la gente che aveva accanto.
Confidando a monsignor Ziglio il suo progetto egli parla della Collina degli Angeli come un’opera sua, o meglio del suo desiderio di realizzarla e dell’impossibilità di ottenerla per mancanza di tempo e forze. Vide allora nella collaborazione con Don Orione la possibilità di realizzare l’orfanotrofio primo passo della futura fondazione.