Avvenire di Calabria

Concluso a Cosenza il Festival "Frontiere" organizzato dall’Ufficio Migrantes della diocesi di Cosenza-Bisignano, con il sostegno della Fondazione Migrantes e il patrocinio dell’Unical

Frontiere, dalla Calabria l’appello all’Europa: «siano porte aperte di accoglienza»

Dalla Chiesa, alla società civile, fino al modo della cooperazione internazionale e dell'accoglienza, diverse le realtà a confronto. L'arcivescovo Checchinato: «Più rispetto per chi ci sta di fronte»

di Redazione Web

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Cosenza fa appello all’Europa e alle sue Istituzioni: «Vogliamo che le frontiere Ue, nel Mediterraneo centrale e in terra, siano porte aperte di accoglienza dei popoli, e soprattutto che non ci siano più finanziamenti all’industria delle armi, che causa e fagocita le guerre».

«Le frontiere luoghi di incontro e accoglienza»

«Frontiere come porte aperte di accoglienza dei popoli...». Si può riassumere con questo messaggio la quattro giorni del Festival FRONTIERE, evento organizzato dall’Ufficio Migrantes dell’Arcidiocesi Cosenza-Bisignano, con il sostegno della Fondazione Migrantes e il patrocinio dell’Unical, che dall’11 a al 14 aprile - come ha spiegato il direttore Pino Fabiano - «ha parlato il linguaggio della pace e dei diritti umani per le vie e le piazze della città di Telesio».

A partire da questo messaggio iniziale di Giovanni Checchinato, Arcivescovo di Cosenza e Bisignano, «Nel libro della Genesi, il racconto della Creazione parte dal momento in cui Adamo incontra Eva che stava di fronte a lui, ecco questo è il vero significato della parola frontiera, colui o colei che sta di fronte a noi e ci rispecchia», il Festival FRONTIERE è stata una maratona di quattro giorni di riflessioni, gruppi studio, analisi, confronto e proposte concrete per costruire una vera Europa dei Popoli, a partire dal sud Italia.

Dal Sud Italia un forte messaggio di pace

Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e l'intensificarsi di diverse altre guerre e conflitti armati che devastano il mondo, come il dramma che sta avvenendo lungo la Striscia di Gaza e in Cisgiordania, la comunità cosentina che si è sempre dimostrata sensibile alle tematiche della pace e dei diritti umani, ha voluto lanciare un nuovo messaggio di dialogo e di pace alla comunità internazionale. Infatti, tra i vari interventi, il neo-costituito nodo territoriale della Rete Pace e Disarmo di Cosenza ha posto l'accento preoccupato sulle spese militari.


PER APPROFONDIRE: Partire o restare: tra migranti e immigrati. Focus a Reggio Calabria con la Fondazione Migrantes


Durante il panel "FRONTIERE e PACE", da piazza Santa Teresa, Alfonso Senatore, uno degli animatori del gruppo locale, ha letto alcune dichiarazioni dei leader europei. «Il 28 febbraio scorso Ursula Von der Leyen ha sentenziato che bisogna produrre più armi come i vaccini». Ma il documento più preoccupante - ha sottolineato Senatore - è il comunicato stampa del Consiglio Europeo del 19 marzo 2024, intitolato "Se vogliamo la pace dobbiamo prepararci alla guerra, questo documento sancisce la nascita dell'Ue geopolitica che rivendica l'aumento del 50% della spesa militare per la sicurezza, e si precisa che bisogna garantire prevedibilità economica alle industrie delle armi".

Il Migration Act preoccupa

Monito e allarme contro il settore bellico in espansione, ma anche denuncia contro le nuove leggi europee, anche queste di recente approvazione. Il "Migration Act", Patto Asilo e Immigrazione approvato il 10 aprile dal Parlamento Europeo, contro il quale il Festival FRONTIERE ha dedicato il primo giorno grazie alla tappa cosentina della Road Map organizzata, da nove organizzazioni, tra cui il Forum per Cambiare l'Ordine delle Cose. «Uno dei provvedimenti più allarmanti è il regolamento sul cosiddetto screening - ha spiegato Teresa Menchetti, attivista del Forum - da ora in poi alle frontiere d'Europa le autorità dovranno fare un controllo per capire quali sono i migranti più vulnerabili che hanno diritto ad accedere al diritto di asilo».


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FRONTIERE ha posto l'accento anche sulla guerra alle ong in mare, grazie alla testimonianza telefonica di Luca Casarini, di Mediterranea Saving Humans che ha raccontato l'attacco armato il 4 aprile nel Canale di Sicilia. «La nave della Guardia Costiera libica ci ha sparato con i kalashnikov mentre eravamo impegnati in un'operazione di salvataggio di oltre 60 persone in mare, e a bordo avevano già decine di persone, inginocchiate a prua, che venivano colpiti con una corda molto pesante per fare i nodi alle ancore».

Investire sulla cooperazione internazionale, non sulle armi

In chiusura l'appello per aumentare i finanziamenti alla cooperazione internazionale, anziché all'industria delle armi, finanziando, per esempio la Campagna "070" proposta dalla rete internazionale FOCSIV, Federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana che chiedono all'Ue e ai Paesi membri, di destinare lo 0,70% del reddito nazionale lordo per l’aiuto pubblico allo sviluppo in modo progressivo a partire già dalla prossima legge di bilancio.

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