Avvenire di Calabria

L’analisi della direttrice della Caritas diocesana di Reggio Calabria-Bova e la storia di Casa Annunziata

Giornata del Rifugiato: Reggio Calabria al centro dell’inclusione e dell’accoglienza

Dagli adulti ai minori fragili, ecco le "quattro vie" dell'inclusione declinate in riva allo Stretto

di Maria Angela Ambrogio e Mariarita Sciarrone

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Oggi 20 giugno ricorre la Giornata Mondiale del Rifugiato. In occasione di questa giornata Avvenire di Calabria propone un approfondimento sul tema con un contributo di Mariangela Ambrogio, direttrice della Caritas di Reggio Calabria-Bova.


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Al centro dell'approfondimento, le quattro vie dell’inclusione sociale e le parole pronunciate dal Papa al Campidoglio nei giorni scorsi. Spazio, inoltre, all'intervista a Giovanni Fortugno per il decennale di Casa Annunziata, struttura dedicata all’accoglienza dei minori stranieri rifugiati.

Maria Angela Ambrogio (Caritas): «Accogliere e includere è un dovere»

di Maria Angela Ambrogio *

Nel 2018 Papa Francesco nel messaggio per la giornata del Rifugiato, ci ha affidato quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere, integrare. Quattro vie imprescindibili che indicano il percorso dell’inclusione sociale, valide per accompagnare tutte le situazioni di vulnerabilità, non solo quelle dei migranti ma di tutta l’umanità.

 Accogliere significa offrire ai migranti ingressi sicuri e legali, predisporre ambienti per l’accoglienza più a misura d’uomo. Proteggere ha a che fare con la difesa dei diritti e della dignità dei migranti e dei rifugiati, indipendentemente dal loro status migratorio. È senza dubbio una protezione che comincia in patria e consiste nell’offerta di informazioni certe e certificate prima della partenza e nella salvaguardia dalle pratiche di reclutamento illegale. 


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Promuovere significa mettere le persone in condizioni di rimettersi in piedi, cioè di realizzarsi come individui in tutte le dimensioni che compongono l’umanità voluta da Dio. Integrare, infine vuole dire che non basta dare una coperta, o del cibo al porto, ma bisogna offrire opportunità per superare il diaframma linguistico, trovare modalità di inclusione lavorativa legale, adoperarsi per condizioni abitative dignitose e promuovere così un arricchimento interculturale generato dalla presenza delle diverse culture.

In città abbiamo da poco concluso le iniziative organizzate per celebrare il 3 Giugno quale giornata cittadina per ricordare le vittime in mare. Da otto anni a questa parte ogni anno si riapre una ferita, un dolore collettivo, che evidenzia senza dubbio il fallimento dell’accoglienza, l’infrangersi dei sogni di cambiamento di persone partite dalla loro terra e che non sono riuscite nel progetto migratorio.

Anche noi cristiani tuttavia, dopo avere dato loro una degna sepoltura, rischiamo di far morire due volte le vittime del mare tutte le volte che non facciamo nulla per la giusta inclusione sociale nelle nostre comunità. Non basta dire che i migranti rappresentano un valore aggiunto nelle nostre comunità, occorre anche evidenziare che il linguaggio si è fatto duro, ed è costruito per alzare il livello di paura e di insicurezza verso chi è diverso per carattere somatico da noi. Occorre ribadire con forza che le politiche migratorie sono sempre più respingenti e non tengono conto delle cause che generano la necessità di partire.

* Direttrice Caritas diocesana Reggio Calabria-Bova

Casa Annunziata, da dieci anni a servizio dei minori stranieri rifugiati

Casa Annunziata compie dieci anni. «Questa struttura è nata esattamente a dicembre del 2014, con l’obiettivo di accogliere i numerosi minori non accompagnati che stavano iniziando ad arrivare sulle nostre coste», ci racconta un emozionato Giovanni Fortugno, uno degli ideatori di questo spazio di accoglienza e inclusione, l’unica casa di accoglienza in Italia ad accogliere minori stranieri rifugiati. In occasione del decennale, che prevede diversi eventi culminanti a dicembre, abbiamo fatto con lui un bilancio.

Come nasce Casa Annunziata e in cosa si differenzia dalle altre case accoglienza?

Nel 2010, mi è stato chiesto dalla Comunità di Papa Giovanni di occuparmi dell’immigrazione a livello internazionale. Dopo aver studiato il fenomeno e osservato gli sbarchi a Reggio nel 2013, ci siamo domandati come la Chiesa avrebbe dovuto rispondere. Da qui è nata Casa Annunziata nel 2014, come risposta alla delicata gestione dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Abbiamo imparato cosa non dovevamo fare, come ad esempio l’accoglienza di massa, che si è rivelata inefficace.


PER APPROFONDIRE: Casa Annunziata, a Reggio Calabria un «rifugio» dalla schiavitù


Lavoriamo intensamente anche con le famiglie di origine per un intervento efficace e complesso. Pur essendo una struttura con figure professionali, cerchiamo di creare un clima di comunità familiare. Inoltre, lavoriamo molto con le famiglie di origine, rendendo il nostro intervento complesso ma efficace. A differenza di altre strutture che hanno ad esempio il limite di accogliere minori sotto i 14 anni, con Casa Annunziata dal dicembre 2023 abbiamo ottenuto l’accreditamento definitivo come unica struttura in Calabria per accogliere minori stranieri rifugiati, distinguendoci per la nostra capacità di accogliere sia maschi che femmine nella stessa struttura.

Quali sono le criticità quando arrivano i minori?

La nostra struttura, che ha un’accoglienza per 16 posti, ospita minori di età compresa tra i 9 e i 17 anni, alcuni dei quali viaggiano da soli e altri con i genitori. Una delle principali criticità è l’assenza di documenti, poiché molti minori provengono da paesi dove non esiste un sistema anagrafico definito. Questo porta spesso a documenti con data di nascita generica come “01/01”, rendendo necessario ricostruire l’età basandosi sui racconti dei minori. Inoltre, ci sono difficoltà nella ricerca delle famiglie e nella comunicazione, anche se su quest’ultimo aspetto collaboriamo con la scuola Montalbetti per l’alfabetizzazione dei minori, che avviene in due o tre mesi.

Cosa succede quando raggiungono la maggiore età?

Questa mattina ho incontrato il primo gruppo dei miei ragazzi arrivati qui a 12 anni. Alcuni stanno terminando gli esami di Stato, altri hanno trovato lavoro o sono iscritti all’università. Ho detto loro che questi successi sono motivo di grande orgoglio per noi e uno di loro mi ha risposto: “Non potevamo fare niente senza voi, ci avete dato le basi”. Il decennale della nostra struttura sarà anche la loro festa, dei ragazzi che abbiamo accolto e ospitato.

Ci può fare un bilancio di questi dieci anni di Casa Annunziata?

In questi dieci anni, Casa Annunziata ha ospitato 190 minori, ognuno con la propria storia. Maschietti e femminucce, 190 vite intrecciate tra loro. Abbiamo vissuto anche momenti di sofferenza e ci sono stati ragazzi che non sono riusciti a integrarsi. Non tutte le storie hanno un lieto fine, ma ogni esperienza ci ha insegnato qualcosa. Penso spesso alle storie tristi, come quella dei bambini che purtroppo non sono riusciti a raggiungere vivi questa terra. Ricordo uno sbarco in cui ci furono 45 morti.


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Non dimenticherò mai quelle immagini, con i piccoli corpi riconoscibili solo dai pannolini. Però penso anche alle storie belle. Questa struttura ha ricongiunto sette bambini con i loro genitori dopo che erano stati separati. Per questo motivo ogni volta che uno dei nostri bambini riesce a costruirsi un futuro, a sogna-Attività re e sperare, per noi è una grande vittoria.

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