«L'Italia è rimasta uno dei pochi paesi a non riconoscere la Lingua dei segni, una lingua che favorirebbe l'inclusione della comunità delle persone sorde, oggi una minoranza linguistica e culturale. Pertanto chiediamo il riconoscimento della Lingua italiana dei segni (Lis) — una vera e propria lingua con propria struttura linguistica ed un vocabolario — che è usata da decine di migliaia di persone sorde lungo tutta la penisola». È quanto dichiara Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, in occasione della Giornata internazionale delle lingue dei segni, che si è tenuta ieri. «Nella Convenzione Onu per le persone con disabilità si invitano tutti gli Stati a promuovere e diffondere la lingua dei segni», conclude Ramonda. «In questo modo si consentirebbe alle persone sorde, in particolare ai bambini, di imparare una lingua con cui comunicare con l’ambiente circostante».