Avvenire di Calabria

Parla Bufacchi, il ct del “Dream Team” campione del mondo in carica che ha appena vinto il suo secondo titolo europeo

Sport e inclusione. Gli azzurri Down del basket sono un modello mondiale

«Il basket è l’unico sport che tende al cielo, e questa è una rivoluzione per chi è abituato a guardare sempre per terra», dice il tecnico federale

di Massimiliano Castellani

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Sport e inclusione. Gli azzurri Down del basket sono un modello mondiale. Parla Bufacchi, il ct del “Dream Team” campione del mondo in carica che ha appena vinto il suo secondo titolo europeo: «Noi facciamo vera inclusione, giocando sempre di squadra».

Gli azzurri Down del basket - L'approfondimento

«Il basket è l’unico sport che tende al cielo, e questa è una rivoluzione per chi è abituato a guardare sempre per terra». Parola di coach Marco Calamai, da un quarto di secolo divulgatore del “Metodo” omonimo che gli ha permesso di realizzare la sua «follia: riuscire a mettere insieme su un campo di basket ragazzi psicotici, autistici, cerebrolesi, con la sindrome di Down e formare squadre miste, il quintetto 3+2 e cioè 3 normodati più 2 disabili in campo».

Una squadra da sogno, quanto il Dream Team della Nazionale di Basket dei ragazzi Down che a Ferrara ha appena trionfato agli Euro TriGames 2021 battendo in finale la Turchia (21-12). I nostri piccoli eroi esemplari sono i “super8 azzurri”: Fabio Tomao, Alessandro Greco, Alex Cesca, Andrea Rebichini, Alessandro Ciceri, Antonello Spiga, Davide Paulis e dulcis in fundo Chiara Vingione.

«Chiara per ora è l’unica donna, perchè purtroppo il movimento del basket paralimpico pur essendo in forte crescita non dispone di un numero sufficiente di ragazze per mettere in piedi una selezione femminile», spiega coach Giuliano Bufacchi, un passato da allenatore nelle squadre periferiche romane compresa un’esperienza alla Sales, il team del basket salesiano della capitale.


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Bufacchi da un decennio esatto, ha intrapreso questa sfida lanciata dalla Fip, «giocare per il gusto del gioco, ma anche alzare l’asticella delle prestazioni per arrivare a cogliere il risultato migliore». Un monito che nella bacheca del Dream Team ha portato due titoli Europei nel 2017 e nel 2021, più due Mondiali di fila, 2018 e 2019. «Man-ca quello del 2020, che è stato l’anno più duro anche per noi. Il Covid aveva impedito a questi ragazzi di giocare e al nostro staff tecnico – il sottoscritto e i miei due fondamentali collaboratori, Mauro Dessì e Francesca D’Erasmo – , di proseguire quel lavoro certosino e appassionato fatto di parole e tempi giusti da trasmettere alla squadra».

Un lavoro che in appena un lustro, la Nazionale degli atleti Down nasce nel 2016 – prima giocavano assieme ai ragazzi con disabilità intellettiva – , ha portato a dei risultati straordinari. «All’inizio vedevi che c’era sempre qualcuno di loro che prendeva la palla e si faceva tutto il campo in solitaria per andare a canestro. Adesso giochiamo di squadra, attacchiamo e difendiamo compatti seguendo i dettami degli allenamenti e le rifiniture delle riunioni tecniche. Quando sbagliano un tiro o un passaggio si consolano e quando la palla finisce nella retina si danno il cinque. E queste sono tutte cose che ho scoperto riguardando i filmati delle partite, perché spesso in panchina non cogli quei particolari che invece fanno la differenza».

L’uomo in più, quanto a punti realizzati è il cecchino Paulis, il carismatico assieme a capitan Spiga, il veterano dall’alto dei suoi 45 anni di un Dream Team in cui l’età media si attesta tra i 22-24 anni. «Paulis è la nostra punta di diamante, furbo e smaliziato tatticamente, ma da solo non sarebbe bastato a farci vincere il titolo Europeo. Il bello della squadra è che anche chi ha sempre fatto panchina all’improvviso entra in campo e lascia il segno sul match».


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Un segno indelebile l’ha lasciato anche il più piccolo tra gli azzurri, Fabio Tomao, 16 anni, che è anche l’artefice dell’ultima «lacrimuccia» scesa dagli occhi attenti e sensibili di coach Bufacchi. «Ogni volta che riguardo la foto della finale di Ferrara, in cui prendo in braccio Fabio e facciamo il giro di campo, mi commuovo per la spontaneità dei nostri sorrisi. In quello scatto è rimasta impressa la gioia, indescrivibile a parole, di un cammino fatto assieme e che sta cambiando in meglio le vite dei ragazzi, delle loro famiglie che ci seguono con grande partecipazione e anche le nostre di allenatori e dirigenti ».

Ragazzi speciali che oltre al basket studiano regolarmente, hanno un lavoro da portare avanti, impegni professionali da rispettare tra una partita e l’altra con le rispettive società sportive – sparse dalla Sardegna a Cantù – e poi rispondere, ogni due-tre mesi, alle convocazioni in Nazionale del ct Bufacchi. «Non facciamo miracoli, ma praticare il basket ha permesso a ognuno di loro di sconfiggere tante delle insicurezze e delle difficoltà naturali rendendoli sempre più autonomi perché anche quando ci muoviamo per i ritiri o le trasferte

il Dream Team è una realtà indipendente dalle famiglie, siamo solo noi staff tecnico e squadra». L’indipendentissimo Cesca a breve andrà a vivere da solo: «Alex è l’esempio di come quest’ultima generazione abbia fatto passi da gigante sul fronte dell’inclusione, parola tanto sbandierata e che spesso rimane lettera morta ma che invece noi rivitalizziamo e rendiamo concreta, partendo da un campo di basket».

Il Dream Team avanza spedito, meritandosi gli applausi del loro presidente, quello della Fisdir (Federazione italiana sport paralimpici degli intellettivo relazionali) Massimo Borzacchini, del n.1 della Federpallacanestro Gianni Petrucci e l’encomio del “supertifoso”, il presidente del Cip (Comitato italiano paralimpico) Luca Pancalli.

«Dopo il successo all’Euro TriGames, i ragazzi hanno ricevuto dei video con i complimenti e i saluti affettuosi dei loro illustri colleghi – sorride coach Bufacchi – . Parliamo di Danilo Gallinari, Marco Bellinelli e il ct dell’Italbasket Meo Sacchetti». Messaggi che fanno bene al cuore grande e generoso di questi ragazzi che hanno imparato ad alzare gli occhi al cielo consapevoli che non solo Lassù, ma anche quaggiù, qualcuno li ama. E anche parecchio.


* Avvenire

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