Avvenire di Calabria

Ieri vertice nel capoluogo reggino dopo l’intimidazione alla testata. Il prefetto, Di Bari: «Proteggeremo i giornalisti»

Gratteri: «L’Avvenire di Calabria, voce di una Chiesa coraggiosa»

Federico Minniti

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È coeso il fronte istituzionale nel tentativo di fare piena luce sull’intimidazione ai danni dell’Avvenire di Calabria, dopo che ignoti che si sono introdotti nella redazione del settimanale nella notte tra il 16 e il 17 luglio.

Chi vuole lanciare un avvertimento così pesante al settimanale cattolico di un territorio di frontiera come Reggio Calabria? Quali sono gli interessi intaccati? Tante domande che emergono e sulle quali sono al lavoro i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria. E ieri in Prefettura è stato convocato un vertice alla presenza di don Davide Imeneo, che guida il settimanale calabrese, e degli organismi di vertice delle forze di polizia con il prefetto, Michele Di Bari, e il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Gaetano Paci. Il magistrato ha assicurato il massimo sforzo investigativo per l’individuazione dei responsabili.

«Ho voluto fortemente trattare questo episodio con la massima urgenza - ha dichiarato il prefetto, Di Bari – perché ci rendiamo conto dell’importanza del settimanale sul territorio. Alla fine del confronto è emersa la necessità di rendere la sede dell’Avvenire di Calabria come luogo sensibile che sarà monitorato con un controllo mirato da parte delle forze di polizia». Una vigilanza suppletiva per un’attività giornalistica che ha colpito nel segno, esponendo la redazione.

«Ormai è chiaro a tutti, ed anche agli ’ndranghetisti, che la Chiesa calabrese fa 'sul serio' nel contrasto alla criminalità organizzata - prosegue Michele Di Bari – e per farlo ha chiesto ed ottenuto il massimo supporto delle istituzioni che si sono poste accanto alle diocesi, e il vertice in prefettura ne è testimonianza, per evitare anche il minimo equivoco agli occhi dell’opinione pubblica». Un’attitudine cruciale, quella della Chiesa, nel risvegliare le coscienze della società civile calabrese. Ed in questo un ruolo certamente importante è quello rivestito dall’informazione.

Su questa lunghezza d’onda è concorde anche un magistrato impegnato in prima linea nel contrasto alla ’ndrangheta come Nicola Gratteri, attuale capodella Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. «Il giornalismo serio, determinato e coraggioso crea necessariamente una sovraesposizione di chi scrive, soprattutto – osserva – quando la denuncia è un fatto consolidato come nel caso dell’Avvenire di Calabria che non è una testata 'timida'. Anzi, in modo diretto, sottolinea quelli che sono i mali della Calabria ». Come nell’ultimo periodo con alcuni approfondimenti sui comportamenti deviati di esponenti della burocrazia e della politica. «La ’ndrangheta si muove sulle macerie del decadimento morale della società. Quando l’informazione parla di etica e lo fa con coerenza - aggiunge Gratteri – questo intimorisce chi pensa che tutto si può comprare con il denaro». Secondo il magistrato, l’avvertimento all’Avvenire di Calabria – pubblicato settimanalmente con l’edizione nazionale di Avvenire –, si può interpretare come il risentimento della criminalità davanti a una Chiesa indisponibile a venire a patti. «Certamente – aggiunge il pm antimafia – dopo la visita di Papa Francesco nella Piana di Sibari, c’è stata una svolta. Sacerdoti e vescovi hanno capito che il Pontefice parlava a loro e adesso si registra maggiore coraggio della Chiesa nel contrastare tutti quei faccendieri corrotti nelle mani delle ’ndrine».

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