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Nicola Gratteri saluta la Calabria, domani si insedierà nel nuovo ruolo di Procuratore capo di Napoli. Il magistrato reggino di Gerace pronto ad una nuova sfida, per la prima volta lontano dalla terra in cui è nato e dove ha scelto di lavorarci per gran parte della sua vita.
«Me ne vado lasciando l'idea che in Calabria si può cambiare». È un commosso Nicola Gratteri quello che si appresta a salutare la sua terra, per proseguire la sua missione per la giustizia in una realtà altrettanto complessa e difficile: la Campania.
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Il bilancio dei sette anni trascorsi alla guida della procura di Catanzaro, per il magistrato di Gerace diventa occasione per tracciare un resoconto molto più ampio dell'attività svolta nella regione che gli ha dato i Natali. Calabria in cui ha deciso di continuare a vivere e operare, non senza le difficoltà accentuate, rispetto ad altri, proprio dal fatto di esserne parte integrante ed espressione del suo tessuto sociale.
Il lavoro di squadra è stato sempre il segreto del successo per Nicola Gratteri che, in particolare in questi ultimi anni da Procuratore capo, ha sempre tentato di trasferire qualche nozione in più, ma anche l'estro investigativo, ai tanti giovani magistrati che lo hanno affiancato.
La speranza di Gratteri è che, in qualche modo, il suo lavoro possa essere servito a liberare - «anche fisicamente» - spazi da consegnare alla gente onesta. Anche se, ammette, «forse non siamo stati credibili fino in fondo», a tal punto da infondere maggior coraggio ai cittadini che comunque, «molte volte sono scesi in piazza, ma potevano farlo ancora di più e dovevano avere più coraggio».
Non è solo l'aspetto inquirente ad emergere dalle parole del magistrato che del resto, in tutti i suoi trascorsi, da Locri a Reggio, in ultimo il capoluogo di Regione, ha tirato fuori l'elemento sociologico anche quando si trattava di redigere una corposa ordinanza.
Se da una parte, dice, «abbiamo reso più vivibile il territorio, ma potevamo fare di più se avessimo avuto più uomini e più mezzi», dall'altra, «negli incontri con i giovani - continua - ho cercato di indurli a studiare e spiegare, anche da un punto di vista economico, la non convenienza delinquere. Miglioramenti ne ho visti, ma forse si poteva fare di più».
Da qui la consegna di un importante testimone, non solo a chi gli succederà alla guida della procura di Catanzaro, con l'auspicio che quanto fin qui seminato possa servire a migliorare lo stato attuale delle cose.
La vera sfida, però, per Nicola Gratteri è un'altra e si chiama Napoli, dove da domani si insedierà nel suo nuovi incarico di Procuratore capo, dopo la nomina da parte del Plenum del Csm avvenuta il 13 settembre scorso.
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Malaffare, poteri forti…massoneria deviata? «Io che per tanti anni ho mangiato pane e veleno, so cosa sono gli sgambetti», dice. «So perfettamente dove cercano, hanno cercato e cercheranno di colpirmi, ma io in questi anni ho avuto sempre spalle larghe e nervi d'acciaio Continuerò ad averli».
«Chi mi conosce bene - ha aggiunto Gratteri - sa che io ho sempre lavorato col Codice in mano senza guardare in faccia nessuno e ho sempre capito cosa bisognava fare o meno. Non ho mai avuto problemi nel corso della mia permanenza alla guida della Procura di Catanzaro. Non ho mai fatto falli di reazione malgrado sia stato provocato tantissime volte in tutti i modi, anche in modo rozzo e scomposto, con lo scopo di farmi perdere la pazienza. Ma non l'ho mai persa. Anzi, molte volte ho sorriso e ho pensato "poveretti"!».
Nicola Gratteri lascia la Calabria dopo oltre 30 anni in prima linea nella lotta alla 'ndrangheta. Ora la sfida dell'ufficio inquirente più grande d'Italia. Il nuovo procuratore capo di Napoli veste la toga dal 1986 e ha sempre svolto funzioni in uffici giudiziari calabresi: prima come giudice al tribunale di Locri, dove, dal 1991, ha iniziato la sua carriera di pubblico ministero, ruolo svolto poi anche alla procura di Reggio Calabria (di cui nel 2009 è diventato procuratore aggiunto), fino all'incarico direttivo di capo dei pm di Catanzaro svolto dal 2016 a oggi.
Nel suo curriculum numerosissime e rilevanti indagini antindrangheta, tra cui spiccano quella sulla strage di Duisburg del 2007 e la maxi-inchiesta, in anni più recenti, denominata "Rinascita Scott". Il suo impegno negli anni, tra Locri, Reggio Calabria e Catanzaro, ha portato alla cattura di circa 140 latitanti alcuni dei quali diversi inseriti nella lista dei 30 più pericolosi.
Nel 2014, alla nascita del governo Renzi, era dato quasi per assodato che avrebbe assunto il compito di ministro della Giustizia. Il passaggio dalle procure al dicastero non si concretizzò per le perplessità dell'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Non è un caso che oggi proprio Renzi sia stato tra i primi a congratularsi, ricordando quanto accaduto quasi 10 anni fa.
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