Avvenire di Calabria

Con l'utilizzo della Didattica a distanza, emerge che gli studenti più svantaggiati hanno serie difficoltà a prendere parte all’attività scolastica

I docenti di sostegno: «Dai ragazzi impariamo ogni giorno»

Tatiana Muraca

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Secondo una recente indagine Istat, con la Dad il 23% degli studenti con problemi non riesce a partecipare alle lezioni. Al Sud, -29%. Un istituto su quattro è carente di postazioni ad hoc. Una problematica abbastanza evidente e palpabile al tempo del coronavirus. Tra le difficoltà maggiormente riscontrate rientrano la mancanza di strumenti tecnologici, di ausili didattici specifici, carenze tecniche e organizzative importanti, che hanno reso la partecipazione alla Dad più difficile per i ragazzi con disabilità, soprattutto in presenza di gravi patologie, o se appartenenti a contesti con un elevato disagio socio-economico. Proprio per questo, abbiamo voluto ascoltare il parere di due insegnanti di sostengo del reggino. «Ho imparato molto da due studenti affetti dalla sindrome di down – ci racconta una docente di sostegno delle scuole superiori – Questi ragazzi sono molto dolci e si affezionano quasi subito. Hanno solo bisogno di “studiare” un po’ chi hanno di fronte, ma una volta conquistata la loro fiducia è tutto in discesa. Entrambi i miei alunni non sapevano né leggere né scrivere. Riuscivano a parlare, però, e amavano molto la musica: il loro volto cambiava nell’ascoltare un brano di qualsiasi genere musicale. Uno di loro ha anche partecipato ad un progetto teatrale, dove si dilettava a suonare la fisarmonica. Entrambi, inoltre, praticavano sport». La docente, infine, ricorda la partecipazione di uno dei suoi studenti agli esami di stato: «Nonostante le prove fossero differenti rispetto agli altri compagni di classe, non si sentiva assolutamente inferiore a nessuno, né tantomeno diverso». In questo, e lo sottolinea anche un’altra insegnante che ci riporta la sua esperienza nel sostegno, la presenza della famiglia ha un ruolo fondamentale. «Durante la pandemia, stiamo cercando di adottare con i nostri alunni delle metodologie alternative: in questo, la tecnologia ci viene in aiuto. Parliamo tramite Whatsapp, dialogando con loro, porgendo delle domande di facile comprensione, in modo che riescano a recepire con più facilità i diversi concetti. È importante, però, che le famiglie seguano i giovani con disabilità, anche e soprattutto nel contesto in cui ci stiamo trovando a vivere». Emerge, dunque, la necessità di creare relazione, a prescindere dai compiti scolastici: parlare del quotidiano, degli interessi dello studente, indipendentemente dal grado o dal genere di disabilità. Ma soprattutto, è essenziale la socializzazione. A tal proposito, tra i dossier più “caldi” sul tavolo del nuovo ministro dell’istruzione, Patrizio Bianchi, c’è anche quello relativo al nuovo Pei, il Piano educativo individualizzato per l’inclusione scolastica degli alunni disabili, che stabilisce le nuove modalità per l’assegnazione delle misure di sostegno. Novità che, però, non piacciono alle associazioni delle famiglie dei disabili, che hanno promosso una grande mobilitazione in rete, arrivando a raccogliere decine di migliaia di firme in pochi giorni, Si battono contro l’esonero da alcune materie e la riduzione delle ore di sostegno. Il CoorDown ha promosso un flash mob virtuale #Noesonero–L’inclusione non si fa fuori!, che ha visto la partecipazione di studenti e famiglie, con e senza disabilità, insegnanti ed educatori, uniti sul web per ribadire «il desiderio di inclusione».

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