Avvenire di Calabria

I migranti sono calabresi

È un fenomeno di eccezionale portata sotto il profilo politico, sociale, demografico, umanitario ed anche religioso. La questione delle migrazioni interpella tutti, quelli che partono e quelli che rimangono, perché le migrazioni hanno ripercussioni spesso profonde su tutti i cittadini.

Bruno Mioli

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Le migrazioni, sia quelle libere e spontanee, sia quelle più o meno coatte, hanno sempre accompagnato lo sviluppo dell’umanità, ma hanno assunto in questi ultimi tempi dimensioni tali che sfuggono ad ogni tentativo di programmazione e di controllo. Comunque nel 2017 le Nazioni Unite hanno ipotizzato che gli esseri umani costretti a vivere fuori della propria terra di origine siano 280–300 milioni, pari a circa al 3% della popolazione mondiale. È un fenomeno di eccezionale portata sotto il profilo politico, sociale, demografico, umanitario ed anche religioso. La Chiesa, «esperta in umanità», come l’ha definita san Paolo VI, segue da vicino questa umanità in movimento, anzi si sente direttamente coinvolta; è per questo che da oltre un secolo, dal 1914 ha stabilito annualmente la Giornata del migrante, limitata in un primo tempo all’emigrazione italiana, estesa poi a raggio mondiale per abbracciare ogni forma di migrazione, diventando così Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebra proprio oggi in tutto il mondo.

Dai tempi di papa Montini i cristiani sono preavvertiti dell’approssimarsi della Giornata da uno specifico messaggio pontificio, messaggio che non si limita a dar preavviso dell’evento, ma illustra con riferimenti biblici, teologici, etici, spirituali qualcuno dei molteplici aspetti della mobilità umana. Nel loro insieme questi messaggi già costituiscono altrettanti capitoli di un auspicabile manuale della dottrina sociale della Chiesa sulle migrazioni.

Il messaggio del 2019 per la giornata di oggi, dal titolo Non si tratta solo di migranti, lascia intendere già dal titolo che la questione delle migrazioni interpella tutti, quelli che partono e quelli che rimangono, perché le migrazioni hanno ripercussioni spesso profonde su tutti i cittadini. Solo un esempio, preso dalla nostra Calabria, che conta quasi il 20% della popolazione fuori del suo territorio, mentre le media nazionale degli emigrati italiani si aggira sull’8%. Partono soprattutto i giovani con buona qualifica scolastica e professionale; la Regione calabra per favorire queste qualifiche ha investito e sta investendo molto del suo patrimonio; ma, a goderne i frutti, ora non è principalmente la Calabria bensì qualchealtra regione. Se poi risultasse scarso anche il dinamismo imprenditoriale e associativo, cioè l’attitudine a programmare, investire e lavorare insieme, la nostra regione sarebbe destinata a un progressivo depauperamento, a una sempre più scarsa possibilità di offrire lavoro e sistemazione dignitosa ai suoi figli, destinati dunque a un persistente esodo dalla loro terra di origine, con gravi ricadute economiche e socialiper tutta la regione. Sappiamo bene che questo stato di cose non è esclusivo dell’Italia; è un fenomeno globale, di cui si va prendendo sempre più coscienza anche ai massimi livelli; e non mancano progetti e tentativi per una qualche soluzione. Già nel 2016 le Nazioni Unite hanno preso l’impegno, di concerto con l’Alto commissariato Onu per migranti e rifugiati (Acnur), di procedere il questa direzione e nel 2018 hanno presentato le prime bozze del duplice “Global Compact” (Patto globale), uno sugli immigrati, l’altro sui rifugiati o richiedenti asilo: due convenzioni internazionali che farebbero veramente voltare pagina sulla situazione attuale piena di luci e ombre, un chiaroscuro in cui però le tinte oscure pare abbiano la prevalenza. Ma un barlume di speranza non si è ancora estinto.

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