Avvenire di Calabria

Il direttore dello Svimez, Luca Bianchi, ha analizzato tutte le opportunità per il Sud legate al Pnrr

Il direttore dello Svimez sul Pnrr al Sud: «Ridurre il divario di cittadinanza»

Le mafie un serio rischio, i giovani sono la speranza: ecco i punti di forza e di debolezza del territorio

di Davide Imeneo

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Il direttore dello Svimez sul Pnrr al Sud: «Ridurre il divario di cittadinanza». Non solo risorse. La vera sfida è ridurre l’inaccettabile “divario di cittadinanza”. Il direttore Svimez, Bianchi, analizza tutte le opportunità per il Sud legate al Pnrr.

Il direttore dello Svimez sul Pnrr al Sud - L'intervista

Ma il Pnrr cambierà davvero il volto del Meridione? Ne abbiamo parlato con Luca Bianchi, direttore dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (Svimez). Dal suo osservatorio privilegiato, Bianchi ritiene che il Pnnrr «è veramente un’occasione straordinaria per il Mezzogiorno. E non solo e non tanto per la rilevanza delle risorse disponibili, ma perché per la prima volta da decenni la riduzione del divario Nord/Sud è parte di un progetto nazionale ed europeo di ricostruzione dell’economia».

Pensa che il Pnrr avrà un altro impatto sullo sviluppo del Sud?

È possibile riaprire una stagione di investimenti che superi quella frammentazione degli interventi che ha caratterizzato in questi decenni l’intervento aggiuntivo per il Mezzogiorno e che ha alimentato spesso gruppi di potere locali senza effetti significativi sulla vita dei cittadini. Perché ciò accada c’è bisogno però di collocare le misure e gli investimenti all’interno di un disegno strategico nazionale concentrando gli investimenti su poche e chiare priorità. È questa la condizione essenziale, insieme ad un rafforzamento della capacità amministrativa degli enti locali, affinché il Pnrr riesca dove altre politiche hanno fallito.


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Ci sono pareri contrastanti sulla equa distribuzione dei fondi del Pnrr tra le aree geografiche del paese...

Ora, il dibattito su Pnrr e Mezzogiorno è stato monopolizzato dall’ormai arcinota quota del 40%. È senz'altro un passo avanti decidere di vincolare una quota di spesa superiore al peso demografico del 34%, del Sud. Ma è un obiettivo da conseguire, e molto dipenderà dalla capacità di attivazione dei processi di sviluppo sul territorio, molto dipenderà non solo da quante risorse andranno al Sud, ma da come queste risorse saranno in grado di aggredire o di rimuovere alcuni dei differenziali nell’offerta di servizi pubblici tra Mezzogiorno e Centro-Nord, che è poi una delle principali determinanti, almeno a mio avviso, della bassa crescita nazionale complessiva, in particolare del Sud, nel corso degli ultimi anni. Ma, al di là di tutto, occorrerebbe non farsi “ipnotizzare” dalle quote di spesa per provare a ragionare in termini di fabbisogni: come garantiamo che il Pnrr riuscirà a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle disuguaglianze sociali e territoriali di genere e anche generazionali? Basta il rispetto della quote di spesa del 40% per andare incontro ai fabbisogni effettivi e a colmare i divari?

I primi bandi emanati a valere sulle risorse del Pnrr evidenziano proprio che questi limiti non sono stati superati. In una recente audizione dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio, c’è un'analisi molto dettagliata proprio sui primi bandi degli asili nido, dove ovviamente la quota del Mezzogiorno è ben superiore al 40% (è quasi il 45/48%); questo è un caso in cui il raggiungimento del 40% è una condizione non sufficiente a conseguire il “bersaglio vero” perché si parte da fabbisogni che richiedono molte più risorse. E addirittura, ad esempio, aver introdotto in quel bando, il criterio del cofinanziamento, come elemento premiante ha fatto sì che la distribuzione delle risorse tra territori abbia sfavorito quei Comuni in maggiori difficoltà finanziarie che si trovano prevalentemente nel Mezzogiorno. Un altro caso recente, proprio di pochi giorni fa, è il bando emanato dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali relativo alle infrastrutture idriche. La Regione Sicilia, caratterizzata notoriamente da un fabbisogno di investimento idrico particolarmente rilevante, per carenze progettuali ha ottenuto zero risorse.

Come fare affinché gli investimenti legati al Pnrr generino un’economia strutturale, che non sia solo legata ai sussidi dell’Europa (che prima o poi finiranno)?

Ritengo che al Sud non basti vincere la battaglia degli stanziamenti, uno dei leit motive delle competizioni elettorali, se poi la spesa effettiva non è quella, per carenze nelle capacità di progettazione e attuazione da parte degli enti locali. E ciò purtroppo rischia di ripetersi anche nel PNRR. Non dimentichiamo che troppi Comuni meridionali sono a un passo dal dissesto, al Sud un cittadino su 3 risiede in un Comune in crisi finanziaria. La minore capacità progettuale delle amministrazioni meridionali, non solo quelle in dissesto o predissesto, le espone a un elevato rischio, con il paradosso che le realtà a maggior fabbisogno potrebbero beneficiare di risorse insufficienti, come sta avvenendo per i fondi agli asili nido. Senza un intervento strutturale per rafforzare finanziariamente i Comuni del Sud l’attuazione del Pnrr è a rischio e soprattutto non si creano le condizioni strutturali per una ripresa stabile. Ma il tema principale per avviare un processo di sviluppo del Mezzogiorno è rafforzare il suo tessuto sociale. Il Pnrr insieme ai fondi strutturali europei e alle politiche ordinarie devono in primo luogo essere destinati a ridurre l’inaccettabile “divario di cittadinanza” che soffrono i cittadini del Mezzogiorno in comparti essenziali dei servizi pubblici: istruzione ( dagli asili nido, al tempo pieno nella scuola elementare, fino all’offerta universitaria), assistenza sociale ( a partire dagli anziani non autosufficienti e alla famiglie fragili), alla sanità (per ridurre il fenomeno dell’emigrazione sanitaria). ”


PER APPROFONDIRE: Pnrr, entra nel vivo la cabina di regia voluta dalla Metrocity


Può dare tre consigli alla politica affinché i fondi del Pnrr non vengano sprecati, ma anzi, utilizzati al meglio?

In primo luogo, bisogna rafforzare subito, con nuove competenze, le pubbliche amministrazioni dei territori più deboli. Probabilmente non saranno sufficienti le nuove immissioni di personale nelle pubbliche amministrazioni. I concorsi, peraltro, nel corso degli ultimi mesi, hanno anche manifestato non poche difficoltà attuative. Il rafforzamento della capacità progettuale e attuativa deve essere affrontato a livello locale anche in tempi più brevi. Noi, come Svimez, abbiamo proposto la formazione di centri di competenza territoriali che, con il supporto delle tante competenze tecniche esistenti all’intero delle Università del Mezzogiorno, supportino gli enti locali nella fase di progettazione e attuazione degli interventi.

Il secondo consiglio è quello di fare sistema. I Comuni, che sono soggetti attuatori importanti, devono ragionare in termini di area vasta, mettendo insieme progettualità e competenze. È l’unica possibilità per raggiungere un livello adeguato di progettazione e avere le risorse.

Terzo punto costruire di un sistema di alleanze territoriali intorno al Pnrr, coinvolgendo il sistema privato, a partire dal terzo settore e dal mondo dell’associazionismo che, soprattutto nel campo del rafforzamento dei diritti di cittadinanza può svolgere un ruolo decisivo.

Tra i destinatari diretti e indiretti del Pnrr ci sono anche le Università. C’è un uso dei fondi che può facilitare la creazione di posti di lavoro “a casa nostra”?

La missione del PNRR, nella parte dedicata al sistema universitario, presenta innumerevoli interventi. L’impianto delle politiche è principalmente rivolto agli studenti (diritto allo studio, residenze universitarie, dottorati di ricerca), ai docenti, ricercatori e personale, alle infrastrutture per la ricerca e l’innovazione, ad un auspicabile impegno in termini di tempi per il rispetto delle scadenze imposte dal Piano stesso e per il miglioramento delle procedure di valutazione, nonché ad interventi di semplificazione e concentrazione e complessivamente alla riduzione dei divari territoriali, sociali, digitali e di genere. Il sistema di qualificazione superiore genera capitale umano con elevata preparazione in grado di aiutare a vincere le sfide sul territorio, se si ha la capacità di trattenerlo in loco ed evitare che si sposti altrove, attratto da migliori condizioni di vita e di lavoro.

Solitamente i grandi investimenti sono “ambiti” dalle mafie. Come tutelare i fondi del Pnrr dagli eventuali abusi della criminalità?

La strategia dei gruppi criminali mafiosi si muove in una duplice direzione: da un lato, ricicla denaro e genera acquisizioni patrimoniali attraverso le aste giudiziarie di beni, l’ingresso nella gestione dell’impresa e/o intestando fittiziamente l’attività a prestanomi, dall’altro, moltiplica i patti corruttivi in una fase come l’attuale nella quale il flusso di denaro pubblico attivato per implementare il Recovery Fund è enorme.

La grande liquidità di cui dispongono le organizzazioni criminali le mette nelle condizioni di guardare anche ai settori strategici, dall’eolico, alla offerta di servizi, fornitura di dispositivi medici e farmaceutici, dal ciclo dei rifiuti, all’intermediazione immobiliare e finanziaria, oltre a quelli tradizionali, quali la ristorazione, il commercio, la logistica, l’edilizia, i servizi funebri, i trasporti, le scommesse.

La malavita si serve di professionisti e figure competenti, che agiscono con fare imprenditoriale e assumono il volto legale dell’agire economico. Bisogna, e il Presidente Draghi lo ha ripetuto più volte, non abbassare il sistema dei controlli per inseguire la spesa, in particolare attraverso incroci di banche dati patrimoniali, per sventare possibili infiltrazioni malavitose nei gangli del Pnrr. Esiste un rischio che non riguarda più solo il Mezzogiorno e che richiede una massima trasparenza nelle procedure”.

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