Avvenire di Calabria

Il Papa in Madagascar, «gioia condivisa che porterà frutto»

Il sacerdote reggino don Claudio Roberti racconta come il popolo africano abbia vissuto la visita del Pontefice e la grande opera di preparazione svolta da chi è rimasto dietro le quinte per permettere a tutti di parteciparvi

Redazione Web

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Di seguito pubblichiamo la lettera inviataci da don Claudio Roberti, sacerdote reggino "fidei donum" in Madagascar, che racconta la visita del Pontefice. 

Carissimi amici, vi rassegno le prime reazioni dopo la visita del Papa qui in Madagascar. Tanti hanno già scritto molte cose certamente più dettagliate e precise di come potrei fare io su quanto è stato fatto e detto.

La mia testimonianza è quella di uno che è stato dietro le quinte, nell’ombra e che ha lavorato come tantissimi altri, soprattutto preti, religiosi, catechisti, per preparare la nostra gente o il popolo come si ama dire ultimamente, ad accogliere e incontrare il Vicario di Cristo, il Papa.

Noi che abbiamo lavorato in trincea e non abbiamo potuto incontrare il Papa, per permettere a migliaia di persone di celebrare bene questo meraviglioso momento della storia della Chiesa e della nazione del Madagascar, siamo felici di lodare il Signore che è grande e compie meraviglie. E si accontenta di noi povera gente, scelta tra la gente per compiere le Sue opere a vantaggio di tutti.

Da mesi siamo stati impegnati a formare e informare la nostra gente, il nostro popolo: si, non solo i cattolici ma tutti quelli tra i quali viviamo, noi gente tra la gente, noi popolo accanto e accompagnati da tutti quelli che sono il nostro prossimo, nel quotidiano.

Il Papa nei suoi insegnamenti ha sottolineato spesso questo aspetto “popolare” della missione dei cristiani.

Mi ha ricordato quelle parti della famosa lettera a Diogneto dove si dice benissimo la norma della nostra presenza nel mondo: mai contro qualcuno, ma sempre accanto e con tutti, per indicare e annunciare, pur assumendo linguaggi, culture e modalità di vita variegati, la stessa Buona novella che salva il mondo.

Tornando dall’incontro con il Papa i nostri cristiani, laici, religiosi, seminaristi preti, tutti hanno portato una grande gioia da condividere con quanti non siamo potuti andare.

Questa gioia con l’entusiasmo rinnovato grazie alle parole del Papa certamente porterà frutti copiosi nelle nostre chiese locali.

Il Papa ha seminato copiosamente: il nostro popolo preparato da un lungo lavoro ha vissuto con gioia ed entusiasmo questo dono.

Adesso tutto ritorna a noi operai nella vigna del Signore: il nostro impegno semplicemente continua nel quotidiano. Sarà il nostro servizio umile, simile alla frescura che da un’ombra, alla luminosità di una luce riflessa, che farà rivivere gli insegnamenti del Papa e aiuterà molti a metterli in pratica.

Come l’ombra o la luce riflessa non occupano lo spazio vitale degli altri, non fanno rumore e non richiedono grandi cose, così anche noi siamo semplicemente presenti per la gioia di tutti e la gloria di Dio. Saremo e continueremo ad essere l’ombra del Padre. O meglio parti di luce riflessa della vera Luce.

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