Il ricordo di don Peppino Diana nel giorno del suo compleanno. Oggi il sacerdote campano, ucciso dalla camorra, avrebbe compiuto 63 anni. Ha perso la vita per mano di un killer dei casalesi il 19 marzo 1994, ad appena trentasei anni. Vi proponiamo un pezzo di Toni Mira, pubblicato su Avvenire, che tratteggia la personalità del sacerdote.
Il ricordo di don Peppino Diana
Sono le 7,25 del 19 marzo 1994. "Chi è don Peppe?". "Sono io". Cinque colpi di pistola. Risuonano nella sacrestia della chiesa di San Nicola a Casal di Principe.
Così muore don Peppe Diana. Appena 36 anni. Parroco, capo scout Agesci, impegnatissimo coi giovani, vicino concretamente alle persone più fragili, ai disabili, agli immigrati. Sacerdote fin nel più profondo, parlava chiaro, diretto. Non aveva paura di esporsi e di pronunciare il nome “camorra” e di accusare.
E i killer della camorra lo uccisero il giorno del suo onomastico, mentre coi paramenti sacri stava uscendo dalla sacrestia per celebrare la messa. Gli amici lo aspettavano per festeggiarlo, ma non li raggiunse mai.
Don Giuseppe Diana, per tutti Peppe o Peppino, era nato a Casal di Principe il 4 luglio 1958, da mamma Jolanda e papà Gennaro, entrambi coltivatori diretti. Famiglia semplice e dignitosa.
Nel marzo 1982 è ordinato sacerdote. Diventa assistente ecclesiastico del Gruppo Scout di Aversa e successivamente anche assistente del settore Foulards Bianchi. Dal 19 settembre 1989 è parroco della parrocchia di San Nicola di Bari in Casal di Principe, suo paese nativo, per diventare poi anche segretario del vescovo della diocesi di Aversa, monsignor Giovanni Gazza. Nel 1983, dopo un gravissimo omicidio di camorra con tre ragazzi uccisi e poi bruciati, è tra gli organizzatori di una manifestazione a Casal di Principe nella quale viene distribuito un volantino dal titolo “Basta con la paura”.
Don Peppe ha ben chiaro, non a caso come aveva capito don Pino Puglisi, vittima di "cosa nostra", che il fronte più importante da presidiare è quello dei giovani, per allontanarli dalle illusioni criminali. E così fece in parrocchia e con gli scout. Come fu tra i primi a capire le problematiche dell'immigrazione, aprendo la parrocchia agli sfruttati e alle vittime della prostituzione.
Un impegno bloccato dal piombo camorrista. Tutto accadde nel silenzio. Non stette in silenzio Augusto Di Meo amico di don Peppe. Era andato in parrocchia per fargli gli auguri per l'onomastico e dargli l’appuntamento per offrirgli la colazione. Mentre usciva vide bene il killer Giuseppe Quadrano e non ebbe alcuna esitazione. Andò dai carabinieri raccontò tutto, contribuendo in maniera determinante all'individuazione e alla condanna di mandanti e esecutori.